CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 aprile 2020, n. 7658
Tributi – IRPEF – Evasione fiscale – Capitali detenuti in Svizzera – Accertamento – Cd. “lista falciani” – Legittimità – Definizione lite pendente, ai sensi dell’art. 11, del D.L. n. 50/2017 – Attestazione di regolarità dell’Ufficio – Estinzione del giudizio
Fatto e diritto
1. L’Agenzia delle Entrate emise un avviso di accertamento nei confronti di R.G.M., che recuperava a tassazione IRPEF, per l’anno d’imposta 2006, redditi non dichiarati, sulla base di un processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza che ascriveva alla contribuente di avere acceso, nel 1996, presso la banca elvetica HSBC, un conto corrente denominato “tavolara”, rimasto attivo almeno fino alla fine del 2006, con una giacenza (calcolata alla fine dell’anno) di USD 220.331,92, facendo leva sui dati risultanti da una scheda di sintesi – denominata “fiche”, contenente indicazioni del conto, del suo titolare e delle movimentazioni eseguite -, che erano stati trasmessi dall’autorità finanziaria francese attraverso i canali di collaborazione previsti dalla Direttiva n. 77/799/CEE e dalla Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata da Italia e Francia il 5/10/1989 e ratificata con la I. n. 20/1992, recepita nella legislazione italiana dall’art. 31 – bis, del d.P.R. n. 600/1973;
2. la contribuente impugnò l’atto impositivo dinanzi alla CTP di Milano, deducendo, innanzitutto, l’illegittimità dell’avviso, fondato su documenti acquisiti irritualmente e in violazione degli artt. 31 – bis, 42, del d.P.R. n. 600/1973, e 7 dello Statuto dei diritti del contribuente, e contenuti nella c.d. “Lista Falciani”; lamentò, inoltre, la carenza assoluta di motivazione, l’illegittimità delle procedure di acquisizione della documentazione di supporto alla ripresa fiscale, la non genuinità dei documenti utilizzati e, in particolare, della c.d. “fiche”, che nemmeno era stata allegata all’atto impositivo e che, in sostanza, era un mero “pezzo di carta”, che chiunque avrebbe potuto predisporre e stampare, inserendo a proprio piacimento dati a caso; per dimostrare la falsità dei dati contenuti in tale scheda (estratta dalla “Lista Falciani”), asserì che le uniche disponibilità finanziarie che aveva detenuto all’estero si erano formate nel 1993, al momento della morte del proprio coniuge, e derivavano dalla liquidazione di due polizze vita stipulate dal marito che le deteneva in Svizzera, delle quali si era dichiarata pronta a fornire ampia documentazione di riscontro (come in effetti era avvenuto nel corso dei giudizi tributari di merito);
3. la CTP di Milano, nel contraddittorio dell’Agenzia, con sentenza n. 31/24/2013, respinse il ricorso e tale decisione, impugnata dalla contribuente, è stata confermata dalla CTR lombarda, con la sentenza riportata in epigrafe che, nel contraddittorio dell’Ufficio, ha premesso che la c. d. “Lista Falciani” contiene dati e informazioni acquisiti nel rispetto della legislazione vigente, conformemente all’art. 31 – bis, cit., che legittima lo scambio di informazioni tra Stati facenti parte dell’Unione europea, dovendosi anche considerare la funzione antielusiva assolta dall’art. 12, del d.l. 78/2009; quanto al merito della vicenda, la CTR ha ritenuto che la titolarità del conto cifrato denominato “tavolara”, di cui risultava beneficiaria economica la contribuente, fosse desumibile da numerose circostanze, tra le quali la c.d. “Lista Falciani”, la successiva regolarizzazione, da parte dell’appellante, delle attività finanziarie detenute in paesi a fiscalità privilegiata e, anche, dalla dichiarazione mendace che la parte privata aveva reso ai verificatori di non avere mai intrattenuto rapporti economico – finanziari all’estero, il che conferiva il carattere della gravità, precisione e concordanza agli elementi presuntivi, in ordine alla contestata evasione fiscale, offerti dall’Amministrazione finanziaria, non contraddetti dalla prova contraria; a tale riguardo, infine, la CTR ha reputato inidonea la documentazione prodotta in giudizio dalla contribuente al fine di dimostrare che il deposito di denaro detenuto all’estero era il frutto della liquidazione, a seguito del decesso del marito, di due polizze vita che egli aveva stipulato a suo tempo (1993) a favore della moglie;
4. la contribuente ricorre, sulla base di otto motivi, nei confronti dell’Agenzia, che è rimasta intimata, per la cassazione di questa sentenza della commissione lombarda;
5. la ricorrente ha depositato una memoria, con allegata la copia della domanda del 22/09/2017 di definizione della controversia tributaria pendente, ai sensi dell’art. 11, del d.l. n. 50/2017, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, con attestazione di regolarità della domanda da parte dell’Agenzia delle entrate;
6. ha chiesto, inoltre, che sia dichiarata l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere;
7. la Corte, quindi, deve dichiarare l’estinzione del giudizio per il verificarsi della fattispecie di cui all’art. 6, comma 10, del d.l. n. 50/2017, come convertito dalla legge n. 96/2017, dando atto della cessata materia del contendere, mentre le spese del giudizio di legittimità restano a carico della parte che le ha anticipate, senza raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente (Cass. 25/06/2019, n. 16966; 17/05/2019, n. 13363);
P.Q.M.
Dichiara estinto il giudizio per cessata materia del contendere.
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