CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 aprile 2020, n. 7662
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Sentenza – Motivazione
Fatti di causa
1. La società contribuente è stata dichiarata fallita nel giugno 2005. L’anno successivo, il 5 dicembre 2006 si chiudeva pvc che sfociava nell’avviso di accertamento con ripresa a tassazione per l’anno 2003 di maggiori ricavi e costi indeducibili, induttivamente ricostruiti in base ai movimenti bancari soprattutto – per quanto qui interessa – relativi a prelievi non giustificati dell’amministratore, ad ulteriori prelievi a titolo di emolumento dell’amministratore, per i quali aveva patteggiato sul reato di bancarotta distrattiva, in ragione dell’andamento reiterato in perdita a fronte del quale sosteneva spese significative per ordinativi poi non onorati. D’altro lato, non trovavano giustificazione i versamenti in contante o assegni circolari, né il prestito soci infruttifero, considerando che la compagine societaria si esauriva in due soci: il nominato amministratore ed altra società (una società in accomandita semplice), dichiaratamente in perdita e peraltro riconducibile alla medesima persona fisica dell’amministratore della contribuente accertata.
2. I gradi di merito erano sfavorevoli alla società contribuente, che ricorre per cassazione affidandosi a due motivi di ricorso, cui replica con tempestivo controricorso l’Avvocatura dello Stato.
Ragioni della decisione
Vengono proposti due motivi di ricorso.
1. Con il primo motivo si prospetta violazione dell’art. 360 n. 4 cpc per violazione art. 112 stesso codice di rito, ovvero violazione del principio fra chiesto e pronunciato, laddove si lamenta che la sentenza di secondo grado abbia preso in considerazione solo i primi due dei sei motivi di gravame.
Il motivo supera l’eccezione in inammissibilità ed assolve all’onere dell’autosufficienza. Non di meno è infondato. Ed in fatti questa Corte ha ritenuto che non ricorre vizio di omessa pronuncia su punto decisivo qualora la soluzione negativa di una richiesta di parte sia implicita nella costruzione logico-giuridica della sentenza, incompatibile con la detta domanda (v. Cass., 18/5/1973, n. 1433; Cass., 28/6/1969, n. 2355). Quando cioè la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte comporti necessariamente il rigetto di quest’ultima, anche se manchi una specifica argomentazione in proposito (v. Cass., 21/10/1972, n. 3190; Cass., 17/3/1971, n.748; Cass., 23/6/1967, n. 1537).
Secondo risalente insegnamento di questa Corte, al giudice di merito non può invero imputarsi di avere omesso l’esplicita confutazione delle tesi non accolte o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi, giacché né l’una né l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa l’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento come nella specie risulti da un esame logico e coerente, non già di tutte le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, bensì solo di quelle ritenute di per sé sole idonee e sufficienti a giustificarlo. In altri termini, non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata dell’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse (cfr. Cass. V, 9/3/2011, n. 5583).
Il motivo è dunque infondato e va disatteso.
2. Con il secondo motivo si prospetta doglianza ex art. 360 n. 5 cpc per omessa o insufficiente motivazione, laddove il giudice del gravame non avrebbe dato adeguatamente conto del proprio convincimento.
La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, di dare (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge) prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (v. Cass., 7/3/2006, n. 4842; Cass., 27/4/2005, n. 8718, Cass. V, 9/3/2011, n. 5583).
Nel caso in esame, la stessa porzione della gravata sentenza riportata a metà di pag. 29 del ricorso per cassazione dà conto di ritenere prevalente l’apporto probatorio del pvc e della sentenza di patteggiamento, rispetto agli argomenti di prova offerti dal privato.
In tema di atto amministrativo finale di imposizione tributaria, nella specie avviso di rettifica di modello unico, la motivazione per relationem, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza dell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima, per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio. (Cass. Sez. V, n. 30560/2017, Rv. 646303 – 01; in termini analoghi Sez. V, n. 28060 del 2017, Rv. 646225).
Il motivo è quindi infondato e va disatteso.
In definitiva, il ricorso è infondato e dev’essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, compensa fra le parti le spese dei gradi di merito e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite del grado di legittimità a favore dell’Agenzia delle entrate, che liquida in €.cinquemilaseicento/00 oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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