CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 luglio 2021, n. 18819
Iscrizione ipotecaria – Cartelle esattoriali non pagate – Relate di notifica – Regolarità formale delle notificazioni – Censure – Termine di venti giorni dalla notifica
Rilevato in fatto
che, con sentenza depositata il 3.3.2015, la Corte d’appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato inammissibile l’opposizione proposta da Andrea Rossi avverso l’iscrizione ipotecaria comunicatagli da Equitalia Sud s.p.a. in relazione a cartelle esattoriali non pagate;
che la Corte territoriale, dopo aver dato atto che il Tribunale, una volta acquisite le relate di notifica delle cartelle da parte della società concessionaria dei servizi di riscossione, aveva reputato tardive le censure concernenti la regolarità formale delle notificazioni, ritenendo che le medesime dovessero essere proposte nel termine di venti giorni dalla notifica dell’iscrizione ipotecaria ex artt. 618-bis e 617 c.p.c., ha rigettato le doglianze proposte con l’atto di appello;
che avverso tale pronuncia Andrea Rossi ha proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi di censura;
che Equitalia Sud s.p.a. ha resistito con controricorso;
Considerato in diritto
che questa Corte ha da tempo consolidato il principio di diritto secondo cui l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va effettuata facendo esclusivo riferimento alla qualificazione dell’azione data dal giudice con il provvedimento impugnato, a prescindere dalla sua esattezza e dalla qualificazione dell’azione data dalla parte, in base al principio dell’apparenza, di talché, nel caso di sentenza emessa in sede di opposizione in materia esecutiva, la stessa è impugnabile con l’appello, se l’azione è stata qualificata come opposizione all’esecuzione, mentre è impugnabile per cassazione, qualora l’azione sia stata definita come opposizione agli atti esecutivi (così già Cass. n. 26294 del 2007, cui hanno dato continuità Cass. S.U. n. 4617 del 2011 e innumerevoli successive conformi);
che, nel caso di specie, avendo il giudice di prime cure espressamente qualificato l’azione proposta come opposizione agli atti esecutivi, nei confronti della sentenza di prime cure poteva essere esperito unicamente il rimedio del ricorso per cassazione, essendo le sentenze rese in tale materia espressamente dichiarate non impugnabili (art. 618, ultimo comma, c.p.c.);
che, avendo la parte soccombente proposto viceversa l’appello, l’odierna impugnazione per cassazione deve reputarsi inammissibile, derivandone altrimenti l’elusione del giudicato interno implicito formatosi sull’inesistenza di una qualificazione in senso diverso da quella ritenuta dal giudice investito dell’opposizione (così Cass. n. 15463 del 2008);
che le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 1.900,00, di cui € 1.700,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15 % e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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