CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 maggio 2018, n. 10459
Tributi locali – Imposta comunale sulla pubblicità – Accertamento – “Mezzo pubblicitario” – Presupposto impositivo
Fatto e diritto
Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata e dato atto che la controricorrente ha depositato memoria, osserva quanto segue:
Con sentenza n. 1629/8/2015, depositata il 26 ottobre 2015, la CTR del Veneto rigettò l’appello proposto da Abaco S.p.A., quale concessionaria del servizio di accertamento e riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità nel Comune di Montecassiano, nei confronti della Adriatica Pubblicità S.r.l., avverso la sentenza della CTP di Treviso, che aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso avviso di accertamento relativo a detto tributo come ritenuto dovuto dalla contribuente, secondo la quale l’imposta doveva essere calcolata riguardo all’impianto pubblicitario nel suo complesso, e non già come sommatoria delle superfici delle singole preinsegne, secondo quanto invece richiesto con l’atto impositivo impugnato.
Avverso la sentenza della CTR la ricorrente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’azienda esercente attività di pubblicità esterna stradale resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria critica alla proposta del relatore depositata in atti ex art. 380 bis c.p.c.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia «Violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost.. Violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, nn. 2 e 4 del d.lgs. 31.12.1992, n. 546. Inesistenza e/o carenza della motivazione. Nullità della sentenza», assumendo che dalla lettura della pronuncia impugnata non sarebbe in alcun modo possibile rilevare la rato decidendi alla base della decisione adottata in modo da consentirne il controllo.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia «Violazione e falsa applicazione dell’art. 7, co. 1 e 2 del d. lgs. 15.11.1993, n. 507», in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., rilevando come la decisione impugnata abbia violato o falsamente applicato la succitata norma così come interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte con la sentenza della sezione tributaria 12 gennaio 2012, n. 252.
Il primo motivo è manifestamente infondato.
Seppur succintamente esposta, la motivazione della sentenza impugnata, che riporta compiutamente i motivi di appello formulati dalla concessionaria Abaco S.p.A. avverso la pronuncia di primo grado, consente di ritenere che alla conferma della decisione di primo grado la CTR sia comunque pervenuta attraverso una disamina critica dei motivi d’impugnazione, anche sul presupposto che l’Adriatica Pubblicità S.r.l. risultasse unica titolare dell’impianto pubblicitario su cui risultavano collocate più frecce direzionali concernenti aziende diverse.
Viceversa è manifestamente fondato il secondo motivo.
Parte controricorrente assume che nella fattispecie in esame risulterebbe inconferente il richiamo della ricorrente a Cass. sez. 5, 12 gennaio 2012, n. 252, che ha affermato il principio secondo il quale «In tema di imposta comunale sulla pubblicità, l’art. 7, comma 1, del d. lgs.15 novembre 1993, n. 507, identifica il presupposto impositivo nel “mezzo pubblicitario”, inteso come qualsiasi forma di comunicazione avente lo scopo di promuovere la domanda di beni e servizi e di migliorare l’immagine aziendale in collegamento inscindibile con la forma adoperata per la divulgazione, con la conseguenza che, nell’ipotesi di plurimi messaggi pubblicitari, concernenti aziende diverse, collocati su un unico pannello, il tributo deve essere determinato in base alla superficie espositiva utilizzata da ciascuna delle imprese pubblicizzate, indipendentemente dalle dimensioni del mezzo pubblicitario cumulativo».
Parte controricorrente assume che detta decisone sarebbe riferibile all’ipotesi di plurime insegne aventi ciascuna una propria autonomia, come una pluralità di preinsegne o frecce direzionali pubblicizzanti aziende diverse collocate su un unico palo di sostegno, in quanto solo in tal caso ciascuna di esse costituirebbe un mezzo pubblicitario soggetto a titolo autorizzatorio proprio rilasciato a soggetti diversi e in tempi diversi.
Dunque solo nel caso sopra indicato, correttamente, secondo la controricorrente, l’imposta di pubblicità potrebbe essere esatta in relazione a ciascuna figura minima piana geometrica in cui è circoscritto ogni mezzo pubblicitario, indipendentemente quindi dal numero dei messaggi in esso contenuti, secondo il disposto dell’art. 7, comma 1, del d. lgs. n. 507/1993, con gli arrotondamenti previsti dal comma 2 della citata norma.
Viceversa ove, come nella fattispecie in esame, la pluralità dei messaggi pubblicitari, pur distinti per frecce pubblicizzanti aziende diverse, sia collocata su un unico impianto pubblicitario, l’imposta andrebbe riferita alla superficie dell’unico impianto del quale è titolare la sola Adriatica Pubblicità S.r.l.
Tale assunto, però, contrasta con quanto chiaramente esposto nella succitata decisione di questa Corte non solo in relazione al fatto che ivi è chiaramente riferito che, nel caso allora esaminato, le diverse frecce pubblicizzanti aziende diverse erano collocate all’interno di un unico “pannello” e non già, separatamente, su un palo di sostegno, ma anche e principalmente con l’interpretazione sistematica della citata norma di cui all’art. 7, comma 1 e 2 del d. lgs. n. 507/1993, in relazione all’art. 6, comma 2 del citato decreto, che estende al soggetto nel cui interesse è diffuso il messaggio pubblicitario la solidarietà per l’obbligazione tributaria posta a carico del titolare o comunque di colui che ha la disponibilità del “mezzo pubblicitario”; previsione, quest’ultima, che, come espresso dalla succitata sentenza, non può che trovare «esclusiva giustificazione razionale nell’indissolubile legame tra “mezzo” e “messaggio” pubblicitario individuato come fondamento del presupposto d’imposta».
I principi espressi dalla citata pronuncia vanno dunque in questa sede ribaditi, una volta chiarito che, diversamente da quanto dedotto da parte controricorrente, essi sono perfettamente riferibili alla fattispecie in oggetto posta all’esame di questa Corte.
II ricorso della concessionaria per l’accertamento e la riscossione dell’imposta di pubblicità del Comune di Montecassiano va dunque accolto in relazione al secondo motivo, con conseguente cassazione dell’impugnata pronuncia e rinvio della causa per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale del Veneto in diversa composizione che, uniformandosi al principio di diritto come sopra trascritto, provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso in relazione al secondo motivo, rigettato il primo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Veneto in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
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