CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 maggio 2019, n. 11537
Rapporto di lavoro – Applicabilità della contrattazione collettiva del settore socio-assistenziale – Differenze retributive
Premesso
che con sentenza n. 632/2014, depositata il 27 maggio 2014, la Corte di appello di Salerno – in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore, previo espletamento di C.T.U. contabile – ha condannato la Congrega S.M.-C.S. al pagamento, in favore di M. M., della somma di euro 104.741,99, a titolo di differenze retributive derivanti dall’applicazione del contratto collettivo del settore socio-assistenziale, in luogo della somma di euro 6.600,00 equitativamente liquidata dal giudice di primo grado in via parametrica ex art. 36 Cost.;
– che nei confronti di detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Congrega S.M., affidandosi a sei motivi;
– che la lavoratrice ha resistito con controricorso;
Rilevato
che con il primo motivo, deducendo la nullità della sentenza impugnata ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ., la ricorrente si duole che la Corte si sia limitata a confermare la pronuncia di primo grado, nella parte in cui il Tribunale aveva ritenuto la tardività della eccezione di prescrizione formulata dalla resistente, nonostante che l’eccezione fosse stata reiterata in sede di appello;
– che il motivo non può trovare accoglimento, avendo la Corte territoriale stabilito che la sentenza di primo grado, sul punto relativo all’eccezione di prescrizione (considerata tardivamente proposta in conseguenza della tardività della costituzione della resistente), era “passata in giudicato non essendovi stato alcun appello incidentale” e non avendo la ricorrente, a fronte di tale affermazione, svolto alcuna specifica censura;
– che con il secondo motivo, deducendo ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ. la violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato (in subordine, la violazione ex art. 360 n. 3, oltre che dell’art. 112, anche dell’art. 434 cod. proc. civ. e dell’art. 2909 cod. civ.), la ricorrente si duole che la Corte sia pervenuta alle proprie conclusioni sebbene la statuizione del giudice di primo grado circa l’applicabilità della contrattazione collettiva di settore soltanto in via parametrica, e non integrale, e la conseguente determinazione in via equitativa dell’ammontare del credito, non avessero formato oggetto di impugnazione specifica da parte della lavoratrice;
– che con il terzo (subordinato) motivo, deducendo il vizio di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., la ricorrente censura la sentenza per avere la Corte omesso di valutare il fatto decisivo costituito dall’essere, per la datrice di lavoro, vincolante o meno l’applicazione dei contratti collettivi del settore socio-assistenziale, sui quali il consulente d’ufficio aveva basato i propri conteggi;
– che con il quarto motivo, deducendo il vizio di cui all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. in relazione a molteplici disposizioni di legge (artt. 432 e 421 cod. proc. civ.; artt. 2697, 1226, 1322, 1372, 2069 e 2070 cod. civ.; artt. 36 e 111 Cost.), la ricorrente censura la sentenza impugnata per essere la Corte giunta alle proprie conclusioni senza valutare che la lavoratrice non aveva dato alcuna prova dell’applicabilità della contrattazione collettiva del settore socio-assistenziale (e comunque non aveva neppure indicato, nel proprio ricorso introduttivo, oltre al C.C.N.L. ANASTE, il C.C.N.L. UNEBA, le cui previsioni il C.T.U. aveva invece preso in considerazione, per i propri conteggi, in relazione ad un periodo del complessivo rapporto di lavoro);
– che, con il quinto e il sesto motivo, deducendo in entrambi la nullità della sentenza ex art. 360 n. 4 per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (in subordine, la violazione ex art. 360 n. 3 anche degli artt. 434 cod. proc. civ. e 2909 cod. civ.), la ricorrente censura la sentenza per violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato e per violazione del giudicato, avendo la Corte territoriale, in adesione all’impianto e agli esiti della C.T.U., ritenuto spettanti il compenso per lavoro straordinario, nonché per ferie e festività (5° motivo), e la quattordicesima mensilità (6°), senza che la lavoratrice avesse proposto al riguardo specifici motivi di impugnazione;
osservato
che i motivi di ricorso dal secondo al sesto possono essere esaminati congiuntamente e devono essere accolti, nei sensi di seguito precisati;
– che la sentenza impugnata, con riferimento alla spettanza di un credito retributivo per complessivi euro 104.741,99 oltre interessi e rivalutazione, ha puramente osservato – premesso lo svolgimento da parte della lavoratrice di mansioni di cuoca (e non di capo cuoca) e la esattezza del conseguente inquadramento nel 4° livello C.C.N.L. ANASTE – che erano da condividere le conclusioni e l’operato del C.T.U. in quanto “corretto sia sotto l’aspetto della normativa da applicarsi sia sotto l’aspetto delle operazioni matematiche” (cfr. sentenza, p. 6, 2° capoverso);
– che peraltro da tale passaggio motivazionale non emerge in alcun modo che il giudice di appello abbia preso in considerazione la questione (a) se la M., proponendo il ricorso in appello, avesse specificamente impugnato la statuizione del giudice di primo grado relativa all’applicabilità della contrattazione collettiva di settore solo in via parametrica ai sensi dell’art. 36 Cost. e la conseguente valutazione in via equitativa dell’ammontare del credito a suo favore; ed inoltre la questione (b) se i contratti collettivi, cui il C.T.U. aveva fatto richiamo al fine di operare il calcolo delle spettanze retributive della lavoratrice, fossero o meno da ritenersi vincolanti per la datrice di lavoro;
– che a tale ultimo riguardo è da ribadire che il contratto collettivo di diritto comune non ha efficacia erga omnes e che lo stesso, sia in base al principio di libertà sindacale (art. 39, co. 1°, Cost.), sia in base ai principi del diritto comune (artt. 1321 e 1372 cod. civ.), non può vincolare i datori di lavoro ed i lavoratori in mancanza di un loro atto di volontà (iscrizione sindacale, adesione, recepimento) idoneo a manifestare la comune intenzione di accettare che il rapporto di lavoro tra essi intercorrente sia sottoposto alla disciplina del contratto collettivo;
– che si tratta di principio costantemente affermato nella giurisprudenza di questa Corte, la quale ha precisato che “i contratti collettivi di lavoro non dichiarati efficaci erga omnes ai sensi della l. 14 luglio 1959, n. 741, costituendo atti di natura negoziale e privatistica, si applicano esclusivamente ai rapporti individuali intercorrenti tra soggetti che siano entrambi iscritti alle associazioni stipulanti, ovvero che, in mancanza di tale condizione, abbiano fatto espressa adesione ai patti collettivi o li abbiano implicitamente recepiti attraverso un comportamento concludente, desumibile da una costante e prolungata applicazione delle relative clausole ai singoli rapporti, fermo restando, in detta ultima ipotesi, che non è sufficiente a concretizzare un’adesione implicita, idonea a rendere applicabile il contratto collettivo nell’intero suo contenuto, il semplice richiamo alle tabelle salariali del contratto stesso, né la circostanza che il datore di lavoro, non iscritto ad alcuna delle associazioni sindacali stipulanti il contratto collettivo, abbia proceduto all’applicazione di alcune clausole di tale contratto, contestandone invece esplicitamente altre” (Cass. n. 10632/2009; conformi, fra le molte: n. 11875/2003; n. 5596/2001);
ritenuto
conseguentemente che – respinto il primo motivo e, per il resto, accolto il ricorso nei sensi anzidetti – l’impugnata sentenza della Corte di appello di Salerno n. 632/2014 deve essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla medesima Corte in diversa composizione, la quale procederà alla verifica posta dalla questione sub (a) e, all’esito della stessa, ove dovesse ritenere impugnata la statuizione del giudice di primo grado, procederà ad accertare se e quale contratto collettivo del settore socio-assistenziale sia da ritenersi vincolante nel caso dedotto in giudizio, alla stregua del principio di diritto sopra richiamato
P.Q.M.
Rigettato il primo motivo, accoglie i residui motivi nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Salerno in diversa composizione.
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