CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 marzo 2021, n. 5625
Tributi – Contenzioso tributario – Sentenza di appello – Difetto di motivazione – Argomentazioni inidonee a rivelare la ratio decidendi – Motivazione apparente – Nullità della sentenza
Rilevato che
1. In seguito ad accertamenti compiuti dalla Guardia di Finanza di Latina nei confronti dell’azienda agricola di L.D.P., oltreché della società F. s.n.c. e della società G. s.s., in esito ai quali furono attribuite al predetto 19 unità lavorative in nero, l’Agenzia delle Entrate emise nei suoi confronti avviso di accertamento, con riguardo all’anno 2009, col quale furono recuperate le ritenute non operate e non versate, calcolate con aliquota al 23 per cento, e furono recuperati a tassazione maggiori ricavi in nero.
Impugnato il predetto atto dal contribuente, il relativo giudizio, nel quale si costituì l’Ufficio, esitò nel rigetto della domanda, pronunciato dalla C.T.P. di Latina con sentenza n. 1001/11/2014.
La C.T.R. del Lazio, adita dal contribuente, accolse invece il gravame con la sentenza n. 504/1/2017, con la quale compensò altresì le spese del giudizio.
2. Avverso questa sentenza, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Il contribuente si è difeso con controricorso.
Considerato che
1. Con il primo motivo, si lamenta la violazione dell’art. 36, n. 4, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e dell’art. 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere la C.T.R. omesso di esplicitare il fondamento giuridico della decisione in merito all’asserita mancata attivazione del contraddittorio endoprocedimentale, da parte dell’Ufficio, in violazione dell’art. 12 legge 27 luglio 2000, n. 212, e in merito all’affermata erroneità del metodo di accertamento utilizzato sulla base della presunta natura agricola dell’attività svolta dal contribuente, sussumibile nell’alveo dell’art. 2135 cod. proc.. L’Ufficio ha in particolare evidenziato, quanto al primo punto, come i giudici di merito non avessero chiarito né perché fosse stato violato il principio dialettico, né su quale dei due rilievi sollevati dal contribuente – quello della mancata indicazione, da parte dell’Ufficio, delle azioni propositive dello stesso e del difetto di motivazione dell’avviso di accertamento – avessero inteso dare risposta, e, quanto al secondo punto, su quali basi avessero affermato la natura agricola dell’attività del contribuente, evidenziando altresì la contraddittorietà del richiamo al volume d’affari dell’azienda per singola attività (agricola, alloggio connessa a quella agricola e musei), poiché tali dati avrebbero dovuto viceversa condurre a risultati del tutto opposti.
2. Col secondo motivo, l’Ufficio lamenta la violazione dell’art. 12, legge 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la C.T.R. ritenuto violato il principio del contraddittorio, benché fosse stata concessa alla parte la possibilità, non contestata, di presentare osservazioni, come contenuto nel p.v.c.. Ad avviso dell’Ufficio, inoltre, non soltanto non esiste un obbligo generalizzato di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, ma la sua stessa violazione non comporta necessariamente l’invalidità dell’atto, se non viene dimostrata la compromissione delle facoltà difensive da essa derivanti. Peraltro, al contribuente era stata data la possibilità, in concreto, di presentare osservazioni e di queste si era dato conto nell’avviso, senza contare che questi non aveva mostrato un atteggiamento collaborativo, non producendo la documentazione richiesta e rifiutandosi di sottoscrivere il pvc.
3. Il primo motivo è fondato.
È infatti orientamento consolidato ritenere che gli estremi della dedotta doglianza di nullità processuale della sentenza (per motivazione totalmente mancante o motivazione apparente) siano integrati nell’ipotesi di «assenza» della motivazione, quando cioè «non sia possibile individuare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione», non configurabile nel caso di «una pur succinta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione impugnata» (ad es., da ultimo, Cass. Sez. 3, 15/11/2019, n. 29721) ovvero nel caso di «motivazione solo apparente, che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado» (cfr. ad es. Cass. Sez. L, 25/10/2018, n. 27112) ovvero qualora la motivazione «risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione» (ad es. Cass. Sez. 6 – 3, 25/09/2018, n. 22598; ipotesi ravvisata anche in caso di «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, che rendono incomprensibili le ragioni poste a base della decisione», Cass. Sez. 6 – L, 25/06/2018, n. 16611).
La violazione della legge regolatrice del processo per difetto di motivazione (con conseguente nullità della pronuncia per l’assenza di un requisito di forma indispensabile) si profila dunque sia in caso di radicale sua carenza, sia nel caso in cui le argomentazioni in essa estrinsecate siano inidonee a rivelare la ratio decidendi (c.d. motivazione apparente) oppure siano fra loro logicamente inconciliabili o comunque perplesse od obiettivamente incomprensibili (Cass., Sez. 5, 24/11/2006, n. 24985; Cass., Sez. L., 08/01/2009, n. 161) o nel caso in cui il giudice apoditticamente neghi che sia stata data la prova di un fatto o, al contrario, affermi che tale prova sia stata fornita, omettendo qualsiasi riferimento sia al mezzo di prova che ha avuto a specifico oggetto la circostanza in questione, sia al relativo risultato (Cass., Sez. 3, 03/01/2009, n. 871), e sempre che i relativi vizi emergano dal provvedimento in sé (Cass., Sez. 3, 03/11/2008, n. 26426).
3.1 Nella specie, i giudici di merito hanno annullato l’avviso di accertamento con un’argomentazione disorganica, gravemente lacunosa e per certi aspetti contraddittoria, tanto con riguardo alla questione del difetto del contraddittorio endoprocedimentale, quanto relativamente alla sussistenza dei presupposti per la qualificazione come agricola dell’azienda dello stesso.
Con riferimento al primo punto, infatti, i giudici di merito hanno sostenuto che non fosse stato attivato «un valido contraddittorio tra le parti», sebbene abbiano poi contraddittoriamente sostenuto che non fossero «degne di accoglimento» «la documentazione e le giustificazioni addotte dal contribuente», con ciò indirettamente evidenziando come il contribuente avesse avuto modo, per contro, di esprimere le proprie ragioni e come queste fossero state analizzate dall’Ufficio, sebbene poi ritenute incongrue.
Quanto al secondo punto, i giudici di merito, premessa la differente tassazione applicata ai redditi agricoli rispetto a quelli commerciali e richiamati all’uopo gli artt. 32 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e 1, comma 1093, legge 27 dicembre 2006, n. 296, hanno apoditticamente affermato che la ditta del contribuente svolgesse attività di coltivazione floricolee e piante ornamentali, senza sostanzialmente argomentare in ordine alla reputata qualificazione come agricola della relativa azienda, essendosi limitati a richiamare sul punto i soli quadri VE del modello unico 2010, i quali però, evidenziando i volumi d’affari, facevano riferimento a tre attività differenti, ossia quella di alloggio connessa alle aziende agricole, quella di musei e quella di coltivazione dei fiori in piena aria. Pertanto, deve ritenersi che le ragioni espresse in motivazione, depurate dalle generiche considerazioni sugli istituti esaminati, non abbiano affatto chiarito quali fossero le fonti del convincimento dei giudici di merito, essendo stato omesso qualsiasi riferimento ai mezzi di prova aventi a specifico oggetto la circostanza di fatto affermata, stante l’equivocità dell’unico analizzato.
Per quanto detto, deve reputarsi la fondatezza della censura.
4. Dall’accoglimento del primo motivo, deriva l’assorbimento del secondo.
5. In definitiva, il primo motivo è fondato e il secondo assorbito, con la conseguenza che la causa deve essere rimessa alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, la quale dovrà pronunciarsi anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara l’assorbimento del secondo, cassa la decisione impugnata e rinvia alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, la quale dovrà pronunciarsi anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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