CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 marzo 2022, n. 6944
Tributi – Accertamento – Vizi di notifica – Errata indicazione del destinatario nella relata – Notifica nulla – Costituzione in giudizio dell’effettivo destinatario dell’atto – Sanatoria della nullità
Rilevato che
1. La società contribuente E.A. di P.I. E C. Sas e i singoli soci P.I., P.M. e P.G. hanno separatamente impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2007, con cui venivano accertate maggiori IRAP e IVA, nonché altri avvisi di accertamento emessi nei confronti dei soci, con i quali si recuperava in capo ai soci, per trasparenza, maggiore IRPEF conseguente all’accertamento societario, il tutto oltre sanzioni. Gli avvisi impugnati traevano origine da una verifica, conclusasi con PVC, in forza della quale – rilevandosi la cessione dell’azienda e del magazzino della società contribuente ad altra società (E. dell’Auto SRL) – si evidenziavano diverse anomalie contabili in relazione alla cassa e al magazzino e si procedeva alla ricostruzione induttiva del reddito. I contribuenti hanno contestato – per quanto qui rileva – l’inesistenza o l’omessa notificazione dell’avviso impugnato in quanto notificato a soggetto diverso dalla società contribuente e l’infondatezza della pretesa impositiva nel merito.
2. La CTP di Genova ha rigettato i ricorsi riuniti.
3. La CTR della Liguria, con sentenza in data 11 dicembre 2014, ha parzialmente accolto gli appelli nel quantum, rigettandoli nel resto. Ha ritenuto, in particolare, il giudice di appello che la notificazione dell’avviso di accertamento alla società sia nulla e non inesistente in forza della circostanza secondo cui sarebbe stato riportato nell’intestazione della relata una erronea indicazione della ragione sociale («E.A. sas di P.M.» anziché «E.A. sas di P.I. e C»); la CTR ha accertato, in particolare, che vi è stata erronea indicazione del «socio rappresentante», la cui nullità è stata sanata dalla piena conoscenza dell’atto oggetto di notificazione e dalla tempestiva proposizione del ricorso. Il giudice di appello ha, poi, ritenuto che l’avviso nei confronti del socio P.M. fosse stato validamente motivato per relationem e ha rideterminato, in parziale accoglimento degli appelli, gli importi accertati in considerazione della valorizzazione di alcune componenti negative di reddito.
4. Propongono separati ricorsi per cassazione la società contribuente, unitamente ai soci P.I. e P.G., affidato a sei motivi – ricorso ulteriormente illustrato da memoria – e il socio P.M. con ricorso affidato a quattro motivi (anch’esso illustrato da memoria), ai quali resiste l’Ufficio con separati controricorsi.
Considerato che
1.1. Con il primo motivo del ricorso proposto dalla società e dai soci P.G. e P.I. si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., richiamato dall’art. 62, comma 1, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, violazione o falsa applicazione dell’art. 60 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e degli artt. 156 e 160 cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che la notificazione dell’avviso alla società – e, conseguentemente, anche quello notificato ai soci P. I. e P. G., fosse nullo e non inesistente. I ricorrenti trascrivono l’atto impugnato, che reca nell’intestazione dell’atto impugnato una diversa ragione sociale («E.A. sas di P.M.» anziché «E.A. sas di P.I. e C.») e un diverso legale rappresentante (P. M. anziché P. I.), sia la relata di notificazione dello stesso che reca come consegnatario P. M.. Parte ricorrente trascrive il ricorso originario, nel quale si deduceva l’inesistente o l’omessa notifica alla società contribuente, questione rigettata in primo e in secondo grado, ritenendosi la notificazione nulla e non inesistente e osservando che non vi sarebbe stata alcuna notificazione dell’atto impositivo alla società contribuente per effetto dell’erronea intestazione dell’atto.
1.2. Con il secondo motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., richiamato dall’art. 62, comma 1, d. lgs. n. 546/1992, violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. come richiamato dall’art. 1, comma 2, d. lgs. n. 546/1992, nella parte in cui la sentenza impugnata non si sarebbe pronunciata sulla eccezione di parte contribuente, secondo cui l’atto impugnato sarebbe fondato su elementi privi di pregnanza indiziaria e sarebbe affetto da errori; in particolare, l’eccezione aveva riguardo all’omessa verifica delle consistenze di magazzino e delle fatture di vendita e di acquisto al fine di determinare una corretta percentuale di ricarico, nonché alla questione che la percentuale di ricarico negativa riscontrata nella contabilità sarebbe stata compatibile con la cessazione dell’attività caratteristica, nonché, inoltre, sarebbero stati dedotti errori di contabilizzazione commessi dagli agenti verificatori.
1.3. Con il terzo motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., richiamato dall’art. 62, comma 1, d. lgs. n. 546/1992, violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. come richiamato dall’art. 1, comma 2, d. lgs. n. 546/1992, nella parte in cui la sentenza impugnata non si sarebbe pronunciata sulla eccezione dei soci ricorrenti, i quali avevano dedotto sin dal primo grado di giudizio la giuridica inesistenza della notificazione degli atti diretti nei loro confronti, per essere stati gli atti impositivi notificati presso indirizzi diversi da quelli di residenza e di domicilio fiscale, con conseguente mancato rispetto dell’art. 138 cod. proc. civ.
1.4. Con il quarto motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., richiamato dall’art. 62, comma 1, d. lgs. n. 546/1992, violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. come richiamato dall’art. 1, comma 2, d. lgs. n. 546/1992, nella parte in cui la sentenza impugnata non si sarebbe pronunciata sull’eccezione dei soci ricorrenti, i quali avrebbero dedotto sin dal primo grado di giudizio la carenza di motivazione dell’atto impugnato in relazione all’art. 7 l. 27 luglio 2000, n. 212, per essersi limitati gli atti loro notificati a richiamare l’avviso di accertamento notificato alla società partecipata, peraltro non espressamente riprodotto nei singoli avvisi notificati ai soci, anche in considerazione del fatto che il singolo socio deve essere messo a conoscenza delle indagini compiute a carico della società partecipata.
1.5. Con il quinto motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., richiamato dall’art. 62, comma 1, d. lgs. n. 546/1992, violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. come richiamato dall’art. 1, comma 2, d. lgs. n. 546/1992, nella parte in cui la sentenza impugnata non si sarebbe pronunciata sulla eccezione di illegittimità delle sanzioni per violazione dell’art. 17 d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, stante l’omessa motivazione degli atti impugnati in relazione alle sanzioni.
1.6. Con il sesto motivo del medesimo ricorso si deduce, in via gradata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., richiamato dall’art. 62, comma 1, d. lgs. n. 546/1992, violazione o falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, n. 4 d. lgs. n. 546/1992, nonché dell’art. 132, n. 4 e 156, secondo comma, cod. proc. civ. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., per essere la sentenza impugnata priva di motivazione idonea a rendere intelligibile il percorso argomentativo seguito dal giudice di appello.
1.7. Con il primo motivo del ricorso proposto dal socio P. M. si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., richiamato dall’art. 62, comma 1, d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 60 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e degli artt. 156 e 160 cod. proc. civ., per motivi analoghi a quelli del primo ricorso proposto dalla società e dagli altri soci, deducendosi dall’erronea intestazione dell’atto impugnato l’omessa notifica alla società.
1.8. Con il secondo motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 42 d.P.R. n. 600/1973 e 7 l. n. 212/2000, nella parte in cui la sentenza impugnata non si sarebbe pronunciata sulla eccezione di carenza di motivazione dell’atto impugnato, per ragioni analoghe a quelle indicate dalla società contribuente e dagli altri soci nel quarto motivo del ricorso precedentemente esaminato.
1.9. Con il terzo motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza impugnata per non avere reso alcuna motivazione sulle ragioni per le quali è stato ritenuto pregnante il quadro indiziario addotto dall’Ufficio.
1.10. Con il quarto motivo del medesimo ricorso si deduce, in via gradata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per non essersi la sentenza impugnata pronunciata sulla eccezione di nullità dell’avviso impugnato per carenza di motivazione in punto sanzioni.
2. Deve procedersi alla riunione dei ricorsi e all’esame preliminare del ricorso proposto dalla società contribuente e dai soci P. I. e P. G., notificato contestualmente al ricorso dell’altro socio e iscritto a ruolo, dovendosi individuare come principale – a parità di data di notificazione – il ricorso depositato per primo (Cass., Sez. I, 4 dicembre 2014, n. 25662; Cass., Sez. II, 17 febbraio 2004, n. 3004). Essendo stato iscritto a ruolo il ricorso proposto dalla società, tale ricorso assume ruolo di ricorso principale e quello proposto da P. M. si converte in ricorso incidentale.
3. Il primo motivo di entrambi i ricorsi e il terzo motivo del ricorso principale, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, richiamata dal controricorrente, è nulla e non inesistente la notificazione eseguita in luogo e a soggetto diversi da quelli indicati nella norma processuale, ma aventi sicuro riferimento con il destinatario dell’atto; conseguentemente, la nullità è sanabile mediante costituzione della parte – che non può ritenersi intervenuta con la semplice deduzione della nullità della notificazione – o in forza della rinnovazione della notifica, ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ. (Cass., Sez. V, 6 marzo 2015, n. 4584; Cass., Sez. Lav., 23 ottobre 2013, n. 24032; Cass., Sez. VI, 25 ottobre 2012, n. 18238; Cass., Sez. V, 5 febbraio 2007, n. 2413). Lo stesso richiamo operato dai ricorrenti in memoria alla pronuncia di questa Corte (Cass., Sez. U., 20 luglio 2016, n. 14916) va nella medesima direzione, ove statuisce che restano al di fuori del perimetro della nullità «soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, sì da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa». Nella specie, come risulta dalla sentenza impugnata, la notifica era stata effettuata nei confronti di un diverso «socio rappresentante», essendosi nelle more modificato l’assetto organizzativo della società destinataria della notificazione con il cambio del socio accomandatario («socio rappresentante») e, conseguentemente, con il cambio della ragione sociale, non trattandosi in ogni caso di soggetto giuridico nuovo. Conseguentemente, il giudice di appello si è implicitamente pronunciato anche sulla questione della mera nullità e non inesistenza della notificazione presso un indirizzo diverso da quello di residenza fiscale, avendo accertato la riferibilità del luogo di notificazione ai destinatari persone fisiche.
4. Il secondo e il quarto motivo del ricorso principale e il terzo motivo del ricorso incidentale, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte (ex multis, Cass., Sez. VI, 28 gennaio 2022, n. 2633; Cass., Sez. V, 13 luglio 2021, n. 19868; Cass., Sez. VI, 9 giugno 2021, n. 16054; Cass., Sez. VI, 7 aprile 2021, n. 9292; Cass., Sez. V, n. 9097; Cass., Sez. V, 3 febbraio 2021, n. 2416; Cass., Sez. V, 3 marzo 2020, n. 21988; Cass., Sez. V, 23 gennaio 2020, n. 1505;Cass., Sez. V, 18 dicembre 2019, n. 33595). Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta, difatti, la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, il che non si verifica quando la decisione adottata comporti implicitamente la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche in assenza di una specifica argomentazione, ove la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass., Sez. II, 4 ottobre 2011, n. 20311). Nella specie, il giudice di appello, nell’accogliere parzialmente l’appello, si è pronunciato sulla questione «a valle» della deducibilità dei costi sostenuti dal contribuente. Nel far ciò, il giudice di appello ha implicitamente ritenuto congruo e pregnante il quadro indiziario addotto dall’Ufficio, essendo tale statuizione (quella di tenuta del quadro indiziario, attinente all’an della pretesa erariale), logicamente pregiudiziale ed esaminata (favorevolmente per l’Ufficio e sfavorevolmente per parte contribuente) dal giudice di appello prima di vagliare la questione del quantum degli importi accertati. Parimenti, nel ritenere fondato nell’an l’avviso impugnato, il giudice di appello ha implicitamente ritenuto infondate le censure relative al vizio di motivazione dell’atto impugnato. Le argomentazioni contenute in memoria non aggiungono ulteriori utili elementi di discussione.
5. Il quinto motivo del ricorso principale e il quarto motivo del ricorso incidentale, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati, posto che l’obbligo di motivazione dell’atto di contestazione della sanzione collegata al tributo, imposto dall’art. 16, comma 2, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 opera soltanto quando essa sia irrogata con atto separato e non contestualmente e unitamente all’atto di accertamento o di rettifica, in quanto, in quest’ultimo caso, viene assolto per relationem se la pretesa fiscale è definita nei suoi elementi essenziali (Cass., Sez. V, 4 maggio 2021, n. 11610).
6. Il sesto motivo del ricorso principale è infondato, posto che il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940; Cass., VI, 25 settembre 2018, n. 22598). La sentenza impugnata ha dato contezza, sia pur sinteticamente, del percorso motivazionale che ha portato il giudice di appello a rigettare le diverse questioni preliminari e ad accogliere, sia pur parzialmente, l’appello dei contribuenti.
7. Il secondo motivo del ricorso incidentale è inammissibile per difetto di specificità, non avendo il ricorrente incidentale provveduto a trascrivere l’avviso impugnato, essendo principio affermato da questa Corte che in caso di censura del giudizio espresso dal giudice del merito in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso ne riporti testualmente i passi che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentirne la verifica esclusivamente in base al ricorso medesimo (Cass., Sez. V, 19 aprile 2013, n. 9536; Cass., Sez. V, 28 giugno 2017, n. 16147; Cass., Sez. V, 6 novembre 2019, n. 28570).
8. I ricorsi riuniti vanno, pertanto, rigettati, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
dispone la riunione del ricorso di P. M. al ricorso proposto da E.A. di P. I. e C., P. I. e P. G.; rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; condanna parte ricorrente principale e parte ricorrente incidentale al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida per ciascuno dei due ricorrenti in complessivi € 7.800,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente principale e di parte ricorrente incidentale, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i ricorsi, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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