CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 novembre 2022, n. 32272
Tributi – IRAP – Studio associato di consulenza aziendale e tributaria – Compensi per la carica di componente di collegi sindacali di società svolta dai singoli associati – Requisito di autonoma organizzazione – Imponibilità
Ritenuto in fatto
1. Lo Studio C. – Studio associato di consulenza aziendale e tributaria – proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Palermo avverso il diniego di rimborso dell’Irap relativa all’anno 2010 versata dallo studio professionale associato, deducendo che si trattava in realtà di compensi percepiti da ciascun professionista associato per la carica di componente di collegi sindacali di società.
2. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso.
3. Sull’appello dell’Agenzia delle Entrate, la Commissione Tributaria Regionale Sicilia accoglieva il gravame e, per l’effetto rigettava l’originario ricorso proposto dallo studio professionale associato, evidenziando che quest’ultimo non aveva fornito la prova che l’attività individualmente svolta fosse funzionalmente scollegata da quella dello studio professionale, risultando di contro, dalla documentazione prodotta, che i compensi per l’attività di componenti di collegi sindacali espletata dai professionisti associati erano stati corrisposti allo studio professionale.
4. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cassazione lo Studio C. – Studio associato di consulenza aziendale e tributaria – sulla base di due motivi. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
Ritenuto in diritto
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione ed errata applicazione degli artt. 2 e 3 d.lgs. n. 446/1997, nonché 50 e 53, comma 1, dPR n. 917/1986, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che non integra di per sé il requisito dell’autonoma organizzazione la circostanza che il commercialista normalmente operi presso uno studio professionale.
1.1. Il motivo è inammissibile, in quanto non attinge la ratio decidendi sottesa alla pronuncia impugnata.
Il ricorrente si è limitato a riprodurre il principio enunciato in passato da questa Corte, secondo cui, in tema di IRAP, il commercialista che sia anche amministratore, revisore e sindaco di una società non soggiace all’imposta per il reddito netto di tali attività, in quanto è soggetta ad imposizione fiscale unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività autoorganizzata, atteso che per la soggezione all’IRAP non è sufficiente che il commercialista normalmente operi presso uno studio professionale, non integrando tale presupposto, di per sé, il requisito dell’autonoma organizzazione rispetto ad un’attività rilevante quale organo di una compagine terza (cfr. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 16372 del 03/07/2017).
Tuttavia, al di là del rilievo per cui (come evidenziato dalla CTR) l’oggetto del contendere riguarda l’Irap dovuta dallo studio associato (e non già dai singoli professionisti), questa affermazione di principio non si confronta con la ratio decidendi, la quale si sostanzia, da un lato, nel non aver lo studio associato provato, come sarebbe stato suo onere, che l’attività individualmente svolta fosse funzionalmente scollegata da quello dello studio professionale e, dall’altro, nel rilievo documentale che i compensi per l’attività di componenti di collegi sindacali svolta dai professionisti associati erano stati corrisposti allo studio professionale.
Ciò sulla base di due principi:
1) l’esercizio di arti e professioni in forma societaria, così come mediante associazioni senza personalità giuridica, costituisce ex lege presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive, senza che occorra accertare in concreto la sussistenza di un’autonoma organizzazione, questa essendo implicita nella forma di esercizio dell’attività, salva la facoltà del contribuente di dimostrare l’insussistenza dell’esercizio in forma associata dell’attività stessa (Sez. U, Sentenza n. 7371 del 14/04/2016; conf. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 12763 del 19/05/2017 e Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 30873 del 26/11/2019; quest’ultima, in una fattispecie del tutto sovrapponibile a quella in esame, ha cassato la decisione della CTR che aveva erroneamente ritenuto sussistere, in maniera automatica, il diritto al rimborso IRAP dei compensi percepiti per lo svolgimento, da parte degli associati, dell’attività di componenti di collegi sindacali, senza considerare che la relativa istanza proveniva da uno studio associato);
2) in tema di IRAP, non integra il presupposto impositivo l’attività di sindaco o di componente degli organi di amministrazione e di controllo di enti e società svolta dai singoli associati in modo separato rispetto a quella ulteriore espletata all’interno di un’associazione professionale, gravando tuttavia su quest’ultima, in caso di richiesta di rimborso, l’onere di provare la separatezza dei redditi di cui predica lo scorporo rispetto alle attività individuali svolte dai singoli associati quali organi di una compagine terza (Sez. 5, Ordinanza n. 12495 del 10/05/2019).
2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione ed errata applicazione degli artt. 3 d.lgs. n. 446/1997, 2697 c.c.e 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che, attraverso la produzione delle certificazioni di ritenuta d’acconto rilasciate dalle società nell’interesse delle quali i singoli professionisti associati avevano personalmente svolto la carica di componenti del collegio sindacale, aveva assolto l’onere di provare la scindibilità dei compensi da non assoggettare ad Irap.
2.1. Il motivo è infondato.
Come anticipato nell’analisi del primo motivo, componendo il contrasto di giurisprudenza manifestato in materia, le sezioni unite di questa Corte hanno affermato il principio secondo cui “presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione e allo scambio ovvero alla prestazione di servizi; ma quando l’attività è esercitata dalle società e dagli enti, che siano soggetti passivi dell’imposta a norma dell’art. 3 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 – comprese quindi le società semplici e le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni – essa, in quanto esercitata da tali soggetti, strutturalmente organizzati per la forma nella quale l’attività è svolta, costituisce ex lege, in ogni caso, presupposto d’imposta, dovendosi perciò escludere la necessità di ogni accertamento in ordine alla sussistenza dell’autonoma organizzazione” (Cass. sezioni unite, 14 aprile 2016, n. 7371, in motivazione; nello stesso senso era Cass. n. 25313 del 2014; Cass. 13728/2017; Cass. 27843/2018).
Nel motivare le menzionate pronunce, la Corte ha chiarito che il riportato principio di diritto è da applicarsi anche alle associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni, salva la facoltà per la parte contribuente di fornire la prova contraria avente ad oggetto <<non l’insussistenza dell’autonoma organizzazione nell’esercizio in forma associata dell’attività, ma piuttosto l’insussistenza dell’esercizio in forma associata dell’attività stessa>>.
Nella specie non è in contestazione l’esercizio in forma associata dell’attività, non fosse altro perché a ricorrere è proprio lo studio associato.
In questo contesto, la circostanza che le società nel cui interesse i professionisti associati dello studio hanno svolto la carica di componenti del collegio sindacale abbiano rilasciato le certificazioni di ritenuta d’acconto (le quali, peraltro, in violazione del principio di autosufficienza, non sono state trascritte nel ricorso) non esclude né che la loro designazione sia avvenuta anche in ragione dell’organizzazione dello studio professionale associato di cui il professionista faceva parte né che quest’ultimo, nell’espletamento dell’incarico, si sia avvalso in concreto dell’organizzazione messagli a disposizione dallo studio associato.
Del resto, la circostanza (incontestata) che sia stato lo studio associato a ricevere il pagamento dei compensi per l’espletata attività di sindaco e in tale veste abbia fatturato gli stessi per conto dei professionisti associati conduce a ribadire il principio per cui, in tema di IRAP, non ha diritto al rimborso di imposta il dottore commercialista che, in presenza di autonoma organizzazione ed espletando congiuntamente anche gli incarichi connessi di sindaco, amministratore di società e consulente tecnico, svolga sostanzialmente un’attività unitaria, nella quale siano coinvolte conoscenze tecniche direttamente collegate all’esercizio della professione nel suo complesso, allorchè non sia possibile scorporare le diverse categorie di compensi eventualmente conseguiti e di verificare l’esistenza dei requisiti impositivi per ciascuno dei settori in esame, per il mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sul contribuente. (cfr., fra le tante, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 3434 del 05/03/2012 e Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 26425 del 2016).
4. In conclusione, il ricorso non merita accoglimento.
Le spese relative al presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in euro 1.400,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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