CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 novembre 2022, n. 32290
Lavoro irregolare – Ordinanza ingiunzione irrogativa di sanzione amministrativa -Capacità a testimoniare delle lavoratrici – Valore probatorio del verbale di accertamento
Rilevato che
1. con sentenza 7 giugno 2016, la Corte d’appello di Venezia ha rigettato l’appello proposto da G.T., in proprio e quale legale rappresentante del Ristorante T. s.n.c. di T. G. e F. avverso la sentenza di primo grado, di reiezione del loro ricorso in opposizione alle ordinanze con la quale la Direzione Territoriale del Lavoro (D.T.L.) di Verona aveva loro ingiunto (il primo quale autore degli illeciti in qualità di amministratore della società e la seconda quale obbligata in solido ai sensi dell’art. 6, terzo comma l. 689/1981) il pagamento della somma di € 73.250,00 per l’irregolare impiego di alcune lavoratrici;
2. ravvisata in via preliminare la capacità a testimoniare delle lavoratrici P. e V., la Corte territoriale ha ritenuto, in esito a critico ed argomentato scrutinio delle risultanze istruttorie acquisite, la piena prova degli addebiti contestati;
3. con atto notificato il 6 (19) dicembre 2016, i predetti hanno proposto ricorso per cassazione con tre motivi; il Ministero del Lavoro e la D.T.L. di Verona intimati non hanno svolto difese.
4. la trattazione della causa, già fissata per una precedente udienza, è stata rinviata per impedimento del relatore, all’odierna adunanza camerale.
Considerato che
1. i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto la capacità a testimoniare delle lavoratrici P. e V., nonostante la loro titolarità di un interesse giuridicamente qualificato, quale il conseguimento di una maggiore anzianità retributiva e di servizio (primo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 2700, 2697, primo comma c.c. e 116 c.p.c., per erronea e insufficiente motivazione sul punto decisivo della controversia, relativo al valore probatorio attribuito ai verbali ispettivi e di accertamento, nonostante la loro inidoneità ad assolvere un onere gravante sull’ente impositore, convenuto solo in senso formale nel giudizio di opposizione all’ordinanza ingiunzione emessa, ma attore in senso sostanziale, pertanto onerato della prova, non assolta, della spettanza dei contributi contestati come omessi (secondo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 c.p.c. e 2094 c.c., per “erronea e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia e … erronea ricostruzione dei fatti di causa, per non aver” la Corte territoriale “adeguatamente valutato le risultanze probatorie”: specificamente riproposte, in difetto di prova del rapporto di subordinazione ritenuto, a fondamento delle omissioni contributive contestate, sulla base di una non puntuale individuazione degli appropriati relativi indici (terzo motivo);
2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono inammissibili;
3. in via preliminare, deve essere esclusa la configurabilità delle violazioni di norme di legge denunciate, non essendo stata in realtà censurata l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una previsione normativa, implicante un problema interpretativo della stessa, né di falsa applicazione della legge, consistente nella sussunzione della fattispecie concreta in una qualificazione giuridica che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista non è idonea a regolarla, oppure nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che ne contraddicono la pur corretta interpretazione (Cass. 30 aprile 2018, n. 10320; Cass. 25 settembre 2019, n. 23851); trattandosi piuttosto di allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, pertanto esterna all’esatta interpretazione della norma e inerente alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155), oggi peraltro nei rigorosi limiti del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., qui non ricorrenti;
3.1. parimenti essa non si configura in riferimento all’art. 115 c.p.c., non denunciato sotto il profilo dell’errore di percezione, che cada sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, in contrasto con il divieto di fondare la decisione su prove reputate dal giudice esistenti, ma in realtà mai offerte (Cass. 12 aprile 2017, n. 9356); né in relazione alla denuncia di violazione dell’art. 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale), idonea ad integrare il vizio di error in procedendo, solo quando il giudice di merito disattenda il principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero all’opposto valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime (Cass. 10 giugno 2016, n. 11892); e neppure con riguardo alla violazione dell’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne sia onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. 17 giugno 2013, n. 15107; Cass. 29 maggio 2018, n. 13395);
3.2. quanto alla dedotta incapacità a deporre prevista dall’art 246 c.p.c., essa si verifica, in linea generale, solo quando il teste sia titolare di un interesse personale, attuale e concreto, che lo coinvolga nel rapporto controverso, alla stregua dell’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c., tale da legittimarlo a partecipare al giudizio in cui è richiesta la sua testimonianza, con riferimento alla materia in discussione, non avendo, invece, rilevanza l’interesse di fatto a un determinato esito del processo (salva la considerazione che di ciò il giudice è tenuto a fare nella valutazione dell’attendibilità del teste), né un interesse, riferito ad azioni ipotetiche, diverse da quelle oggetto della causa in atto, proponibili dal teste medesimo o contro di lui, a meno che il loro collegamento con la materia del contendere non determini già concretamente un titolo di legittimazione alla partecipazione al giudizio (Cass. 8 giugno 2012, n. 9353; Cass. 5 gennaio 2018, n. 167); peraltro, nel giudizio tra datore di lavoro ed ente previdenziale, avente ad oggetto il mancato pagamento di contributi, questa Corte (pure avendo anche diversamente ritenuto: Cass. 26 febbraio 2009, n. 4651; Cass. 8 febbraio 2011, n. 3051; Cass. 11 marzo 2015, n. 14123) reputa, con indirizzo più recente che, qualora sorga contestazione sull’esistenza del rapporto di lavoro subordinato, presupposto dell’obbligo contributivo, il lavoratore, i cui contributi siano stati omessi, sia incapace a testimoniare, non essendo, tuttavia, preclusa al giudice la possibilità, avvalendosi dei poteri conferitigli dall’art. 421 c.p.c., di interrogarlo liberamente sui fatti di causa (Cass. 25 gennaio 2016, n. 1256; Cass. 11 settembre 2018, n. 22074);
3.3. in ordine poi al valore probatorio del verbale di accertamento dell’infrazione, nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione irrogativa di sanzione amministrativa, è noto che esso faccia piena prova, fino a querela di falso, in relazione ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonché alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale e alle dichiarazioni delle parti; mentre la fede privilegiata non si estende agli apprezzamenti e alle valutazioni del verbalizzante né ai fatti di cui i pubblici ufficiali abbiano avuto notizia da altre persone, ovvero ai fatti della cui verità si siano convinti in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche (Cass. 7 novembre 2014, n. 23800; Cass. 4 agosto 2021, n. 22265; Cass. 10 marzo 2022, n. 7841); sicché, il verbale ispettivo è prova documentale liberamente valutabile dal giudice in concorso con gli altri elementi probatori;
3.4. la Corte territoriale ha compiuto un accertamento in fatto in esito ad una valutazione globale delle risultanze istruttorie (documentali ed orali), criticamente disaminate e congruamente argomentate (in particolare dall’ultimo capoverso di pg. 9 al primo periodo di pg. 12 della sentenza), in corretta applicazione del regime di ripartizione dell’onere della prova (posto a carico della D.T.L. di Verona e ritenuto assolto: così al primo capoverso di pg. 12 della sentenza) e dei principi giuridici regolanti il rapporto di subordinazione (dal secondo capoverso di pg. 12 al secondo di pg. 13 della sentenza). Sicché, vale il principio secondo il quale è estranea all’ambito del giudizio di legittimità la possibilità di procedere a nuovo giudizio di merito attraverso un’autonoma e propria valutazione delle risultanze degli atti di causa (Cass. 19 marzo 2009, n. 6694; Cass. 28 marzo 2012, n. 5024), considerato che spetta, in via esclusiva, al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi dando così prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 25 gennaio 2016, n. 1256; Cass. 8 agosto 2019, n. 21187);
3.5. appare allora evidente come le doglianze convergano, nella sostanza, in una diversa interpretazione e valutazione delle risultanze processuali, in funzione di una ricostruzione della fattispecie operata dalla Corte territoriale, insindacabili nell’odierna sede di legittimità, per loro esclusiva spettanza al giudice del merito, qualora autore di un accertamento in fatto, argomentato in modo pertinente e adeguato (Cass. 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass. 6 marzo 2019, n. 6519; Cass. s.u. 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass. 4 marzo 2021, n. 5987);
4. pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, senza alcun provvedimento sulle spese, non avendo le parti intimate vittoriose svolto difese e con raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso; nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
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