CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 ottobre 2020, n. 21154
Verbali di accertamento e notificazione – Prescrizione dei crediti contributivi vantati dall’INPS – Richiesta del convenuto di mero rigetto della domanda attorea diretta all’accertamento negativo di un debito – Non idoneità a svolgere efficacia interruttiva
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Torino, con sentenza n. 143 pubblicata il 23.4.2018, in accoglimento degli appelli proposti da C. SERVIZI TECNICI IMPIANTI s.r.l. e da C.V. SERVICE s.r.l. e riuniti, ha dichiarato la prescrizione dei crediti contributivi vantati dall’INPS per inadempienze relative al periodo 1.3.2006 – 31.12.2010, di cui ai verbali di accertamento del 18.3.2011, notificati il 24.3.2011;
2. la Corte territoriale ha richiamato la sentenza Cass. n. 12058 del 2014, secondo cui “La richiesta del convenuto di mero rigetto della domanda attorea (nella specie diretta all’accertamento negativo di un debito) non è idonea a svolgere efficacia interruttiva della prescrizione del diritto vantato nei confronti del debitore in quanto funzionalmente volta a confutare la domanda avversaria e non a manifestare inequivocabilmente la volontà di far valere la pretesa creditoria o di mettere in mora il soggetto inadempiente”;
3. ha dato atto che con i ricorsi introduttivi di primo grado, depositati il 3.8.2011, le due società avevano proposto domande di accertamento negativo del credito contributivo oggetto dei verbali di accertamento e notificazione e che l’INPS nel costituirsi in giudizio non aveva svolto alcuna richiesta di adempimento, essendosi limitato a chiedere il rigetto dei ricorsi; l’Istituto non aveva neppure, nel corso del giudizio di primo grado e fino alla fase di appello, notificato alle società atti di costituzione in mora;
4. ha ritenuto che rispetto all’ultimo atto di intimazione da parte dell’INPS, rappresentato dalla notifica dei verbali di accertamento del marzo 2011, in mancanza di atti interruttivi, fosse decorso il termine di prescrizione quinquennale applicabile ai sensi dell’art. 3, comma 9 lett. b) della legge n. 335 del 1995;
5. avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, affidato ad un unico motivo, cui hanno resistito con controricorso le società C. SERVIZI TECNICI IMPIANTI s.r.l. e C.V. SERVICE s.r.l.;
6. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
Considerato che
7. con l’unico motivo di ricorso l’INPS ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2935, 2943 e 2945 c.c.;
8. ha censurato la decisione d’appello per non aver considerato che la prescrizione era stata interrotta con l’instaurazione dei giudizi avverso il verbale ispettivo (art. 2943 c.c.) e che la stessa non poteva decorrere fino al passaggio in giudicato delle sentenze di definizione dei predetti giudizi (art. 2945 c.c.);
9. ha aggiunto che anche le memorie difensive dell’INPS in primo grado del 14.8.2012 potevano avere valore di atto interruttivo della prescrizione in quanto contenenti la richiesta di rigetto del ricorso avversario e che tale requisito doveva considerarsi idoneo ai fini interruttivi in base alle pronunce di legittimità Cass. n. 7737 del 2007 e n. 13438 del 2013;
10. la questione posta dal ricorso in esame attiene alla efficacia interruttiva della prescrizione, ai sensi dell’art. 2943, comma 2, c.c. e con gli effetti permanenti di cui all’art. 2945, comma 2, c.c., della mera richiesta di rigetto del ricorso avversario proposta dal creditore, convenuto in giudizio dal presunto debitore con azione di accertamento negativo del credito;
11. in linea generale, si è precisato come “In tema di interruzione della prescrizione, un atto, per avere efficacia interruttiva, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, che – sebbene non richieda l’uso di formule solenni, né l’osservanza di particolari adempimenti – sia idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora, non assumendo rilievo ostativo al prodursi di tale effetto la prospettata alternativa di una soluzione conciliativa della vertenza“, (Cass., n. 24656 del 2010; sez. 6 n. 16465 del 2017);
12. con specifico riferimento alla domanda di accertamento negativo dell’altrui credito si è affermato che “La domanda di accertamento negativo ex art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999 non è idonea a determinare la sospensione della prescrizione del diritto al conseguimento dei contributi, che non é prevista da alcuna disposizione specifica né trova fondamento nella normativa codicistica, essendo inammissibile l’interpretazione estensiva o l’applicazione analogica delle disposizioni previste dagli artt. 2941 e 2942 c.c.; tale domanda non comporta inoltre l’interruzione della prescrizione, che l’art. 2943 c. c. fa discendere soltanto da atti tipici e specificamente enumerati contenenti l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto obbligato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora” (Cass. n. 9589 del 2018);
13. nella sentenza appena citata, la S.C. ha specificamente affrontato il problema della idoneità del comportamento processuale dell’INPS, convenuto con azione di accertamento negativo del credito contributivo oggetto del verbale notificato, a determinare l’interruzione della prescrizione ed ha osservato come “Nella specie, inoltre, non risulta affatto che l’INPS, nel corso della causa che aveva portato all’accertamento dell’obbligo contributivo, avesse avanzato alcuna richiesta volta ad interrompere il corso della prescrizione, richiedendo il pagamento dei contributi. L’Istituto non ha neppure indicato nel presente ricorso l’esistenza di atti o di eventuali richieste, formulate nei verbali di causa, in cui avrebbe chiesto l’adempimento del debito contributivo”;
14. con la sentenza n. 12058 del 2014, espressamente richiamata nella sentenza impugnata, questa Corte ha statuito: “La richiesta del convenuto di mero rigetto della domanda attorea (nella specie diretta all’accertamento negativo di un debito) non è idonea a svolgere efficacia interruttiva della prescrizione del diritto vantato nei confronti del debitore in quanto funzionalmente volta a confutare la domanda avversaria e non a manifestare inequivocabilmente la volontà di far valere la pretesa creditoria o di mettere in mora il soggetto inadempiente”;
15. altre pronunce, che hanno affermato il carattere solo istantaneo dell’efficacia interruttiva della prescrizione conseguente alla notifica del precetto, hanno esaminato anche gli effetti, ai fini interruttivi della prescrizione, della condotta tenuta dal creditore nel processo di opposizione al precetto ed hanno attribuito efficacia interruttiva alla richiesta rigetto dell’opposizione formulata in giudizio dal creditore opposto;
16. Cass. n. 7737 del 2007 ha affermato: “Il precetto siccome atto non diretto alla instaurazione di un giudizio né del processo esecutivo, interrompe la prescrizione senza effetti permanenti, ed il carattere solo istantaneo dell’efficacia interruttiva sussiste anche nel caso in cui, dopo la sua notificazione, l’intimato abbia proposto opposizione; tuttavia, se il creditore opposto si costituisce formulando una domanda comunque tendente all’affermazione del proprio diritto di procedere all’esecuzione (ed in tale categoria va compresa certamente anche la mera richiesta di rigetto dell’opposizione) compie un’attività processuale rientrante nella fattispecie astratta prevista dal secondo comma dell’art. 2943 cod. civ., sicché, ai sensi del secondo comma dell’art. 2945 cod. civ., la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio“;
17. in senso analogo si è pronunciata questa Corte con la sentenza n. 19738 del 2014 affermando: “Il precetto non è un atto diretto alla instaurazione di un giudizio, né del processo esecutivo, sicché interrompe la prescrizione senza effetti permanenti ed il carattere solo istantaneo dell’efficacia interruttiva sussiste anche nel caso in cui, dopo la sua notificazione, l’intimato abbia proposto opposizione. Ove, peraltro, il creditore opposto, nel costituirsi, chieda il rigetto dell’opposizione o, comunque, formuli una domanda tendente all’affermazione del proprio diritto di procedere all’esecuzione, si realizza un’attività processuale rilevante ai sensi dell’art. 2943, secondo comma, cod. civ., con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 2945, secondo comma, cod. civ., la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio”;
18. nello stesso senso questa Corte si è pronunciata in relazione ad un processo per revocazione, statuendo: “La mera proposizione, da parte del debitore, di una citazione in revocazione ex art. 395, n. 3, cod. proc. civ. non impedisce il passaggio in giudicato, ex art. 324 cod. proc. civ., della sentenza impugnata, sicché termina l’effetto interruttivo permanente della prescrizione prodotto dalla notificazione dell’atto introduttivo del corrispondente giudizio. Tuttavia, se il creditore convenuto in revocazione si costituisce formulando una domanda comunque tendente all’affermazione del proprio diritto (ed in tale categoria va ricom presa certamente anche la mera richiesta di rigetto della revocazione) compie un’attività processuale rientrante nella fattispecie astratta prevista dal secondo comma dell’art. 2943 cod. civ.; e, quindi, ai sensi dell’art. 2945, secondo comma, cod. civ., la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il relativo procedimento” (Cass. n. 13438 del 2013);
19. più recentemente, in riferimento ad un procedimento di opposizione ad ordinanza ingiunzione, si è sostenuto: “Nel procedimento di opposizione a ordinanza-ingiunzione, la resistenza in giudizio dell’ente creditore ha efficacia interruttiva della prescrizione ai sensi dell’art. 2943, comma 2, c.c. e produce gli effetti permanenti di cui all’art. 2945, comma 2, c.c., che si estendono anche nei confronti dell’eventuale coobbligato solidale rimasto estraneo al giudizio” (Cass. n. 5369 del 2019);
20. quest’ultima sentenza (n. 5369 del 2019) contiene, in motivazione, affermazioni di carattere generale in quanto dà atto che “si è … andato affermando il principio, che va qui in particolare confermato rispetto al processo di opposizione ad ordinanza ingiunzione, secondo cui anche la mera richiesta di rigetto proposta in giudizio dal creditore rispetto ad un’azione di accertamento negativo introdotta dal presunto debitore ha effetto interruttivo della prescrizione, ai sensi dell’art. 2943, co. 2, c.c., con gli effetti permanenti di cui all’art. 2945, co. 2, c. c. (così: Cass. 19 settembre 2014, n. 19738; Cass. 29 marzo 2007, n. 7737, in tema di opposizione a precetto; Cass. 29 maggio 2013, n. 13438, in tema di resistenza rispetto ad un’impugnativa per revocazione; per un accenno al medesimo principio in tema di opposizione a sanzione amministrativa, v. Cass. 23 gennaio 2018, n. 1550)”;
21. il contrasto che si rileva tra le pronunce richiamate, quanto alla efficacia interruttiva della prescrizione da riconoscere al comportamento processuale del creditore convenuto in giudizio che si limiti a chiedere il rigetto della domanda del presunto debitore, rende necessaria la trasmissione del procedimento alla Sezione Quarta Lavoro per un ulteriore approfondimento;
P.Q.M.
dispone la trasmissione del procedimento alla Sezione Quarta Lavoro.
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