CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 aprile 2018, n. 8077

Tributi – TARSU – Esercizi alberghieri – Delibera comunale – Distinzione dalle civili abitazioni – Previsione di una tariffa più elevata – Legittimità. – Ingiunzione di pagamento – Impugnazione nel merito – Mancata indicazione nel presupposto avviso di pagamento del termine di impugnazione e dell’organo a cui proporre ricorso – Riammissione in termini

Con ricorso in Cassazione affidato a due motivi, nei cui confronti la società contribuente ha resistito con controricorso e ricorso incidentale illustrato da memoria, l’Ente impositore impugnava la sentenza della CTR della Puglia, sezione di Foggia, per mancato pagamento delle somme risultanti da un avviso di pagamento a titolo di Tarsu 2011.

Con un primo motivo, il comune ricorrente deduce la violazione dell’art. 19 del d.lgs. n. 546/92, con riferimento all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., in quanto, erroneamente, i giudici d’appello non avevano dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo poiché l’ingiunzione non era stata impugnata per vizi propri ma eccependo vizi riferibili all’atto presupposto (cioè, l’avviso di pagamento) peraltro di merito, pur essendo tale atto divenuto definitivo per mancata impugnazione nei termini.

Con un secondo motivo, il comune ricorrente ha dedotto la violazione degli artt. 61, 65, 68 e 69 del d.lgs. n. 507/93 e violazione dell’art. 7 del d.lgs. n. 546/92, in riferimento all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., avendo i giudici d’appello erroneamente disapplicato il regolamento comunale di determinazione delle tariffe, con i quale la categoria degli esercizi alberghieri veniva distinta da quella delle civili abitazioni, pur avendo astrattamente riconosciuto la legittimità di tale distinzione.

Infine con ricorso incidentale, la società contribuente deduceva la violazione dell’art. 5 comma 1 del D.L. n. 208/08, convertito con modificazioni nella legge n. 13 del 2009, nonché dell’art. 23 Cost. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., in quanto, l’art. 23 Cost. prevedendo che nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge, impedisce che una norma di legge, quale l’art. 14 comma 7 del d.lgs. n. 23/11 possa essere interpretata nel senso di demandare alla fonte regolamentare comunale la possibilità di sottoporre a tributo Tarsu i soggettivi passivi della stessa, anche per l’anno 2010, laddove non vi era più proroga espressa legislativa della disciplina impositiva della Tarsu.

Il Collegio ha deliberato di adottare la presente ordinanza in forma semplificata.

In via preliminare, va disattesa l’eccezione della controricorrente, relativa al difetto del potere di rappresentanza processuale del Sindaco per mancata autorizzazione da parte della giunta ovvero per mancata determina del competente dirigente, in quanto, ai sensi dell’art. 50 comma 2 del d.lgs. n. 267/00, al sindaco spetta la rappresentanza legale del comune (quindi, anche quella processuale), e non risultano diverse previsioni statutarie per le quali la rappresentanza processuale dell’ente a promuovere o resistere a una lite sia radicata in capo a un diverso organo.

Il primo motivo è infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte “La mancata indicazione nell’avviso di pagamento della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani del termine di impugnazione e dell’organo dinanzi al quale può essere proposto ricorso, prevista dall’art. 3, quarto comma, della legge 7 agosto 1990, n. 241, non inficia la validità dell’atto, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, ma comporta, sul piano processuale, il riconoscimento della scusabilità dell’errore in cui sia eventualmente incorso il ricorrente, con conseguente riammissione in termini per l’impugnativa, ove questa sia stata tardivamente proposta” (Cass. ord. n. 19675/11).

Nella specie, risulta, pertanto, corretta l’impugnazione dell’atto conseguenziale (ingiunzione), rispetto all’atto impositivo (avviso di pagamento), da parte della società contribuente, in quanto la CTR ha evidenziato con accertamento di fatto che l’avviso di pagamento era mancante dei requisiti per la sua immediata impugnazione e, quindi, non era definitivo; di talché, l’impugnazione dell’ingiunzione (atto successivo) anche nel merito, equivale all’impugnazione dell’avviso di pagamento (atto prodromico), infatti, come detto, in riferimento a quest’ultimo, secondo l’accertamento della CTR, mancavano gli elementi o requisiti della sua immediata impugnabilità.

Il secondo motivo è fondato.

Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte “In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), è legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime: la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce, infatti, un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal d.lgs. n. 22 del 1997, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore; i rapporti tra le tariffe, indicati dall’art. 69, comma 2, del d.lgs. n. 507 del 1993, tra gli elementi di riscontro della legittimità della delibera, non vanno d’altronde riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica” (Cass. n. 16175/16, 11966/16, secondo la quale “In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, non è configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa di cui all’art. 65 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, poiché la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile “ex post”, di destinatari, occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili”. (Sul punto si è pronunciata anche Cass. n. 22804 del 2006, ord. n. 26132 del 2011 e, soprattutto, recentemente, Cass. nn. 22521 – 22529/17, 15041 – 15050/17).

Il motivo di ricorso incidentale è, invece, infondato.

Infatti, va rilevato come l’originario termine per l’introduzione della nuova tariffa fu più volte prorogato ad opera di disposizioni legislative emanate a scadenze quasi sempre annuali e portato al 30.6.2010 dall’art. 8 comma 3 del D.L. n. 194/09 convertito con modificazioni dalla legge n. 25 del 2010. Ciò non significa che dal Io gennaio 2010 fossero venuti meno i presupposti di legittima applicazione della Tarsu ovvero della tariffa Ronchi, stante la ultrattività generale della disciplina Tarsu come riconosciuto dalla Corte costituzionale con sentenza n. 238/09 (§1.6.4) la quale ha ricollegato il definitivo passaggio (da Tarsu/Tia alla tariffa integrata) non soltanto all’emanazione del regolamento ministeriale previsto dal comma 6 dell’art. 238 del d.lgs. n. 156/06, ma altresì al completamento di tutti gli adempimenti necessari per dare piena attuazione alla nuova tariffa. Inoltre, sulla legittimità dell’applicazione della Tarsu e della Tariffa Ronchi da parte dei comuni si sono espressi anche il Mef con la circolare 3/D dell’11 novembre 2010 (cfr. punto 2.1. della circolare) e la Corte dei conti, sezione di controllo della Lombardia, nella delibera n. 21 del 28 gennaio 2011. Pertanto, sia per l’anno 2010 che per l’anno 2011 la tassa richiesta era dovuta dalla società contribuente.

Del pari infondata è la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla società controricorrente, in quanto, l’art. 23 Cost. fissa in materia tributaria una riserva di legge relativa e non assoluta, sulla base della quale alla norma primaria è richiesto di delineare i requisiti essenziali del tributo, potendo la stessa demandare alla fonte subprimaria, le modalità e l’ammontare del prelievo, in relazione ai soggetti passivi. In particolare, sulla riserva di legge relativa, con rinvio di dettaglio anche ad atti amministrativi generale, vedi: C. cost. 64/1995, 148/1979, 180/1996, 269/1997, 435/2001; Cass. 16498/2003, 17602/2003, 18262/2004.

In accoglimento del secondo motivo del ricorso principale rigettato il primo e rigettato il ricorso incidentale, la sentenza va cassata e la causa va rinviata, in riferimento a quanto accolto, alla Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione di Foggia, affinché, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti, per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo del ricorso principale rigettato il primo motivo e rigettato l’incidentale.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione di Foggia, in diversa composizione.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13.