CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 aprile 2019, n. 9274
Contratti a progetto – Qualificazione come di lavoro subordinato – Progetti individuati coincidenti sostanzialmente con l’oggetto dell’attività aziendale – Mera riproposizione dell’oggetto sociale
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Venezia, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa città, rigettava l’opposizione proposta da N.S.M. Srl avverso la cartella esattoriale emessa per il pagamento in favore dell’Inps dei contributi discendenti dalla qualificazione come di lavoro subordinato di due contratti a progetto stipulati dalla società per l’espletamento dei compiti di “addetto commerciale per la segnalazione e la successiva acquisizione di nuovi clienti” e di “organizzazione del magazzino e supervisione della produzione”.
2. La Corte argomentava che i progetti individuati nel due contratti in esame coincidevano sostanzialmente con l’oggetto dell’attività aziendale, coprendone l’intera articolazione. Rilevava che la società appellata svolge la propria attività nel settore del commercio all’ingrosso di articoli da regalo e souvenirs e la sua struttura imprenditoriale risulta costituita da uno show room e da un magazzino per lo stoccaggio dei prodotti e la successiva distribuzione presso la clientela.
3. Per la cassazione della sentenza la N.S.M. Srl ha proposto ricorso, cui ha resistito l’Inps – SCCI con controricorso, mentre Equitalia nord s.p.a. è rimasta intimata.
Considerato che
4. come primo motivo la società deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 61, 62 e 69 del d.lgs n. 276 del 2003; la violazione dell’articolo 12 delle preleggi; la violazione degli articoli 1322, 1325 e 1362 c.c. Lamenta che la Corte d’appello, pur riconoscendo la non applicabilità alla fattispecie della novella di cui all’art. 1 comma 23 della l. n. 92 del 2012, abbia ignorato che la collaborazione può riguardare anche un programma o una fase di lavoro caratterizzata da un’autonomia di contenuti ad obiettivi, anche quando gli stessi si traducano in attività rientranti nell’oggetto sociale del committente, com’era nel caso.
5. Come secondo motivo deduce la nullità della sentenza per violazione dell’articolo 132 comma due n. 4 c.p.c., 111 comma 6 Cost. e sostiene che la ricostruzione logica della fattispecie coerente con il principio di ragionevolezza non può corrispondere a quella espressa della sentenza impugnata non avendo colto la specificità dei progetti, che ineriscono ad attività che si affiancano al ciclo produttivo pur essendo dirette a conseguire un risultato particolare.
6. Come terzo motivo deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 416 comma tre c.p.c., 115 c.p.c., 421 secondo comma c.p.c., 2697 c.c. e 346 c.p.c.. Sostiene che la Corte d’appello ha chiaramente inquadrato la natura relativa della presunzione stabilita dall’articolo 69 del d.lgs 276 del 2003, ma riferisce di aver richiesto nel ricorso introduttivo l’audizione di B.L. e N.U. sui capitoli relativi alla attività svolta e che tali circostanze di fatto non erano state contestate, in quanto ad avviso del primo giudice la tesi dell’Inps era incentrata sulla interpretazione del progetto.
7. I primi due motivi, che vanno esaminati congiuntamente in quanto connessi, non sono fondati.
Occorre premettere che nel caso opera la definizione legale del contratto a progetto fornita dall’art. 61 D.Lgs. 276/2003 nel testo originario (poi sostituito dall’art. 1 comma 23 lettera a) della l. n. 92 del 2012, modificato dall’art. 24 bis comma 7 del d.l.n. 83 del 2012 conv. in l. n. 134 del 2012 ed ancora dall’art. 7 comma 2 lettera c) del d.l. n. 76 del 2013 conv. in l. n. 99 del 2013 ed infine abrogato dall’art.52 del d.lgs. 81 del 2015 di attuazione del c.d. Jobs Act) in base al quale per la configurazione della fattispecie, oltre alla presenza di tutti i caratteri della già nota figura delle collaborazioni continuative e coordinate, è necessaria la riconducibilità dell’attività “a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della attività lavorativa”.
8. Questa Corte, con riferimento al medesimo testo della disposizione, ha chiarito (Cass. n. 24739 del 2017, Cass. n. 10135 del 26.4.2018) che la nozione di “specifico progetto”, quale deriva dall’ esegesi normativa, deve ritenersi consistere – tenuto conto delle precisazioni introdotte nell’art. 61 cit. dalla l. n. 92 del 2012 – in un’attività produttiva chiaramente descritta ed identificata e funzionalmente ricollegata ad un determinato risultato finale, cui partecipa con la sua prestazione il collaboratore, precisando tuttavia che la norma non richiede che il progetto specifico debba inerire ad una attività eccezionale, originale o del tutto diversa rispetto alla ordinaria e complessiva attività di impresa.
9. Il progetto concordato non può comunque consistere nella mera riproposizione dell’oggetto sociale della committente, e dunque nella previsione di prestazioni, a carico del lavoratore, coincidenti con l’ordinaria attività aziendale (Cass. n. 17636 del 06/09/2016), in quanto i termini in questione non possono che essere intesi – pena il sostanziale svuotamento della portata della norma – come volti ad enucleare il contenuto della collaborazione in un quid distinto dalla mera messa a disposizione di energie lavorative nell’attuazione delle ordinarie attività aziendali.
10. Né diversa interpretazione potrebbe attribuirsi all’espressa possibilità (successivamente venuta meno) che il progetto si riferisca ad una “fase” del lavoro, considerato che è proprio il riferimento ad una porzione, ad un ben individuato segmento dell’attività produttiva, che vale a connotare il progetto di una sua individualità rispetto ad essa, inquadrabile in un arco temporalmente delimitato o comunque suscettibile di una valutazione autonoma.
11. Risulta dunque corretta la statuizione della Corte di merito, che ha desunto dalla formulazione del progetto, relativo in un caso allo svolgimento di compiti di “addetto alla rete commerciale per segnalazione e successiva acquisizione di nuovi clienti” e nell’altro “all’incarico di provvedere attraverso verifiche settimanali al coordinamento, all’organizzazione e alla supervisione del magazzino al momento dell’arrivo delle merci tramite container e al relativo stoccaggio, nonché alla supervisione della distribuzione in terraferma” senza delimitazione temporale la coincidenza con l’ordinaria attività aziendale, avente ad oggetto il commercio all’ingrosso di articoli da regalo e souvenirs, mediante uno show room e un magazzino per lo stoccaggio dei prodotti. Ciò la Corte ha fatto infatti nell’accertata insussistenza di alcuna distinzione qualitativa, quantitativa o temporale, rispetto all’ordinaria attività, che vedeva l’organizzazione del magazzino e la vendita come momenti strutturali e permanenti dell’ordinaria attività, sicché la prestazione dei due collaboratori a progetto veniva ad essere coincidente con la normale attività di impresa e rivolta a soddisfare esigenze ordinarie e continuative della stessa.
12. Né in questa sede è sindacabile la ricostruzione fattuale in ordine alle caratteristiche della realtà aziendale, che attiene alla valutazione propria del giudice di merito, in assenza di alcuna puntuale censura ex art. 360 n. 5 c.p.c.
13. In relazione al terzo motivo, la soluzione adottata dal giudice di merito è corretta, dovendosene tuttavia correggere la motivazione nel senso che l’assenza del progetto di cui all’art. 69, comma 1, del d.lgs. n. 276 del 2003, che rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie, ricorre sia quando manchi la prova della pattuizione di alcun progetto, sia allorché il progetto, effettivamente pattuito, risulti privo delle sue caratteristiche essenziali, quali la specificità e l’autonomia (Cass. n. 8142 del 29/03/2017).
14. Questa Corte ha poi chiarito che la disposizione (nella versione “ratione temporis” applicabile, antecedente le modifiche di cui all’art. 1, comma 23, lett. f) della l. n. 92 del 2012), si interpreta nel senso che, quando un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sia instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, non si fa luogo ad accertamenti volti a verificare se il rapporto si sia esplicato secondo i canoni dell’autonomia o della subordinazione, ma ad automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione dello stesso (Cass. n. 17127 del 17/08/2016 e, ancora da ultimo, Cass. n. 28156 del 5/11/2018).
15. Segue coerente il rigetto del ricorso, con la condanna della soccombente al pagamento delle spese processuali in favore dell’Inps-SCCI, liquidate come da dispositivo, mentre non vi è luogo a pronuncia sulle spese in favore della parte rimasta intimata.
16. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’Inps-SCCI, che liquida in complessivi € 5.500,00 per compensi professionali, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.