CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 aprile 2019, n. 9312
Tributi – Utilizzo di fatture per operazioni inesistenti – Rielvanza penale – Raddoppio dei termini di accertamento
Ritenuto che
A. S. ricorre per la cassazione della C.T.R. del Piemonte, n. 1119/2017 dep. il 17/7/2017, che ha accolto l’appello dell’Ufficio in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per Irpef, Iva, Irap anno 2008, e irrogazione di sanzione a seguito di pvc della GGFF nei confronti della ditta individuale Euro intonaci di A. S., dal quale risultavano contestate detrazioni IVA e deduzione di costi a seguito di emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte dei fratelli P. S. e R. P., anch’essi oggetto di accertamento.
La CTR, in riforma della sentenza di primo grado – che aveva accolto il ricorso sul rilievo che il procedimento penale nei confronti del S. era stato archiviato, considerata non provata la sussistenza dei presupposti per il c.d. raddoppio dei termini per l’accertamento – ha dichiarato irrilevante la disciplina sul raddoppio dei termini per l’accertamento. Nel merito, premessa l’autonomia del processo tributario rispetto a quello penale, ha ritenuto assolto l’onere della probatorio dell’Ufficio – che l’operazione commerciale oggetto della fattura non è stata posta in essere ovvero non è stata posta in essere fra i soggetti indicati – accertata la totale assenza di struttura imprenditoriale dei P.; per contro non provata dal contribuente “né la fonte legittima della detrazione e dei costi, né la sua mancanza di consapevolezza di partecipare ad una operazione fraudolenta”, non essendo sufficiente la regolarità delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti. Ha pertanto accolto l’appello dell’Ufficio, statuendo la non detraibilità dell’IVA e la non deducibilità dei costi di cui alle fatture in questione.
L’Agenzia delle Entrate si costituisce ex art. 370 comma 1 c.p.c.. Il ricorrente deposita memoria.
Considerato che
1. Col primo motivo si deduce violazione di legge, ex art. 360 n. 3 c.p.c., in relazione al d.lgs. 128/15 e I. 208/15, riguardando peraltro la notizia di reato gli anni d’imposta dal 2007 al 2010, e non anche gli anni precedenti.
La CTR, in riforma della sentenza di primo grado – che aveva accolto il ricorso sul rilievo che il procedimento penale nei confronti del S. era stato archiviato, considerata non provata la sussistenza dei presupposti per il c.d. raddoppio dei termini per l’accertamento – ha dichiarato irrilevante la (y| disciplina sul raddoppio dei termini per l’accertamento. Nel merito, premessa l’autonomia del processi tributario rispetto a quello penale, ha ritenuto assolto l’onere della probatorio dell’Ufficio – che l’operazione commerciale oggetto della fattura non è stata posta in essere ovvero non è stata posta in essere fra i soggetti indicati – accertata la totale assenza di struttura imprenditoriale dei P.; per contro non provata dal contribuente “né la fonte legittima della detrazione e dei costi, né la sua mancanza di consapevolezza di partecipare ad una operazione fraudolenta”, non essendo sufficiente la regolarità delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti. Ha pertanto accolto l’appello dell’Ufficio, statuendo la non detraibilità dell’IVA e la non deducibilità dei costi di cui alle fatture in questione.
L’Agenzia delle entrate si costituisce ex art. 370 comma 1 c.p.c.. Il ricorrente deposita memoria.
Considerato che
2. Col primo motivo si deduce violazione di legge, ex art. 360 n. 3 c.p.c., in relazione al d.lgs. 128/15 e I. 208/15, riguardando peraltro la notizia di reato gli anni d’imposta dal 2007 al 2010, e non anche gli anni precedenti.
La censura è inammissibile, in quanto non coglie la ratio deciderteli della sentenza impugnata, avendo la CTR escluso la rilevanza della questione del c.d. raddoppio dei termini per l’accertamento, “essendo la notificazione del provvedimento impugnato dal contribuente avvenuta entro i termini quadriennali previsti dagli artt. 43 d.P.R. 600/73 e 57 d.P.R. 602/72”.
3. Col secondo motivo si deduce omesso esame di un fatto decisivo, ex art. 360 n. 5 c.p.c., da cui è derivata l’errata valutazione in ordine alla realizzazione dei lavori da parte dei P.; errata valutazione della consapevolezza del S. di partecipare a operazioni fraudolente. In particolare la CTR non avrebbe considerato fra i documenti prodotti una multa per violazioni del codice della strada ad opera di uno dei P. alla guida di un mezzo del S. e copia dei contratti di subappalto regolarmente trascritti dalle parti, oltre alle bolle di accompagnamento di ritiro dei materiali sui cantieri firmati dai P., a dimostrazione dell’effettivo svolgimento dei lavori oltre all’esistenza di rapporti intercorrenti fra le parti di cui al subappalto. Parimenti la sentenza avrebbe omesso di valutare i fatti che avrebbero escluso la consapevolezza del contribuente per i fatti ascritti al P., quali l’iscrizione dei P. alla Camera di commercio, la multa le bolle di accompagnamento, i pagamenti tracciati, i contratti di subappalto. Dopo l’introduzione del DURC (anno 2010) il S. ha interrotto i rapporti con i P. non in grado di produrre il suddetto documento.
Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
In tema di ricorso per cassazione, il vizio di motivazione su un “fatto controverso e decisivo per il giudizio”, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 40 del 2006, deve riferirsi esclusivamente a fatti principali, ossia a fatti costitutivi, impeditivi, modificativi o estintivi del diritto controverso ex art. 2697 c.c., sicché deve provvedersi all’evidenziazione del carattere decisivo degli stessi, ossia della idoneità del vizio denunciato a determinare una diversa ricostruzione del fatto (da ultimo Cass. n. 33578 del 28/12/2018).
Nella esposizione del motivo manca l’evidenziazione del carattere decisivo dei fatti, inidonei pertanto a giustificare una diversa ricostruzione dei fatti, ossia della capacità del vizio denunciato a determinare una diversa ricostruzione del fatto che ha determinato il giudice all’individuazione della disciplina giuridica applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio di merito e, quindi, di un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo od estintivo del diritto. Sotto un secondo aspetto, la nozione di decisività concerne la stessa idoneità del vizio denunciato, ove riconosciuto, a determinare una diversa ricostruzione e, dunque, asserisce al nesso di casualità fra il vizio della motivazione e la decisione, essendo, peraltro, necessario che il vizio, una volta riconosciuto esistente, sia tale che, se non vi fosse stato, si sarebbe avuta una ricostruzione del fatto diversa da quella accolta dal giudice del merito e non già la sola possibilità o probabilità di essa (Cass. n. 3668 del 14/02/2013, n. 33578 del 28/12/2018, cit.).
Nella fattispecie non costituiscono fatti decisivi nei termini enucleati dalla giurisprudenza sopra richiamata, la mancata valutazione come prova da parte della CTR della multa e l’errata valutazione in ordine alla realizzazione dei lavori da parte dei P..
Il motivo è poi infondato con riferimento alla consapevolezza della frode da parte del contribuente, sul quale incombe la prova contraria, di aver agito in assenza di detta consapevolezza e di aver adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (n. 21104 del 24/08/2018, n. 17619 del 05/07/2018). La CTR ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto sopra indicati, non ritenendo sufficienti, ai fini dell’onere della prova incombente sul contribuente “la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti”, ritenuta dalla giurisprudenza di questa Corte inidonea di per sé a dimostrare la fonte legittima del costo (Cass. n. 11873/18).
4. Il ricorso va conclusivamente rigettato; le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex art. 13 comma 1 bis d.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in €. 5.000,00, oltre spese prenotate a debito; sussistono i presupposti per il versarr del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo unificato ex art. 13 comma 1 bis d.P.R. n. 115/2002.
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