CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 dicembre 2020, n. 27761
Esposizione ad amianto – Riconoscimento dei benefici previdenziali ex art. 13, co. 8, L. n. 257/1992 – Prescrizione decennale del termine di presentazione della domanda
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Torino, con sentenza del 27 febbraio 2017, ha confermato la decisione di primo grado che aveva rigettato, perché prescritta, la domanda svolta da L.V. al fine di ottenere il riconoscimento dei benefici previdenziali previsti dall’art. 13, comma 8, legge n. 257 del 1992, per esposizione ad amianto del defunto coniuge, S.P., in relazione all’attività lavorativa svolta fino al pensionamento (nel 1996) presso lo stabilimento di S.M.;
2. ad avviso della Corte territoriale la prescrizione decennale iniziava a decorrere quantomeno dal 6 marzo 2001, data alla quale risaliva l’atto ministeriale di indirizzo e coordinamento con il quale si riconosceva l’esposizione qualificata di tutti gli addetti operanti in alcuni reparti del predetto stabilimento, fra i quali il reparto oligofrene al quale il lavoratore era addetto, atto la cui conoscenza doveva ritenersi presunta in modo assoluto; inoltre, lavorare in stabilimento della s.p.a. S.S. e nel reparto oligofrene costituivano circostanze sicuramente note al lavoratore per essere noto esservi esposizione quotidiana e continuativa di emissioni di amianto, attraverso l’uso quotidiano di amianto da parte del lavoratore, manutentore dei forni sempre in funzione, coibentati in amianto, materiale con il quale, ad alte temperature, era a contatto quotidiano;
3. ricorre per cassazione L.V. con cinque motivi, illustrati da memoria; l’Inps ha resistito con controricorso, illustrato da memoria;
Considerato che
4. con il primo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza per non avere la Corte territoriale esaminato il motivo di appello con cui si lamentava che il Tribunale, accogliendo l’eccezione di prescrizione del diritto alla rivalutazione del diritto e non quella, sollevata dall’I.N.P.S., di prescrizione dei ratei di maggiorazione pensionistica, aveva mancato di sollecitare il contraddittorio su un profilo rilevato d’ufficio;
5. il motivo va disatteso giacché anche ad ipotizzare che in primo grado si fosse determinato il vizio denunciato, esso avrebbe potuto e dovuto essere fatto valere (come del resto è stato) con il gravame, senza che si potesse determinare alcuna regressione, come la ricorrente denuncia, avanti al Tribunale, non ricorrendo le ipotesi di cui agli artt. 353 e 354 cod.proc.civ. ma solo una nuova disamina di merito, con contraddittorio pieno anche sul punto asseritamente fatto oggetto di rilievo officioso in primo grado, che vi è comunque stata, in difetto dello stesso interesse, per la parte, di far valere un ipotetico, ma ormai superato, vizio processuale asseritamente verificatosi nel primo grado del giudizio;
6. anche il secondo motivo denuncia la nullità della sentenza di appello per avere fatto decorrere la prescrizione da un momento diverso da quello indicato dalle parti in causa;
7. il motivo è infondato in quanto la questione della prescrizione per conoscenza o conoscibilità del diritto rivendicato era già sottoposta al contraddittorio delle parti in appello, mentre l’individuazione dell’uno o dell’altro momento di decorrenza attiene al convincimento di merito sui fatti di causa, laddove i rilievi officiosi ex art. 101, secondo comma, cod.proc.civ., concernono esclusivamente questioni giuridiche (e solo in via indiretta le questioni di fatto ad esse consequenziali) non sollecitate dalle parti (v., fra le altre, Cass. n. 29635 del 2018);
8. con il terzo motivo, denunciando violazione degli artt. 2727, 2728 e 2729 c.c., si assume che il ragionamento della Corte d’Appello violerebbe le norme sulle presunzioni, sia per l’affermata presunzione assoluta di conoscenza dell’atto di indirizzo sia perché si sarebbe determinata una praesumptio de praesumpto, essendosi sommata la deduzione della conoscenza dell’atto di indirizzo, con la deduzione della conoscibilità, attraverso tale atto, della sua esposizione ad amianto;
9. il motivo è da accogliere;
10. invero, più che in tema di presunzione di secondo grado il ragionamento motivazionale della Corte di merito in ordine al presupposto soggettivo di decorrenza della prescrizione (conoscenza o conoscibilità) a partire dalla presunzione assoluta di conoscenza dell’atto ministeriale di indirizzo e coordinamento – con il quale si riconosceva l’esposizione qualificata di tutti gli addetti operanti in alcuni reparti ivi compreso il reparto oligofrene – e dalla notorietà, per il lavoratore, di lavorare in stabilimento e reparto con nota esposizione quotidiana alle emissioni di amianto, si dipana su due fatti paralleli nessuno dei quali fondato su argomenti inferenziali;
11. da un lato non è dato alcun positivo riferimento legislativo che confermi la ricorrenza di una presunzione legale, assoluta o relativa, di conoscenza dell’atto di indirizzo del Ministero del lavoro, dall’altro l’adibizione a mansioni svolte in ambiente notoriamente contaminato si risolve in mera affermazione assertiva;
12. invero, la erronea qualificazione di un fatto come notorio si colloca nell’alveo della violazione di legge, come adeguatamente dedotto dalla ricorrente sotto il profilo dell’erronea applicazione delle norme sulle presunzioni;
13. vale al riguardo il principio per cui «in tema di presunzioni, qualora il giudice di merito sussuma erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione e concordanza) fatti concreti che non sono invece rispondenti a quei requisiti, il relativo ragionamento è censurabile in base all’art. 360, n. 3, c.p.c. (e non già alla stregua del n. 5 dello stesso art. 360), competendo alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se la norma dell’art. 2729 c.c., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell’applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta» (v. Cass. 4 agosto 2017, n. 19485; Cass. 26 giugno 2008, n. 17535);
14. il giudizio sulla gravità e precisione del ragionamento presuntivo, imposto dall’art. 2929 cod.civ., ha per oggetto la ricorrenza della inferenza probabilistica impostata dal giudice del merito per desumere dal fatto noto il fatto ignoto e si concretizza nel controllo, di stretta legittimità, in ordine all’effettiva sussistenza, secondo parametri di elevata probabilità logica insiti nei caratteri stessi di gravità e precisione, della massima di esperienza su cui si è basato quel ragionamento;
15. spetta infatti alla Corte di Cassazione il controllo su tale massima di esperienza, quale parametro di legittimità che la norma pone rispetto, in questo caso, alla valorizzazione della possibile connessione tra determinati fatti quale requisito idoneo a fondare, ai sensi degli artt. 2729 ss. cod.civ., la prova presuntiva;
16. ritiene il Collegio che non risponda ai suddetti criteri desumere la decorrenza della prescrizione, senza ulteriori elementi fattuali, dagli atti amministrativi di indirizzo risalenti al marzo 2001, epoca peraltro successiva al pensionamento del lavoratore (nel 1996), e dall’aver svolto l’attività lavorativa in ambiente notoriamente contaminato, quotidianamente e continuativamente, da emissioni di amianto;
17. il decisivo ragionamento decisionale impostato dalla Corte territoriale risulta, pertanto, intrinsecamente viziato in jure in riferimento al momento di decorrenza della prescrizione ed a quanto a ciò consequenziale;
18. restano assorbiti il quarto ed il quinto motivo di ricorso, con i quali si sostiene, da vari punti di vista, la violazione degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ. e dell’art. 2697 cod.civ., per non avere la Corte di merito attribuito adeguato rilievo ai mezzi di prova volti a corroborare la collocazione temporale della consapevolezza – «da parte della ricorrente dell’esposizione qualificata all’amianto del defunto marito>> – in epoca prossima alla presentazione della domanda amministrativa;
19. la sentenza va pertanto cassata e, per essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va rinviata alla Corte di appello designata in dispositivo affinché proceda a nuovo esame e alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo del ricorso, rigettati il primo e il secondo, assorbiti il quarto e quinto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione.
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