CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 dicembre 2021, n. 38341
Lavoro – Cessione di ramo di azienda – Configurabilità – Crediti – Prova dell’avvenuta interruzione della prescrizione
Rilevato che
1. La Corte di Appello di Salerno ha rigettato il ricorso di A. T. ed ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva rigettato la domanda di condanna della A. s.r.l. al pagamento della somma azionata a titolo di differenze retributive avendone accertato la carenza di legittimazione passiva sul rilevo che la datrice di lavoro era la diversa società A.T.E.C. s.r.l. che era stata posta in liquidazione il 27.7.2010 e cancellata il successivo 28.7.2010.
2. La Corte di merito ha accertato, al pari del primo giudice, che il T., nel periodo dal 6.9.2004 al 14.4.2009, aveva lavorato alle dipendenze dell’ A.T.E.C. Azienda Trasporti Eboli Campagna s.r.l. la quale si è estinta per cancellazione dal registro delle imprese dal 28.7.2010. Conseguentemente ha affermato che il ricorso, successivo all’intervenuta estinzione della società, avrebbe dovuto essere proposto nei confronti dei soci della stessa. Il giudice di secondo grado ha poi escluso che fosse configurabile una cessione di ramo di azienda dalla A.T.E.C. s.r.l. alla società A. s.r.l, avente una diversa compagine sociale ed operante solo dal 27.3.2008, evidenziando che a tal fine non era sufficiente l’avvenuta cessione di beni materiali da parte di L.M., socia anche della nuova società e che non era stata neppure evocata in giudizio, beni che le erano stati assegnati all’atto della liquidazione della vecchia A.T.E.C.. Nella sentenza della Corte di appello si pone in rilievo poi che, comunque, i crediti maturati nel breve periodo di attività alle dipendenze della A. s.r.l. (dal 31.3.2008 al 14.4.2009) si erano prescritti atteso che non risultava essere stato interrotto il termine della prescrizione ritualmente eccepita sin dal primo grado di giudizio.
3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso A. T. che ha articolato quattro motivi ai quali ha opposto difese la A. s.r.l. con controricorso. In vista dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Considerato che
4. Il primo motivo di ricorso – con il quale è denunciata la violazione dell’art. 116 c.p.c., dell’art. 2112 c.c. e dell’art. 115 comma 1 c.p.c. in relazione art. 360 primo comma nn. 3 e 4 c.p.c. – non può essere accolto.
4.1. Con la censura si aggredisce la sentenza nella parte in cui ha ritenuto del tutto carente di legittimazione passiva la A. s.r.l. e si deduce che il giudice di appello sarebbe incorso nella violazione delle disposizioni richiamate poiché avrebbe trascurato di considerare che la stessa società convenuta aveva riconosciuto la sussistenza del rapporto di lavoro dal 1.8.2008 , in relazione al quale risultavano emesse buste paga e rilasciato il CUD, documenti ritualmente depositati in giudizio e, tuttavia, trascurati da entrambi i giudici di merito. Inoltre si evidenzia che dalla visura camerale in atti risulterebbe che vi era stato un conferimento di ramo di azienda relativo al settore delle autolinee e non, come accertato, un conferimento di beni pervenuti alla socia, che poi era entrata nella compagine della A. acquisendo la quota con il conferimento in natura, in sede di liquidazione della società A.T.E.C.. Si sottolinea che quest’ultima circostanza sarebbe incompatibile con la liquidazione della società intervenuta due anni dopo la costituzione della A. s.r.l.. Deduce inoltre che non era stata offerta la prova della proprietà dei beni in capo alla titolare della quota delle due società.
Insiste nel ribadire che vi era la prova dell’effettivo trasferimento del ramo di azienda da ravvisare nei beni oggetto del trasferimento anch’essi risultanti dalla visura della società e sottolinea che, se letti correttamente, da questi documenti sarebbe stato possibile accertare una cessione di ramo di azienda e non, come ritenuto, un conferimento di beni da parte del socio.
4.2. Osserva il Collegio che la censura pur veicolata come una violazione di legge si risolve, nella sostanza, in una diversa ricostruzione dei fatti acquisiti al processo, inammissibile in sede di legittimità.
4.3. Va ricordato infatti che la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi nel caso in cui si prospetti una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (cfr. tra le altre Cass. 27/12/2016 n. 27000) e Cass. 17/01/2019 n. 1229).
4.4. Nessuna di queste ipotesi è denunciata nel motivo di ricorso né è in concreto riscontrabile dall’esame della sentenza impugnata. La Corte territoriale, sulla base dei fatti allegati e delle prove acquisite, ha escluso che fosse ravvisabile la cessione del ramo di azienda da una società all’altra. Ha accertato che la partecipazione alla nuova società da parte di uno dei soci della precedente si era concretizzata in un conferimento di beni ricevuti all’atto della liquidazione della società cessata e poi estinta. Una volta esclusa, sulla base della ricostruzione fattuale sopra riportata, la cessione di ramo di azienda viene meno il presupposto per evocare in giudizio la nuova società e non vi è dubbio che era onere di chi aveva allegato l’avvenuta cessione di ramo provarne l’esistenza al fine di ampliare la garanzia del credito rivendicato. In definitiva il ricorrente si duole della ricostruzione operata dal giudice di merito dei fatti allegati al ricorso e della valutazione, sotto il profilo dell’incidenza probatoria, dei documenti prodotti finendo così per dolersi della valutazione che di tali fatti e di tali documenti è stata effettuata dal giudice del merito. Il motivo, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
5. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione artt. 115, 167, 416 e 437 c.p.c. sottolineandosi che, sin dal primo grado, la società convenuta aveva ammesso di aver avuto alle sue dipendenze il T., seppure per il periodo limitato dal 31.3.2008 al 14.4.2009. Deduce che la Corte di merito, e già il Tribunale, nel dichiarare anche per tale limitato aspetto la carenza di legittimazione attiva della A. s.r.l. era incorsa nella violazione delle citate disposizioni di legge poiché aveva trascurato di considerare fatti, allegati e non specificatamente contestati, anzi ammessi.
6. Con il terzo motivo di ricorso, poi, la questione della pur limitata legittimazione passiva della società è prospettata in termini di omesso esame di fatto decisivo in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c..
Ci si duole della mancata considerazione del fatto, sostanzialmente incontestato, che la A. s.r.l. era stata datrice di lavoro del T. seppur relativamente al breve periodo più sopra ricordato.
7. L’ultimo motivo, infine, denuncia la violazione degli artt. 112 e 115 comma 1 c.p.c. e degli artt. 1219, 2943 e 2948 n. 4 c.c., con riguardo all’omessa valutazione di una prova documentale offerta, ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c.. Deduce il ricorrente che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto della lettera raccomandata inviata alla convenuta il 14-16.5.2012 con la quale erano state rivendicate le somme, dovute, non pagate e poi chieste in giudizio. Sottolinea che tale documento era stato depositato in allegato al ricorso introduttivo e non era stato preso in esame né dal Tribunale né dalla Corte di appello.
8. Il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente, sono fondati e devono essere accolti.
8.1. La Corte territoriale ha dato atto in motivazione del fatto che, seppur per un breve periodo (dal 31.3.2008 al 14.4.2009) il T. aveva lavorato alle dipendenze della A. s.r.l., l’unica società ad essere stata convenuta in giudizio e tuttavia ha ritenuto che i crediti erano prescritti non essendo stata offerta alcuna prova dell’avvenuta interruzione della prescrizione.
8.2. In tal modo il giudice di appello, pur dando atto implicitamente di una limitata legittimazione della società convenuta, ha poi erroneamente trascurato di considerare che nel giudizio di primo grado era stata depositata una lettera raccomandata inviata alla A. s.r.l. in data 14.5.2012 avente ad oggetto proprio la mancata corresponsione di somme spettanti al lavoratore e dovute dalla società convenuta in giudizio. Di tale documento, sicuramente decisivo ai fini della decisione della controversia seppure con riguardo a tale più ridotta domanda, non vi è alcuna menzione nella sentenza del giudice di appello che ne ha omesso l’esame incorrendo nella violazione delle disposizioni di legge denunciate.
8.3. Per tale aspetto la sentenza deve essere cassata e rinviata alla Corte di appello di Salerno che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame della controversia e valuterà l’esistenza del credito vantato nei confronti della società convenuta in giudizio per il periodo di effettiva esistenza del rapporto di lavoro tra le parti tenendo conto della documentazione che risulta prodotta in giudizio dal lavoratore ai fini della avvenuta interruzione o meno della prescrizione.
8.4. Alla Corte del rinvio è demandata inoltre la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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