CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 febbraio 2021, n. 2517
Pensione di inabilità – Requisiti reddituali ex D.L. n. 76/2013 – Applicabilità ai procedimenti amministrativi e giurisdizionali pendenti – Limiti – Pagamento di importi arretrati – Esclusione – Conseguenze
Rilevato che
la Corte d’appello di Napoli, a conferma della sentenza del Tribunale di Nola, ha dichiarato insussistente, in capo a C.D.S., il requisito reddituale di cui alla legge n. 118 del 1971 ai fini dell’erogazione della pensione d’invalidità civile;
ha accertato, sulla base della documentazione prodotta in primo grado dall’appellante, che a far data dal 2008 il suo reddito – soglia risultava essere stato superato, tenuto conto anche della condizione patrimoniale del coniuge;
quanto al reddito posseduto dall’anno 2013, periodo dal quale la legge (D.L. n. 76 del 2013, art. 10) ha stabilito doversi tener conto del solo reddito dell’invalido e non di quello del nucleo familiare, la Corte territoriale ha rilevato il mancato raggiungimento in giudizio della prova della condizione reddituale personale dell’appellante;
la cassazione della sentenza è domandata da C.D.S. sulla base di un unico motivo;
l’Inps ha opposto difese; è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Considerato che
Con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.l, n. 3 e n. 4 cod. proc. civ., la ricorrente deduce “Violazione e falsa applicazione dell’art. 10, co.5 d.l. n. 76 del 2013, conv. in l. n. 99/2013”;
contesta il mancato deposito del certificato attestante il proprio reddito personale; sostiene che il fascicolo di secondo grado contiene autodichiarazione datata 27/5/2014 attestante sia i redditi propri sia quelli del coniuge e, quanto agli anni 2007/2012, afferma di aver depositato il certificato attestante il proprio reddito personale;
si richiama all’art. 10, co.5 del d.l. n. 76/2013, il quale prevede la retroattività del principio in esso contenuto, per le domande in relazione alle quali il procedimento non sia definitivamente concluso oppure il giudizio non sia ancora cessato con sentenza definitiva alla data di entrata in vigore della norma;
chiede l’applicazione del comma 5 della norma richiamata, avendo ella presentato domanda amministrativa prima del 28 giugno 2013 e non essendosi ancora concluso il giudizio alla data dell’emanazione del d.l. n. 76 del 2013 – e conseguentemente chiede il riconoscimento del requisito reddituale con decorrenza anteriore al 28 giugno 2013, senza attribuzione degli arretrati; il motivo è infondato;
la Corte territoriale ha dato corretta attuazione al principio di diritto affermato da questa Corte, la quale, nel prendere in esame la questione prospettata dall’odierna ricorrente ha affermato che “Ai fini della sussistenza del requisito reddituale per il riconoscimento della pensione di inabilità di cui all’art. 12 della l. n. 118 del 1971, l’art. 10, comma 5, del d.l. n. 76 del 2013, conv. con modif. in l. n. 99 del 2013, secondo cui assume rilievo il solo reddito personale dell’invalido e non più quello degli altri componenti il nucleo familiare, trova applicazione, ai sensi del comma 6 dello stesso articolo, anche alle domande amministrative già presentate ed ai procedimenti giurisdizionali non conclusi con sentenza definitiva alla data della sua entrata in vigore, limitatamente al riconoscimento del diritto alla pensione e con esclusione del pagamento di importi arretrati, sicché, in tali casi, l’erogazione della prestazione spetterà sulla base del reddito personale dal 28 giugno 2013 in poi e sulla base del reddito familiare per il periodo antecedente” (Cass. n. 1997 del 2016);
in definitiva, il ricorso va rigettato; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.
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