CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 febbraio 2022, n. 3345
Tributi – Accertamenti bancari – Delega su conti correnti intestati a terzi – Presunzione legale di inerenza ad operazioni imponibili imputabili al contribuente – Esclusione – Onere di prova a carico dell’Amministrazione finanziaria
Rilevato che
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio – Sezione Staccata di Latina il 26 settembre 2019 n. 5469/19/2019, che, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per IRPEF, IRAP ed IVA relative all’anno d’imposta 2012, ha parzialmente accolto l’appello proposto da V. P. nei confronti della medesima avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Latina il 16 maggio 2018 n. 324/04/2018, con compensazione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha parzialmente riformato la decisione di primo grado, sul rilievo della carenza di prova che le movimentazioni bancarie sui conti correnti di terzi fossero state operate dal contribuente nel proprio interesse, avvalendosi della delega conferitagli dagli intestatari. V. P. si è costituito con controricorso. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., la proposta formulata dal relatore è stata notificata ai difensori delle parti con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte. La ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
1. Con il primo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 32, commi 1 e 7, del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, 51, comma 2, n. 2, del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che le operazioni compiute sui conti correnti per i quali il contribuente era stato delegato fossero imputabili ai terzi titolari e che l’intestazione fittizia a questi ultimi dei medesimi conti correnti per occultarne la riconducibilità al contribuente non fosse stata provata.
2. Con il secondo motivo, si denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per non essere stato tenuto in conto dal giudice di appello che il contribuente avesse la disponibilità dei conti correnti intestati ai terzi titolari.
Ritenuto che
1. Il primo motivo è infondato.
1.1 In tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 e 51 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze (tra le tante: Cass., Sez. 5″, 30 giugno 2020, n. 13112; Cass., sez. 5A, 10 giugno 2021, nn. 16465 e 16466; Cass., Sez. 5^, 24 giugno 2021, n. 18109; Cass., Sez. 5″, 27 luglio 2021, nn. 21424 e 21546; Cass., Sez. 6A-5, 9 dicembre 2021, nn. 39057 e 39136).
Dunque, si tratta di presunzione legale iuris tantum che consente di considerare come ricavo riconducibile all’attività professionale o imprenditoriale del contribuente qualsiasi accredito riscontrato sul conto corrente del medesimo (ed anche a quello dei congiunti, in presenza di chiari elementi sintomatici di riferibilità allo stesso dei conti di questi ultimi), e comportante l’inversione dell’onere della prova, spettando a quest’ultimo di superare detta presunzione offrendo la prova liberatoria che dei movimenti sui conti bancari egli ha tenuto conto nelle dichiarazioni, o che gli accrediti (e gli addebiti) registrati sui conti non si riferiscono ad operazioni imponibili, occorrendo all’uopo che venga indicato e dimostrato dal contribuente la provenienza dei singoli versamenti con riferimento tanto ai termini soggettivi dei singoli rapporti, quanto alle diverse cause giustificative degli accrediti (Cass., Sez. 6^-5, 25 giugno 2020, n. 12598).
1.2 Questa Corte, anche di recente, ha ritenuto che, in tema di accertamenti bancari, gli artt. 32, commi 1, n. 1, e 7, del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (in materia di imposte dirette) e 51, comma 2, nn. 2 e 7, del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 (in materia di IVA) – che accordano all’ufficio il potere di richiedere agli istituti di credito notizie dei movimenti sui conti bancari intrattenuti dal contribuente e di presumere la loro inerenza ad operazioni imponibili, ove non si deduca e dimostri che i movimenti medesimi siano stati conteggiati nella dichiarazione annuale o siano ricollegabili ad atti non soggetti a tassazione – trovano applicazione unicamente ai conti intestati o cointestati al contribuente, e non con riguardo a conti bancari intestati esclusivamente a persone diverse, ancorché legate al contribuente da vincoli familiari o commerciali, salvo che l’ufficio opponga e poi provi in sede giudiziale che l’intestazione a terzi è fittizia o comunque è superata, in relazione alle circostanze del caso concreto, dalla sostanziale imputabilità al contribuente medesimo delle posizioni creditorie e debitorie annotate sui conti (tra le tante: Cass., Sez. 6^-5, 20 maggio 2011, n. 11145; Cass., Sez. 5^, 7 giugno 2017, n. 14089; Cass., Sez. 5^, 3 ottobre 2018, n. 24031; Cass., Sez. 5^, 27 dicembre 2018, n. 33449; Cass., Sez. 5^, 23 gennaio 2019, n. 1800; Cass., Sez. 5^, 1 dicembre 2020, n. 27394; Cass., Sez. 5^, 18 dicembre 2019, n. 33596; Cass., Sez. 5^, 30 giugno 2021, n. 18463; Cass., Sez. 6^-5, 8 settembre 2021, n. 24208). Peraltro, questa Corte ha da tempo consentito – a precise condizioni – l’estensione dello scrutinio dell’amministrazione finanziaria anche per verificare le posizioni giuridiche di soggetti terzi legati da particolari rapporti con il contribuente (legami familiari, rapporti di collaborazione e lavoro) utilizzati per scopi elusivi ovvero per evasione fiscale (Cass., Sez. 5^, 23 gennaio 2019, n. 2386; Cas., Sez. 6^-5, 11 febbraio 2020, n. 3211; Cass., Sez. 5^, 19 gennaio 2021, n. 752).
Aggiungasi anche che il conferimento di una delega a favore del contribuente è idoneo a fondare una presunzione circa la riferibilità all’attività imprenditoriale svolta dal medesimo delle movimentazioni (attive e passive) poste in essere sul conto corrente bancario intestato ad un terzo, gravando su quest’ultimo l’onere di fornire la prova contraria (Cass., Sez. 5^, 20 aprile 2018, n. 9845; Cass., Sez. 6^-5, 11 settembre 2018, n. 22089).
1.3 Nella specie, il giudice di appello si è attenuto a tali principi, ritenendo che l’amministrazione finanziaria non avesse provato, nell’ordine, l’intestazione fittizia dei conti correnti intestati a terzi (peraltro, esercenti attività imprenditoriali, al di là del rispettivo legame di convivenza e di parentela collaterale col contribuente), che la delega conferita al contribuente dai terzi intestatari non bastasse da sola a presumere l’intestazione fittizia e che le operazioni accertate non fossero imputabili al delegato bensì ai terzi intestatari dei conti correnti.
2. Anche il secondo motivo è infondato.
2.1 L’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., nel testo riformulato dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito, con modificazioni, nella Legge 7 agosto 2012 n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (tra le tante: Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054; Cass., Sez. 6″-3, 27 novembre 2014, n. 25216; Cass., Sez. 2″, 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., Sez. Lav., 21 ottobre 2019, n. 26764; Cass., Sez. 5″, 12 luglio 2021, nn. 19820, 19824, 19826 e 19827; Cass., Sez. 5^, 22 luglio 2021, n. 20963; Cass., Sez. 5^, 27 luglio 2021, n. 21431). L’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come riformulato dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito, con modificazioni, nella Legge 7 agosto 2012 n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., Sez. 1^, 14 settembre 2018, n. 26305; Cass., Sez. 6^-1, 6 settembre 2019, n. 22397; Cass., Sez. 5^, 11 maggio 2021, n. 12400; Cass., Sez. 5^, 24 luglio 2021, nn. 21457 e 21458) né l’omessa disanima di questioni o argomentazioni (Cass., Sez. 6^4, 6 settembre 2019, n. 22397; Cass., Sez. 5^, 20 aprile 2021, n. 10285).
2.2 Peraltro, in tema di ricorso per cassazione, la deduzione avente ad oggetto la persuasività del ragionamento del giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie attiene alla sufficienza della motivazione ed è, pertanto, inammissibile ove trovi applicazione l’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione novellata dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito, con modificazioni, nella Legge 7 agosto 2012 n. 134 (Cass., Sez. 6^-5, 15 maggio 2018, n. 11863; Cass., Sez. 5^, 10 novembre 2020, nn. 25255 e 25256; Cass., Sez. 5^, 3 novembre 2021, nn. 31510 e 31512). In ogni caso, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. cív., qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato, comunque, preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. 6^-5, 7 8 novembre 2019, n. 28887; Cass., Sez. 5^, 12 luglio 2021, n. 19777; Cass., Sez. 2^, 19 luglio 2021, n. 20553; Cass., Sez. Lav., 14 settembre 2021, n. 24698).
2.3 Nella specie, il mezzo lamenta l’omesso esame del conferimento della delega al contribuente da parte della convivente more uxorio e di un parente in linea collaterale, ciascuno intestatario di un conto corrente a proprio nome, di cui, però, il giudice di merito ha ampiamente tenuto conto in motivazione.
3. Valutandosi la infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato.
4. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del controricorrente, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi e di € 7.800,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge.