CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 febbraio 2022, n. 3452
Omissione contributiva – Attività professionale – Doloso occultamento del debito – Omessa compilazione del cd. quadro RR – Sospensione della prescrizione
Rilevato che
1. la Corte di appello di Roma ha accolto l’appello proposto dall’avv. S.V., dichiarando prescritti i contributi dovuti alla Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, per l’attività professionale svolta nell’anno 2011;
2. per quanto qui rileva, la Corte territoriale ha dichiarato che la pretesa contributiva dell’I.N.P.S., di cui al primo atto interruttivo notificato alla contribuente solo in data 7 settembre 2017, fosse prescritta in quanto il dies a quo andava computato con decorrenza dalla data di scadenza del termine per il pagamento dei medesimi contributi previdenziali, che, nel caso in esame, scadeva il 16 giugno 2012, infondato l’ulteriore rilievo dell’I.N.P.S. in ordine alla asserita sospensione della prescrizione ex art. 2941, n. 8, cod. civ., per l’incompleta dichiarazione dei redditi, con particolare riferimento all’omessa individuazione degli obblighi contributivi riconnessi al lavoro autonomo soggetto a contribuzione per la gestione separata, in quanto la dolosa volontà del contribuente di occultare il proprio debito previdenziale non poteva evincersi dalla sola mancata compilazione del cd. “quadro RR” del modello di dichiarazione dei redditi, non essendo ravvisabile un comportamento intenzionalmente diretto ad occultare al creditore l’esistenza dell’obbligazione, considerato che nella dichiarazione erano stati comunque indicati i redditi professionali, risultando piuttosto l’omissione di natura colposa, frutto piuttosto di incertezze e contrasti interpretativi in materia;
3. avverso tale pronuncia l’I.N.P.S. ha proposto ricorso per cassazione deducendo un unico motivo di censura;
4. l’avv. S.V. ha resistito con controricorso;
5. è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Considerato che
1. con l’unico motivo di ricorso l’I.N.P.S. deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2941, n. 8, cod. civ. in relazione all’art. 2, commi 26-31, della legge n. 335 del 1995, all’art. 18, comma 12, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv. con modif. in legge n. 15 luglio 2011, n. 111, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la Corte territoriale ritenuto che, nel caso di libero professionista, iscritto d’ufficio dall’I.N.P.S. alla Gestione separata, la prescrizione è sospesa, per doloso occultamento del debito, qualora in occasione della presentazione della dichiarazione dei redditi ometta la compilazione del cd. quadro RR;
2. il motivo è infondato per le medesime ragioni evidenziate con le ordinanze di questa Corte (Sez. 6-L. 15/03/2021, n. 7254, Sez. 6-L. 14/10/2021, n. 28088, nonché, ancor più di recente, Sez. 6-L. 30/11/2021, n. 37529), pronunciate in fattispecie analoghe a quella oggetto di causa, ed alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ.;
3. in particolare, premesso che l’operatività della causa di sospensione della prescrizione, di cui all’art. 2941, n. 8, cod. civ., «ricorre quando sia posta in essere dal debitore una condotta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito» (Cass. Sez. L. 24/07/2018, n. 19640, in conformità ad indirizzo consolidato: ex multis, Cass. Sez. L. 13/10/2014, n. 21567), la Corte territoriale ha correttamente motivato sulla infondatezza della censura formulata dall’I.N.P.S., in quanto ha ritenuto, in riferimento al caso di specie, che la mancata denuncia del reddito non equivalga ad un doloso e preordinato occultamento del debito contributivo per essere piuttosto imputabile alle incertezze interpretative in materia, dovendosi comunque escludere la configurabilità di un impedimento assoluto, non scongiurabile con i normali controlli;
4. tale accertamento in fatto da parte dei giudici di appello non è suscettibile di riesame in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come peraltro affermato da questa Corte anche nella ordinanza n. 6677 del 07/03/2019, dovendosi escludere che possa stabilirsi un automatismo, come sembra assumere l’Istituto, tra la mancata compilazione del quadro RR nella dichiarazione dei redditi e l’occultamento doloso del debito contributivo;
5. alla soccombenza segue la condanna dell’Istituto ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo;
9. occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna l’Istituto ricorrente alla refusione delle spese processuali, che liquida in euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
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