CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 gennaio 2019, n. 42
Accertamento a rettifica delle dichiarazioni Irpeg, Ires e Irap – Attività di assicurazione rischi per danni
Rilevato
che a seguito di pvc redatto il 24 novembre 2005, la contribuente era destinataria 24 ottobre 2008 di due avvisi di accertamento a rettifica delle dichiarazioni Irpeg, Ires e Irap per gli anni 2003 e 2004 in ordine alla sua attività di assicurazione rischi per danni;
che in questa sede interessano due profili: il primo attiene all’iscrizione delle riserve per sinistri, dove l’Ufficio contestava essere stato redatto prospetto di esercizio al 31 dicembre, approvato a metà marzo dell’anno successivo, mantenendo come riserva (e, quindi, sottraendo alla base imponibile) anche l’imposto relativo a sinistri dell’esercizio chiuso che già erano stati liquidati o per cui non c’era stata liquidazione ovvero era stata definita in cifra minore al previsto, ma la cui notizia era arrivata successivamente alla chiusura ancorché prima dell’approvazione del bilancio;
che il secondo profilo riguarda le deduzioni di spesa per due voci: una riguardante una Convention tenuta a Lisbona, con partecipazione di dipendenti, clienti e loro familiari, altri ospiti terzi;
l’altra relativa a due convegni tematici (Il broker come progettista del servizio assicurativo delle pubbliche amministrazioni;
Responsabilità penale e civile del professionista – gestione dei rischi e dei sinistri), per cui si contestava la natura di spese di pubblicità interamente deducibili, ovvero di spese di rappresentanza, solo parzialmente deducibili;
che il giudice di prossimità accoglieva sostanzialmente le ragioni della contribuente, sicché spiccava appello l’Ufficio, ove trovava accoglimento solo per la parte relativa alle spese dei convegni che erano ritenute di rappresentanza, mentre le spese per la Convention celebrata a Lisbona erano qualificate di pubblicità;
che propone ricorso per cassazione l’Avvocatura dello Stato, affidandosi a due motivi di gravame;
che contro ricorre e propone ricorso incidentale la contribuente;
che in prossimità dell’udienza la contribuente ha depositato memoria .
Considerato
che occorre preliminarmente esaminare le eccezioni pregiudiziali di inammissibilità prospettate dalla controricorrente, segnatamente (pag. 27) di carenza di specificità dei motivi, di carenza delle “ragioni di diritto” in violazione dell’art. 366 comma primo, n. 4 cod. proc. civ.;
che dall’esame del ricorso di individua il momento di sintesi (pag. 33) con l’indicazione della questione di diritto, posta in termini di alternativa e con riferimento alle ragioni di diritto in rapporto alla sentenza gravata;
che ancora parte contribuente (pag. 34) prospetta giudicato interno per mancata riproposizione di doglianza in ordine alla deducibilità degli accantonamenti per riserve tecniche obbligatorie, nonché inammissibile richiesta di riedizione di accertamento di fatto in ordine alla prova che la riserva non abbia ecceduto il limite massimo;
che l’eccezione, per un verso, non assolve l’onere l’autosufficienza non potendosi verificare l’asserita acquiescenza al capo di sentenza, che invece risulta gravato proprio dal tenore delle difese in appello spiegate dalla contribuente e riassunte a pag. 16 del proprio ricorso per cassazione; per altro verso, non si tratta di riedizione della prova, bensì di interpretazione della norma sull’onere della prova e su chi gravi l’onere di fornirla;
che le eccezioni pregiudiziali di rito vanno quindi disattese e che si può procedere all’esame dei motivi di ricorso;
che con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli 103, comma secondo, vecchio testo e 111 comma primo, nuovo testo, d.P.R. n. 917/1986; articoli 7 comma primo, 8 comma primo, 33 commi primo, secondo e terzo, d.lgs. n. 173/1997; articoli 2423 comma secondo, 2423 bis comma primo, n. 1, 3 e 4, 2697 cod. civ., tutti in parametro all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.;
che nella sostanza si controverte se ai fini fiscali debbano essere espunte dalle riserve le somme appostate nel prospetto di bilancio redatto al 31 dicembre e relative a sinistri che siano stati definiti, riconosciuti inesistenti o non onerosi successivamente a tale data, ma entro l’approvazione di bilancio;
che, in altri termini, l’Ufficio ritiene necessario un aggiornamento della “fotografia” dell’esercizio chiuso, fino al momento dell’approvazione del relativo bilancio, mentre la CTR (e la contribuente) lo ritengono concretamente impossibile (e giuridicamente non dovuto);
che questa Corte ha già affrontato, anche di recente il tema, affermando i seguenti principi cui si intende qui dare continuità; che il bilancio delle società di assicurazione ha un processo “industriale” invertito, in quanto prima vengono riscossi i premi dagli assicurati (i ricavi) e solo successivamente, si provvede ad iscrivere in bilancio le riserve “sinistri”, proprio per approntare le somme da versare come indennizzo nel momento in cui si saranno verificati i sinistri, sicché la riserva svolge una funzione di garanzia per il futuro adempimento dell’obbligo di pagamento degli indennizzi (Cass.Civ., 11 maggio 2018, n. 11443), e sono alimentate dagli accantonamenti stanziati in ciascun esercizio in relazione a sinistri che si sono già verificati nell’esercizio in corso o in esercizi precedenti, ma non sono stati ancora liquidati, secondo il criterio del “costo ultimo” elaborato con un sistema di calcolo misto analitico e statistico attuariale;
che l’art. 103 del d.p.r. 917/1986, all’epoca vigente, dispone che “Nella determinazione del reddito delle società e degli enti che esercitano attività assicurative sono deducibili…gli accantonamenti destinati a costituire o ad integrare le riserve tecniche obbligatorie fino alla misura massima stabilita a norma di legge“, con un evidente rinvio alle norme speciali;
che l’art.33 comma 1 d.l.g.s. 173/1997 dispone: “Le imprese debbono costituire alla fine di ogni esercizio la riserva sinistri, iscrivendo nel bilancio l’ammontare complessivo delle somme che, da una prudente valutazione effettuata in base ad elementi obiettivi, risultino necessarie per far fronte al pagamento dei sinistri avvenuti nell’esercizio stesso o in quelli precedenti, e non ancora pagati, nonché alle relative spese di liquidazione”, mentre al secondo comma specifica: “La riserva deve essere valutata in misura pari al costo ultimo, per tener conto di tutti i futuri oneri prevedibili, sulla base di dati storici e prospettici affidabili…”;
che numerosi elementi depongono per imputare all’esercizio successivo a quello chiuso al 31 dicembre tutti gli eventi verificatisi dopo quella data e fino all’approvazione del bilancio;
che come già evidenziato da questa Corte, la questione che si pone non è stabilire quando sorge l’obbligazione risarcitoria, ma determinare il momento in cui l’obbligazione deve considerarsi giuridicamente e, soprattutto, economicamente, estinta, in quanto solo in quel momento il sinistro diviene irrilevante, salvo che ai fini statistico attuariali (Cass. n. 16332/2012);
che inoltre, l’art. 2423 bis n. 4 c.c. prevede che “Nella redazione del bilancio devono essere osservati i seguenti principi… 4) si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se conosciute dopo la chiusura di questo”, pertanto, ciò di cui deve tenersi conto dopo la chiusura dell’esercizio non riguarda la diminuzione delle componenti negative di reddito, ma, in base al principio di “prudenza”, il sopraggiungere di “rischi” o di “perdite”, quindi l’incremento degli elementi passivi;
che, conseguentemente, l’ammontare delle riserve tecniche iscritte in bilancio al 31 dicembre va modificato solo se la liquidazione o i pagamenti realizzati dopo la chiusura del bilancio palesino una sottovalutazione dell’ammontare delle stesse (Cass.Civ., 16332/2012);
che non si può, invece, procedere alla indicazione di utili “non realizzati” alla data di chiusura dell’esercizio ai sensi dell’art. 2423 bis comma 1 n. 2 c.c. (“si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell’esercizio”);
che al principio della “prudenza” sì collega anche il meccanismo di computo della riserva sinistri, ancorato sia al costo “ultimo”, in grado di tenere conto di tutti i futuri oneri prevedibili, sia al criterio del costo “medio” per gruppi di sinistri omogenei, ai sensi dell’art. 33 commi 2 e 3 del d.lgs. 173 del 1997, tanto che la circolare Isvap 360 D del 21-1-1999 prevede che il valore della riserva sinistri “debba essere il risultato di una valutazione tecnica complessiva multifase”;
che non si tratta, allora, di meri accadimenti “finanziari” che integrano condizioni già esistenti alla data di chiusura del bilancio, ma di accadimenti del tutto nuovi;
che l’art. 2428 comma 2 n. 5 c.c., poi, all’epoca vigente (abrogato dall’art. 6 comma 11. del d.lgs. 18-8-2015, n. 139), dispone che “Il bilancio deve essere corredato da una relazione degli amministratori” e che “dalla relazione devono in ogni caso risultare:…5) i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio”, ma tale relazione è destinata ai soci, mentre di tali fatti non deve essere data indicazione nel bilancio di esercizio anteriore: la nota integrativa è infatti, elemento del bilancio, mentre la relazione sulla gestione si colloca al di fuori di esso;
che in ordine alla questione della rilevanza di pagamenti o liquidazioni effettuati tra la data di chiusura dell’esercizio e la data di approvazione del bilancio, che il pagamento non fornisce affatto l’evidenza di condizioni già esistenti alla data di chiusura dell’esercizio, perchè “a quella data non esisteva alcuna condizione dell’estinzione del debito, che si verifica solo con il pagamento o per altra causa estintiva certa” (cfr. Cass. n. 16332/2012);
che, se si dovessero indicare in bilancio tutte le variazioni che accadono dopo la chiusura dell’esercizio diverrebbe assai arduo procedere alla redazione del bilancio “definitivo”, senza contare che, pure considerando la possibilità di ricomprendere nel bilancio anche le movimentazioni effettuate sui sinistri in data successiva alla chiusura dell’esercizio, vi sarebbe comunque un periodo di scopertura durante il quale l’attività gestionale sui sinistri non potrebbe essere presa in considerazione, sia che si faccia riferimento alla data di approvazione del bilancio, sia alla data di presentazione del bilancio (Cass. n. 16332/2012);
che, infine, deve rilevarsi che della diminuzione degli importi della riserva sinistri, a seguito delle intervenute transazioni ed accertamenti di sinistri non indennizzabili (sinistri senza seguito) dopo la chiusura dell’esercizio, se ne terrà conto nell’anno di imposta successivo, in quanto la riduzione della riserva sinistri, comportando una “sostanziale” riduzione dei costi, darà luogo ad una sopravvenienza attiva tassabile, della quale si darà conto nella nuova relazione del collegio sindacale ai sensi dell’art. 2428 c.c.;
che il primo motivo è quindi infondato e va disatteso;
che con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (ultrapetizione) e 46 d.lgs. n. 546/1992 in parametro all’art. 360, comma primo, n. 4 cod. proc. civ.;
che, in concreto, si osserva esser stato sollevato in primo grado dal patrono della contribuente l’eccezione per cui la sovrastima delle riserve ha comportato anche una sovrastima nelle riserve dei riassicuratori iscritte negli attivi dei medesimi bilanci e che andrebbero proporzionalmente ridotte, motivo non esaminato dai giudici di primo grado e non riproposto in grado d’appello, seppure il giudice di secondo grado ha posto il motivo a base del suo decidere, donde la violazione delle norme indicate;
che il motivo è inammissibile poiché la questione è logicamente consequenziale a quella principale esposta nel primo motivo sopra dichiarato infondato;
che si può passare all’esame del ricorso incidentale che ha ad oggetto i due convegni le cui spese sono state ritenute dalla CTR solo parzialmente deducibili;
che con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 108 d.P.R. n. 917/1986, in parametro all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.;
che con il secondo motivo si censura l’insufficiente motivazione su di un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in parametro all’art. 360 comma primo, n. 5 cod. proc. civ.;
che i motivi possono essere trattati congiuntamente vertendosi della medesima circostanza, cioè della natura delle spese sostenute dalla Società, ora come violazione di legge, ora come vizio di motivazione;
che viene richiamata la distinzione fra spese di rappresentanza, tese all’immagine dell’impresa, quindi con natura soggettiva; rispetto alle spese di pubblicità, che mirano a promuovere il prodotto, quindi con natura oggettiva;
che, non di meno, questa distinzione è riconosciuta labile anche dall’Amministrazione finanziaria, specialmente per quei prodotti immateriali come quelli assicurativi, in cui la solidità del prodotto è spesso ancorata all’affidabilità dell’impresa;
che, non di meno, a fronte della consapevolezza di tale distinzione, la sentenza impugnata ha fatto riferimento al testo di legge, con esegesi letterale della disposizione in allora vigente che non è affetta da vizio interpretativo o applicativo e che nella sua concisione dimostra adeguata motivazione nel fare espresso richiamo alla norma;
che, altresì, nell’applicazione della norma di riferimento, la CTR si è attenuta ai consolidati principi di questa Corte in materia di spese di rappresentanza e convegni (cfr. Cass. n. 28625/2017);
che i motivi sono quindi infondati e vanno disattesi; che il ricorso incidentale, in definitiva, è infondato e va rigettato;
che la reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, compensa fra le parti le spese del giudizio di legittimità.
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