CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 giugno 2019, n. 15149
Tributi – Soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 in Sicilia – Imposte versate per il triennio 1990-1992 in misura superiore al 10 per cento – Istanza di rimborso del datore di lavoro in qualità di sostituto d’imposta per le ritenute su redditi di lavoro dipendente – Illegittimità
Fatti e ragioni della decisione
Con la sentenza impugnata la CTR della Sicilia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da A. E. avverso il diniego opposto dall’amministrazione finanziaria al rimborso della quota pari al 90 per cento delle imposte IRPEF versate per gli anni 1990, 1991 e 1992, richiesto dalla predetta contribuente. Secondo la CTR era fondata la domanda di rimborso, a nulla rilevando la qualità di sostituito d’imposta del contribuente.
Per la cassazione della sentenza di appello ricorre con due motivi l’Agenzia delle Entrate.
Si è costituita con controricorso la parte resistente.
L’Agenzia ha depositato memoria.
Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 9, c.17 l. n. 289/2002, nonché degli artt. 1, c.655 l. n. 190/2012 e della direttiva n. 77/388/CEE come interpretata dagli organi dell’UE. Con il secondo motivo si prospetta la violazione dell’art. 1, c.665 l. n. 190/2014. Secondo la ricorrente la contribuente svolgeva pacificamente attività d’impresa, per cui non le era dovuto il chiesto rimborso.
I motivi, che meritano un esame congiunto in relazione al contenuto omogeneo delle censure, sono fondati.
Secondo la ricorrente la CTR, sulla residua pretesa relativa, pacificamente, a redditi da lavoro autonomo ritratti dal contribuente, dopo che il predetto aveva rinunziato al rimborso delle somme relative a ritenute d’acconto correlate a redditi da lavoro dipendente trattenute dal datore di lavoro, avrebbe riconosciuto il rimborso di somme in favore di esercente attività di lavoro autonomo, ancorché ciò fosse impedito dalla piena assimilabilità di tali redditi a quelli da attività d’impresa, per i quali era stato escluso il diritto al rimborso dalle pronunzie degli organi eurounitari sopra indicati.
Il ricorso è fondato nei termini di seguito esposti.
Ed invero, come già chiarito da questa Corte in pronunzie relative a materia omogenea a quella qui in esame, il diritto al rimborso delle imposte versate per il triennio 1990- 1992 in misura superiore al 10 per cento, previsto dall’art. 9, comma 17, della legge n. 289 del 2002, in favore dei «soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’articolo 3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990», è espressamente escluso per «quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione europea», atteso che la Corte di giustizia nella sentenza del 17/07/2008, in causa C-132/06, aveva già rilevato l’incompatibilità delle disposizioni condonistiche di cui alla legge n. 289 del 2002 con il sistema comune dell’IVA, in quanto, introducendo rilevanti differenze di trattamento tra i soggetti passivi sul territorio italiano, alteravano il principio di neutralità fiscale.
Ciò posto, questa Corte ha già affermato (Cass. n. 29905 del 2017 e n. 3070 del 2018, Cass. n. 14324/2018 di questa Sottosezione) che «la nozione euro-unitaria d’impresa include qualsiasi entità che eserciti un’attività economica a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento, laddove costituisce attività economica qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato (Corte giustizia: 23/04/1991, Hofner & Elser; 16/11/1995, Fédération française des sociétés d’assurances; 11/12/1997, Job Centre; 16/06/1987, Commissione vs. Italia; 01/07/2008, Motoe; 26/03/2009, Selex Sistemi Integrati)». Si è aggiunto che ciò «si raccorda sia con la normativa fiscale europea, laddove si stabilisce che è soggetto passivo d’imposta sul valore aggiunto “chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività” (art. 9, 51, Direttiva UE, n. 2006/112/CE; conf. art. 4, Direttiva UE, n. 77/388/CE), sia con la normativa europea sugli appalti pubblici, laddove si stabilisce che “i termini imprenditore, fornitore e prestatore di servizi designano una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti e servizi” (art. 1, 8, Direttiva UE, n. 2004/18/CE)»; che tale nozione è stata recepita dalla decisione del 14/08/2015, C (2015) 5549 final, 5 134, della Commissione UE, là dove si afferma che i «soggetti che non svolgono attività economica (…) non vanno considerati come imprese»; e che «ciò significa che non importa neppure che l’attività economica possa essere una libera professione regolamentata e che le prestazioni possano essere intellettuali, tecniche o specialistiche (v. Commissione UE, 30/01/1995, n. 95/188/CE; conf. Corte giustizia, 23/04/1991, Hoefner e 18/06/1998, Commissione vs. Italia)». Va, pertanto, considerata attività d’impresa quella svolta dal lavoratore autonomo, com’è la contribuente.
In recenti decisioni (Cass. n. 29905 del 2017 e n. 3070 del 2018, di questa Sottosezione) si è ancora aggiunto che secondo la Commissione UE che «una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime non costituiscano di per sé aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perché il beneficio individuale è concesso a soggetti che non svolgono un’attività economica e che pertanto non vanno considerati come imprese oppure perché il beneficio individuale è in linea leoni il regolamento de minimis applicabile 5 Corte di Cassazione – copia non ufficiale oppure perché il beneficio individuale è concesso in conformità di un regime di aiuto approvato o un regolamento di esenzione)» (p. 134 della “decisione”).Una volta accertato lo svolgimento da parte del contribuente di un’attività economica assoggettata ad imposizione sul valore aggiunto e sulle attività produttive, il giudice di merito è tenuto a verificare in concreto che il beneficio individuale sia in linea con il regolamento de minimis applicabile (artt. 2 e 3 dee. cit.), “tenendo conto, in specie, che la regola de minimis, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1 TFUE, può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza” (Cass., n. 22377/2017, cit.; conf. Cass.n. 29905/2017). In difetto, il giudice di merito deve valutare la sussistenza delle condizioni che, secondo la ridetta decisione della Commissione UE, fanno ritenere comunque compatibili gli aiuti in esame con il mercato interno, ai sensi dell’art. 107, par. 2, lett. b) TFUE, ovvero che si tratti di “aiuti destinati a compensare i danni causati da una calamità naturale” (5 150, lett. b), dee. cit.), sempre che sussista “un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alle calamità naturali in oggetto e l’aiuto di Stato concesso a nonna delle misure in esame” (5 136 dee. cit.); il che presuppone necessariamente (ma non unicamente) che il beneficiario abbia sede operativa nell’area colpita dalla calamità naturale al momento dell’evento, e che sia evitata una sovracompensazione rispetto ai danni subiti dalla impresa, scorporando dal danno accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o da altre misure di aiuto (5 148 dee. cit.); inoltre, per il rispetto del principio de minimis, non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, 6 Corte di Cassazione – copia non ufficiale dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento dei primo (Cass., Sez. lav., 09/06/2017, n. 14465). Al riguardo si è ancora chiarito che la prova delle suddette circostanze è a carico del soggetto che invoca il beneficio, ma, in sintonia con quanto affermato da Cass. n. 22377 del 2017, l’applicazione dello ius superveniens, rappresentato dalla vincolante decisione della Commissione UE (sopravvenuta nel corso del giudizio di appello) e la sua diretta incidenza sulla decisione della lite, nel determinare la cassazione della sentenza delle commissione regionale, consentono alle parti l’esibizione, in sede di rinvio, di quei documenti prima non ottenibili ovvero l’accertamento di quei fatti che in base alla precedente disciplina non erano indispensabili, ma che costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica.
Dovendo quindi dare continuità ai principi già espressi da questa Corte e sopra riportato, è evidente come la CTR non si sia ad essi allineata, avendo totalmente tralasciato di esaminare l’incidenza della tipologia di attività svolta dal contribuente ai fini della richiesta di rimborso.
Pertanto, il ricorso va accolto nei termini di cui in motivazione e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente CTR.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Sicilia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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