CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 luglio 2018, n. 17337
Tributi locali – ICI – Accertamento – Agevolazioni fiscali – Terreni – Comproprietà
Rilevato che
1. Con ricorso per cassazione affidato a un motivo, illustrato da memoria, nei cui confronti la parte contribuente non ha spiegato difese scritte, il comune ricorrente impugna la sentenza della CTR dell’Emilia-Romagna, relativa ad un avviso d’accertamento ICI per il 2004 riferito a un terreno edificabile, ma utilizzato ad uso agricolo da uno dei comproprietari del fondo (diverso dal ricorrente), in qualità di coltivatore diretto avente tutti i requisiti soggettivi per usufruire dell’agevolazione fiscale.
2. La questione controversa è se l’agevolazione fiscale per il pagamento dell’ICI debba essere limitata soggettivamente a chi abbia i requisiti per fruirne, ovvero possa essere estesa anche agli altri comproprietari del terreno che non lo utilizzano a fini agricoli. Il comune di Nonantola deduce la violazione e falsa applicazione di nonne di diritto, in particolare, dell’art. 2, comma 2 – lett. b) e dell’art. 9, comma 1, del d.lgs. 30/12/1992, n.504 e dell’art. 58, comma 2, del d.lgs. 15/12/1997, n.446, in relazione all’art. 360, primo comma – n. 3, cod. proc. civ. in quanto, ad avviso del comune ricorrente, l’agevolazione fiscale non potrebbe estendersi a tutti i comproprietari “non qualificati” del terreno, intendendosi per tali, quelli che non svolgono attività agricola sul fondo, e ciò, in quanto, la predetta agevolazione tributaria riferita all’ICI, ad avviso dell’ente impositore, avrebbe natura soggettiva nei soli confronti di coloro che hanno i requisiti per beneficiarne e non potrebbe estendersi agli altri comproprietari del fondo privi dei prescritti requisiti di legge, come sarebbe dato desumere dal combinato normativo di cui alla rubrica.
3. Il Collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata.
Considerato che
1. Il ricorso è infondato.
Costituisce, infatti, jus receptum il principio di diritto secondo cui: In tema di agevolazione ai fini ICI, la qualità agricola di un terreno pur potenzialmente edificabile, posseduto e condotto da uno dei comproprietari avente i requisiti soggettivi e oggettivi di cui agli artt. 2, comma 1, lett. b), e 9, comma 1, del d.lgs. n. 504 del 1992, trova applicazione anche in favore degli altri comproprietari che non esercitano sull’onda l’attività agricola, in quanto la destinazione agricola di un’area è incompatibile con la possibilità dello sfruttamento edilizio della stessa” (Cass. 25/05/2017, n. 13261 e 30/06/2010, n. 15566; conf. Cass. 27/10/2017, n. 25596; 27/09/2017, n. 22486; 05/07/2011, n. 14824; 29/07/2011, n. 16636).
2. I diversi precedenti di legittimità invocati dal comune – riguardando casi diversi, quali il comodato al figlio o l’affitto a terzi — non resistono ad un corretto esame “distintivo”, perché essi colgono vicende civilisticamente e fiscalmente diverse rispetto alla coltivazione diretta da parte del comproprietario, il quale può servirsi della cosa comune nei limiti di cui all’art. 1102 cod. civ., anche nell’interesse di tutti, senza che il fatto che i comunisti possano regolare i loro interessi per via negoziale, possa avere un rilievo di per se stesso decisivo.
3. Più in dettaglio questa Corte ha chiarito, riguardo all’approdo ermeneutico qui condiviso, che “Tale conclusione si impone …… in forza di una interpretazione letterale e sistematica del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1 lett. b). Ai sensi di questa disposizione, infatti, un terreno, pur suscettibile di utilizzazione edificatoria, deve considerarsi agricolo, ai fini della applicazione dell’imposta, laddove ricorrano tre condizioni: a) il possesso dello stesso da parte di coltivatori diretti o di imprenditori agricoli a titolo principale: b) la diretta conduzione del medesimo da parte dei predetti soggetti; c) la persistenza dell’utilizzazione agro-silvo-pastorale, mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione” (Cass. n. 15566/10, cit.). Ne deriva che, “Ricorrendo tali presupposti, il terreno soggiace all’imposta in relazione al suo valore catastale, dovendosi prescindere dalla sua obiettiva potenzialità edilizia. La considerazione, in questi casi, dell’area come terreno agricolo ha quindi carattere oggettivo e, come tale, si estende a ciascuno dei contitolari dei diritti dominicali. Ciò in quanto la persistenza della destinazione del fondo a scopo agricolo integra una situazione incompatibile con la possibilità del suo sfruttamento edilizio e tale incompatibilità, avendo carattere oggettivo, vale sia per il comproprietario coltivatore diretto che per gli altri comunisti” (sent. ult. cit.).
4. La diversa soluzione, prospettata dalla difesa comunale, “…in realtà confonde e sovrappone l’applicazione di due norme che, nonostante talune interferenze, disciplinano situazioni diverse: quella di cui all’art. 2, comma 1, lett. b), che ha riguardo alla qualificazione dell’area ai fini del criterio del calcolo della base imponibile (art. 5 del decreto citato) ed ha carattere oggettivo, e quella di cui all’art. 9 dello stesso decreto, che invece introduce agevolazioni, di carattere soggettivo, ai fini del calcolo dell’imposta in concreto applicabile. Evidente del resto la relatività a cui condurrebbe la conclusione criticata, che, in caso di comunione, porterebbe a qualificare un medesimo bene nello stesso tempo come edificabile ovvero come agricolo a seconda della qualità soggettiva dei contribuenti” (sent. ult. cit.).
5. Nel caso di specie, il terreno in oggetto è interamente posseduto e condotto, esercitandovi pacificamente attività agricola, da un soggetto che ne è comproprietario e che possiede i requisiti di cui al comma 1 dell’art. 9 del d.lgs. n. 504/92, pertanto, l’agevolazione fiscale, essendo correlata a un requisito, lo svolgimento di attività agricola, che è incompatibile con la possibilità di sfruttamento edificatorio dell’area, si riflette anche a favore degli altri comproprietari, i quali, ai sensi dell’art. 1102 cod. civ., non possono alterare la destinazione del fondo che è finalizzata all’esercizio dell’attività agricola da parte di un coltivatore diretto dimodoché, gli stessi, si trovano in una situazione d’impossibilità di sfruttamento edificatorio dell’area.
6. L’obbligo di non modificare il bene comune, cioè di non ostacolarne il godimento da parte di tutti i comunisti secondo l’originaria funzione del bene stesso, ovviamente vale anche in presenza di accordo unanime, assembleare o negoziale, ovvero contrattuale in presenza, ad esempio, di patto d’affitto (come nella specie). Sicché, ogniqualvolta sia stabilito uno sfruttamento “turnario” ovvero esclusivo a tempo determinato, col consenso unanime dei comunisti, si realizza un accordo con efficacia obbligatoria, che, nel corso della sua esecuzione, comporta per il comunista assegnatario l’esclusiva disponibilità del bene, senza interferenza degli altri comunisti concedenti, ma pur sempre nel rispetto della destinazione della cosa. Il che, in disparte il piano civilistico, ridonda sull’imposizione fiscale, nei termini indicati dalla richiamata giurisprudenza, atteso il sopra definito presupposto dell’imposta in esame.
7. La mancata predisposizione di difese scritte da parte del contribuente, esonera il collegio dal provvedere sulle spese di lite.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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