CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 luglio 2018, n. 17402
Tributi – IVA – Dichiarazioni dei redditi – Accertamento – Contraddittorio endoprocedimentale
Rilevato che
Con sentenza in data 13 giugno 2016 la Commissione tributaria regionale dell’ Umbria accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 783/2/14 della Commissione tributaria provinciale di Perugia che aveva accolto il ricorso di M. P. contro gli avvisi di accertamento per II.DD. ed IVA 2009/2011. La CTR, nella parte che qui rileva, osservava in particolare anzitutto che la sentenza appellata era errata in punto accoglimento dell’eccezione pregiudiziale procedimentale di invalidità degli atti impositivi impugnati per violazione del principio del contraddittorio endoprocedimentale, con riguardo alla pure specificamente eccepita carenza della motivazione degli atti medesimi relativamente alle difese del contribuente; quindi affrontando gli ulteriori themata decidenda, rimasti assorbiti dall’accoglimento di detta eccezione, ma riproposti dal contribuente appellato, sempre nella parte che qui rileva, negava la fondatezza delle ulteriori eccezioni di invalidità “formale” degli avvisi di accertamento de qitibus basate sulla permanenza dei verificatori presso la sede lavorativa del contribuente oltre il termine di cui all’art. 12, comma 5, legge 212/2000 e sulla violazione dell’art. 42, d.P.R. 600/1973 per difetto della delega del funzionario sottoscrittore.
Ciò statuito, la CTR umbra parzialmente accoglieva il ricorso originario del contribuente (in ordine all’IRAP e correlative sanzioni correlative, al quantum de beat ut).
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione il contribuente deducendo tre motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Il contribuente successivamente ha depositato una memoria. Considerato che:
Con il primo motivo – ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- il ricorso lamenta la violazione/falsa applicazione degli artt. 7, 12, comma 7, legge 212/2000, 3, legge 241/1990, poiché la CTR ha respinto in sede di gravame la sua eccezione, accolta in via pregiudiziale ed assorbente dai primi giudici, di invalidità degli atti impositivi impugnati per difetto di motivazione in ordine alle deduzioni difensive svolte in sede di contraddittorio endoprocedimentale.
La censura è infondata.
Va ribadito che:
–«In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito» (Sez. U, Sentenza n. 24823 del 09/12/2015, Rv. 637604 – 01);
–«In tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, è valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente ex art. 12, comma 7, della 1. n. 212 del 2000, atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall’altro lato, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo» (Sez. 6-5, Ordinanza n. 8378 del 31/03/2017, Rv. 643641 – 01).
La sentenza impugnata è chiaramente ed espressamente conforme ad entrambi i principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali.
Con il secondo motivo —ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- il ricorrente si duole della violazione/falsa applicazione dell’art. 12, comma 5, legge 212/2000, poiché la CTR ha negato in fatto il superamento del limite di permanenza dei verificatori presso la sua sede lavorativa, così negando fondatezza alla sua eccezione di invalidità dell’avviso di accertamento impugnato per tale specifica violazione della disposizione statutaria de qua.
La censura è infondata.
Va ribadito che «In tema di verifiche tributarie, la violazione del termine di permanenza degli operatori dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente, previsto dall’art. 12, comma 5, della l. n. 212 del 2000, non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo, né l’invalidità degli atti compiuti o l’inutilizzabilità delle prove raccolte, atteso che nessuna di tali sanzioni è stata prevista dal legislatore, la cui scelta risulta razionalmente giustificata dal mancato coinvolgimento di diritti del contribuente costituzionalmente tutelati» (Sez. 5 , Sentenza n. 2055 del 27/01/2017, Rv. 642459 — 01; conformi, Sez. 5, Sentenza n. 7584 del 15/04/2015, Rv. 635175 — 01; Sez. 5, Sentenza n. 16323 del 17/07/2014, Rv. 632188 – 01).
Quindi, anche prescindendo del tutto dall’accertamento dei fatti effettuato dal giudice tributario di appello, quale contestato in questa sede dal ricorrente, in ogni caso l’eccezione de qua risulta giuridicamente infondata.
Con il terzo motivo – ex art. 360, primo comma, nn. 3-5, cod. proc. civ.- il ricorrente denuncia la violazione/falsa applicazione degli artt. 42, primo comma, d.P.R. 600/1973 ed ex artt. 112, 115 cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo controverso, poiché la CTR ha escluso la fondatezza dell’ulteriore eccezione di invalidità degli atti impositivi impugnati per carenze della delega del sottoscrittore.
La censura è fondata limitatamente alla dedotta violazione dell’art. 112, cod. proc. civ.
In osservanza del principio di autosufficienza del ricorso (v. in particolare all. 14), il ricorrente ha evidenziato che nel gravame agenziale non vi era alcun riferimento (comunque assente anche nelle precedenti difese dell’Ente impositore) alla delibera n. 55/2012, che secondo la CTR umbra fonda la legittimità, per proroga della n. 50/2012, della contestata delega di firma al funzionario sottoscrittore dell’avviso di accertamento impugnato, essendosi l’Agenzia delle entrate, ufficio locale, sempre e solo riferito ai provvedimenti direttoriali nn. 62/2011-50/2012.
Chiaro ne risulta quindi il denunciato vizio di extra-petizione, avendo basato il giudice tributario di appello la propria decisione in ordine al punto de quo su di un fatto che non aveva costituito oggetto di allegazione difensiva di parte.
Rigettati il primo ed il secondo motivo del ricorso, la sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al terzo motivo nei limiti di cui in motivazione, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
P.Q.M.
Rigetta il primo ed il secondo motivo, accoglie il terzo motivo nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’ Umbria, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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