CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 luglio 2020, n. 13701
Tributi – Accertamento – Iva – Operazioni inesistenti – Partecipazione del cessionario alla frode – Dimostrabilità
Rilevato che
La contribuente M. SRL ha impugnato l’avviso di accertamento relativo a IVA per l’anno di imposta 2011, scaturente da un accertamento per operazioni soggettivamente inesistenti a carico dell’emittente le fatture (U.F. SRL), in virtù del quale era stata negata la detrazione dell’imposta.
La CTP di Caserta ha accolto il ricorso della contribuente e la CTR della Campania, con sentenza in data 9 ottobre 2018, ha rigettato l’appello dell’Ufficio, evidenziando che l’Ufficio non ha assolto, neanche per presunzioni, all’onere di provare che il cessionario fosse consapevole che con il proprio acquisto partecipava alla frode. Il giudice di appello ha ritenuto conferenti gli elementi addotti dal contribuente (minimi scostamenti del costo dei prodotti acquistati rispetto ad altri prodotti, effettivo versamento dell’IVA, pagamento a mezzo bonifici), ritenendo non provato il vantaggio del contribuente a operare tramite intermediario anziché acquistare i prodotti dall’operatore estero.
Propone ricorso per cassazione, oggetto di rinnovazione della notificazione, l’Ufficio affidato a un solo motivo; gli intimati non si sono costituiti in giudizio.
La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’articolo 380-bis cod. proc. civ.
Considerato che
1 – Con l’unico motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 26 e 54 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e dell’art. 2729 cod. civ., ove la sentenza impugnata ha ritenuto che gli elementi addotti dal contribuente e la mancata prova da parte dell’Ufficio del vantaggio per la contribuente di operare con l’intermediario anziché direttamente con l’operatore economico il estero non consentono di ritenere provata la conoscenza del contribuente delle operazioni contestate. Deduce il ricorrente, facendo leva su un diverso caso, che la prova del vantaggio è estranea al giudizio di buona fede. Rileva come elemento centrale sia la ignoranza incolpevole della frode perpetrata dal soggetto emittente, gravandosi sul cessionario l’onere di diligenza specificamente richiesta a un operatore professionale.
2 – Il ricorso è inammissibile quanto alla deduzione della violazione dell’art. 2729 cod. civ., posto che il ricorrente invoca una erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa (erronea valutazione degli elementi di prova), esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e riservata al giudice di merito, la cui censura è consentita sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass., Sez. VI, 12 ottobre 2017, n. 24054). Il che è evidenziato dal fatto che il ricorrente invoca la violazione di una norma posta a presidio del giudizio di pregnanza degli elementi indiziari, limitandosi a dedurre l’insussistenza indiziaria degli elementi valorizzati dal giudice del merito, valutazioni che spettano al giudice del merito (Cass., Sez. Lav., 7 giugno 2013, n. 14463); è consolidato nella giurisprudenza della Corte il principio che il libero convincimento è situato interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, pertanto insindacabile in sede di legittimità (Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940), salvo che si deduca che il giudice del merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti o abbia disatteso, valutandole secondo prudente apprezzamento, prove legali (Cass., VI, 17 gennaio 2019, n. 1229).
2.1 – Il motivo è ulteriormente inammissibile, posto che non è stato espressamente censurato l’accertamento compiuto dal giudice del merito, secondo cui «l’amministrazione non ha assolto, neanche per presunzioni, l’onere probatorio posto a suo carico».
2.2 – Il motivo è, in ogni caso, infondato, posto che è principio consolidato che il diritto alla detrazione può essere negato sulle operazioni a monte solo nell’ipotesi in cui il soggetto passivo sapesse o avrebbe dovuto sapere che l’operazione effettuata rientrava in una frode e non avesse adottato tutte le misure ragionevoli per evitare la frode (Corte di Giustizia UE, 8 novembre 2018, Cartrans Spedition, C-495/17, punto 41; Corte di Giustizia UE, 28 marzo 2019, Vin, C-275/18, punto 33), inibendosi la detrazione nel caso in cui il soggetto passivo abbia partecipato a una catena fraudolenta di transazioni (Corte di Giustizia UE, 18 dicembre 2014, Italmoda, C-131/13, C-163/13, C- 164/13, punto 58).
2.3 – Nel qual caso, l’amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, anche in via presuntiva, la ricorrenza di elementi oggettivi dai quali emerga che il contribuente, nel momento in cui acquistò il bene o il servizio, sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che il soggetto formalmente cedente aveva evaso l’imposta o partecipato ad una frode (Cass., Sez. V, 19 aprile 2018, n. 9721), gravando solo in tal caso l’onere in capo al contribuente di provare l’esistenza di circostanze tali che non gli avrebbero consentito di evitare di restarne coinvolto, pur adottando tutte le misure esigibili secondo la diligenza imposta dall’attività svolta (Cass., Sez. V, 15 dicembre 2017, n. 30148; Cass., Sez. V, 28 giugno 2018, n. 17173).
2.4 – La sentenza impugnata non si è sottratta a tali principi. Il ricorso va pertanto rigettato; nulla per le spese in assenza di costituzione degli intimati.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
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