CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 luglio 2021, n. 18878
Tributi – Accertamento induttivo – Reddito di impresa – Cessioni immobiliari – Rettifica prezzi di vendita – Documenti extracontabili – Rilevanza probatoria presuntiva
Rilevato che
– Immobiliare T. srl in liquidazione proponeva ricorso avverso avviso di accertamento di maggior reddito (poco più di 900mila euro) – relativo al periodo d’imposta 2005, in tema di Ires, Irap ed Iva – scaturente da verifica fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate e concernente la vendita di 29 appartamenti nel Comune di La Maddalena. Gli esiti di tale verifica erano riassunti in PVC, nel quale – dato atto della regolare tenuta dei libri e dei registri nonché della regolare tenuta della contabilità in generale oltre che del comportamento leale e collaborativo tenuto dalla contribuente- l’Ufficio aveva proceduto ad un accertamento di tipo induttivo, ritenendo non verosimile la vendita degli immobili al prezzo medio di euro 1.266,62 al metro quadro, alla stregua di un file datato 2003 e dei valori O.M.I. (Osservatorio Mercato Immobiliare) e F.I.A.I.P. (Federazione Italiana Agenti immobiliari Professionali).
– Nel contraddittorio tra le parti, la Commissione Tributaria Provinciale di Sassari rigettava il ricorso con sentenza, che, gravata di appello ad opera della contribuente, era confermata dalla CTR con la sentenza sopra menzionata.
– Per la cassazione di tale sentenza la società propone ricorso -illustrato da memoria- affidato a sei motivi, al quale resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate, che ha pure svolto ricorso incidentale condizionato.
Considerato che
– Il ricorso si compone di sei motivi che recano: 1) “Nullità della sentenza per omessa pronuncia in relazione alle eccezioni formulate ai punti 1 e 9 del ricorso in appello in violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. (art. 360 n. 4 c.p.c.) – Motivazione solo apparente e, quindi, carente in relazione alle eccezioni formulate ai punti 1 e 9 del ricorso in appello in violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.)”; 2) “Violazione dell’art. 39 comma 1 lett. A) e D) DPR 600/1973, degli artt. 2687 e 2729 c.c. nonché degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. a causa dell’insussistenza dei presupposti di legge per la rideterminazione presuntiva dei maggiori ricavi in ragione dell’utilizzo di un file excel creato anni prima delle vendite e mai più riaperto nonché avente un contenuto generico ed anonimo senza alcun riferimento alle parti acquirenti.”; 3) “Violazione dell’art. 39 comma 1 lett. A) e D) DPR 600/1973, degli art. 2697 e 2729 c.c., nonché degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. in relazione alla mancata considerazione delle caratteristiche della ‘vendita in bloccò (art. 360 n. 3 c.p.c.) – Violazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione alla mancata considerazione delle caratteristiche della vendita in blocco (art. 360 n. 4 c.p.c.) – Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti: il prezzo nella c.d. vendita in blocco ad un unico acquirente non corrisponde per massime di esperienza alla somma dei prezzi dei singoli beni come accadrebbe se questi fossero venduti a più acquirenti tra loro indipendenti (art. 360 n. 5 c.p.c.); 4) “Nullità della sentenza per omessa valutazione di prove e documenti in violazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. in relazione al corretto assolvimento dell’onere probatorio posto a carico del contribuente (art. 360 n. 4 c.p.c.) – Violazione dell’art. 39 comma 1 lett. D) DPR 600/1973, degli artt. 2697 e 2729 c.c. nonché degli artt. 112,115 e 116 c.p.c. in relazione al corretto assolvimento dell’onere probatorio posto a carico del contribuente (art. 360 n. 3 c.p.c.); 5) “Violazione dell’art. 39 comma 1 lett. D) DPR 600/1973, degli artt. 2697 e 2729 c.c. nonché degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. in relazione al corretto assolvimento dell’onere probatorio posto a carico del contribuente (art. 360 n. 3 c.p.c.); 6) “Violazione dell’art. 52 DPR 633/1972 e art. 33 DPR 600/1973 in relazione alla inutilizzabilità del file excel in carenza di autorizzazione del Procuratore della Repubblica (art. 360 n. 3 c.p.c.).”
– A) Con il primo motivo, la ricorrente lamenta che la CTR non si sarebbe pronunciata sul primo motivo dell’appello avente ad oggetto i rilievi dal n. 7 al n. 11 del ricorso introduttivo.
– Il motivo è infondato per le ragioni che di seguito si espongono a commento di ciascuno dei predetti rilievi.
– 1) Incompatibilità della normalizzazione ai fini Iva ed Irpef con la disciplina comunitaria – abrogazione del valore normale in forza della legge comunitaria 2008 (7.7.2009 n. 88). La sentenza -secondo cui non sussiste la lamentata omessa pronuncia- va integrata con la sentenza della CTP, che (per come sottolineato dalla controricorrente che ha trascritto la parte di interesse) ha segnalato la necessità che i valori OMI, a seguito della legge comunitaria suddetta, siano arricchiti di ulteriori elementi di supporto tali da rafforzare la loro valenza presuntiva.
– 2) Congruità del prezzo della vendita in blocco di 25 appartamenti su 29. La CTR non ha omesso la pronuncia, avendo spiegato come non sia credibile la tesi in merito alla cessione unitaria del predetto blocco di appartamenti alla luce delle “dichiarazioni pervenute dallo stesso rappresentante legale durante il contraddittorio, anche con riferimento al file di excel”, recante i prezzi di vendita da fare risalire alla contribuente medesima.
– 3) Riferimento agli studi di settore. L’Agenzia, come ha precisato la CTR, ha basato l’atto impositivo sull’art. 39 comma 1 lett. D) DPR 600/73, il che ha consentito di prescindere dall’applicazione degli studi di settore.
– 4) Riferimento alle sanzioni. La CTR si è pronunciata affermando la insussistenza delle ragioni di disapplicazione delle sanzioni “per obiettive condizioni di incertezza della normativa tributaria.”
– B) La ricorrente deduce la inutilizzabilità del file excel, in quanto creato anni prima rispetto alle compravendite per cui è causa nonché la regolarità della contabilità, anche alla stregua della perizia di parte e degli studi di settore.
– Il motivo non è accoglibile.
– L’accertamento si fonda -in coerenza con il disposto dell’art. 39 comma 1 lett. D) DPR 600/73- su elementi presuntivi dotati dei requisiti della gravità precisione e concordanza richiesti dalla norma. La determinazione dei maggiori ricavi discende dai prezzi di vendita indicati dalla parte stessa nel più volte menzionato file; tale elemento avente rilevanza probatoria di natura presuntiva per come affermato a più riprese da questa Corte (n. 17183/2015, n. 4600/2016, 33735/2019)-con contenuto che non è stato mai smentito dalla contribuente, che, anzi, in sede di verifica, ne ha confermato la esattezza- risulta avvalorato dai dati O.M.I., dai dati FIAIP e degli ulteriori riscontri acquisiti dai verificatori in punto antieconomicità della attività della società (abnormità dei prezzi di vendita degli appartamenti: in particolare, per due di essi il prezzo è pari a 691,52 e nel calcolo complessivo dei mq venduti nel 2005, sarebbe emersa una perdita di euro 66,11 a mq).
– C) Il motivo presenta profili di inammissibilità rinvenibili nella prospettazione, all’interno del medesimo motivo, dei vizi denunciabili ai sensi dei nn. 3, 4 e 5 comma 1 art. 360 c.p.c., tra di loro inestricabilmente intrecciati: invero la stessa questione non può essere al tempo stesso censurata come vizio di legge e come omesso esame, in quanto si tratta di censure ontologicamente diverse (la sovrapposizione e mescolanza di mezzi di impugnazione eterogenei rende il ricorso inammissibile: ex multis, cass. 6807/2019); bisogna poi aggiungere che i due gradi del merito sono stati sfavorevoli alla contribuente, che -con riguardo al vizio motivazionale- avrebbe dovuto indicare, e comparare, le ragioni di fatto poste a base delle due sentenze, per poi evidenziarne le diversità tali da integrare il difetto di motivazione. Nel merito, infine, si richiamano le considerazioni esposte a commento del precedente motivo.
– Il motivo è dunque inammissibile e comunque infondato.
– D) Con il quarto motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza e la violazione di legge avendo la CTR omesso la valutazione delle prove portate da essa contribuente. Ancora una volta il riferimento della società è alla perizia di parte, alla vendita in blocco, agli studi di settore. A parte il rilievo che la CTR non è incorsa in omissioni, va precisato che la difformità (e la conseguente antieconomicità dell’attività) dei prezzi praticati con quelli risultanti dal file non viene meno in forza della circostanza relativa alla vendita in blocco di un certo numero di appartamenti (il prezzo praticato è da qualificare come fuori mercato e, al riguardo, nessuna prova contraria di siffatta incongruenza è stata portata dalla società); sul carattere di parte della perizia si è già detto; infine va ribadito che l’accertamento dell’Ufficio è venuto in essere a “prescindere dall’applicazione dello studio di settore” (così la sentenza della CTR a pag. 4, ultima parte) a ragione di rinvenimento di documentazione extra contabile, sicché il richiamo agli studi di settore appare ancora una volta del tutto inappropriato.
– Anche tale motivo va dunque rigettato.
– E) Contrariamente all’assunto della ricorrente, il file excel rappresenta – come ha rilevato la CTR, in linea con la giurisprudenza di legittimità sopra citata- un elemento di carattere presuntivo che insieme agli altri elementi acquisiti in sede di verifica costituisce la base su cui si fonda l’atto impositivo.
– Anche tale motivo è da rigettare.
– F) Con l’ultimo motivo, la ricorrente lamenta l’assenza di autorizzazione dell’autorità giudiziaria all’acquisizione del file e la conseguente sua inutilizzabilità. Il motivo non è fondato per la decisiva assorbente ragione della collaborazione attiva prestata dalla contribuente all’acquisizione della documentazione, ivi compresa quella informatica.
– Anche il sesto motivo è infondato va rigettato.
– L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso incidentale condizionato all’accoglimento del ricorso principale, lamentando la mancata declaratoria di inammissibilità dell’appello della società in quanto mai notificato all’ufficio il gravame della contribuente.
– Il ricorso incidentale resta assorbito.
– In conclusione, i motivi vanno tutti rigettati, ad eccezione del terzo, inammissibile, assorbito il ricorso incidentale.
P.Q.M.
Rigetta i motivi primo, secondo, quarto, quinto e sesto, inammissibile il terzo, assorbito il ricorso incidentale; condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in euro 7.800,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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