CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 luglio 2021, n. 18892

Tributi – Contenzioso tributario – Ricorso per cassazione – Notifica – Termine

Rilevato che

1. La s.p.a. S. ha impugnato l’avviso di classamento con il quale è stata aumentata la rendita catastale dell’immobile (opificio) per la presenza di macchinari infissi al suolo e di una corte pertinenziale. In primo grado il ricorso è stato accolto con sentenza appellata dall’Agenzia delle entrate.

La CTR della Lombardia, con sentenza depositata il 23 febbraio 2017, ha rigettato il gravame, sul rilievo che i macchinari non incorporati al suolo ed utilizzabili altrove e l’inedificabilità della corte non determinavano un aumento del valore del fabbricato.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate affidandosi a tre motivi. Si è costituita con controricorso la società contribuente, eccependo preliminarmente la inammissibilità del ricorso in quanto notificato oltre il termine di sei mesi ex art 327 c.p.c.. Fissata l’udienza camerale del 20 novembre 2019, l’Avvocatura ha depositato una memoria nella quale espone di avere tentato una prima notifica in data 17 luglio 2017, non andata a buon fine per errore del servizio postale; di aver effettuato, quindi, una seconda notifica spedita il 29 settembre e ricevuta il 2 ottobre 2017. La società ricorrente con istanza depositata il 13 novembre 2019 ha contestato la memoria, chiedendo di essere rimessa in termini per contraddire. Con ordinanza del 20 novembre 2019 la causa è stata rinviata a nuovo ruolo per dare modo alla controricorrente di contraddire in relazione alle deduzioni dell’Agenzia. La società ha depositato ulteriore memoria. La causa è stata trattata alla udienza camerale non partecipata del 20 aprile 2021.

Ritenuto che

Preliminarmente occorre esaminare la fondatezza dell’eccezione di  inammissibilità del ricorso, per essere stato notificato oltre i termini di legge.

Il presente giudizio è stato instaurato con ricorso consegnato all’ufficiale giudiziario in data 29 settembre 2017 e notificato a mani in data 2 ottobre 2017. In precedenza l’Agenzia delle entrate aveva tentato una notifica a mezzo posta con raccomandata spedita il 17 luglio 2017  restituita dall’ufficio postale con la dicitura “sconosciuto” in data 28 luglio 2017. L’indirizzo del destinatario trascritto dalla Agenzia delle entrate era tuttavia corretto in quanto la notifica del primo ricorso è stata indirizzata alla società S., domiciliata in Milano, piazza P.F., presso il sott. B.F., esattamente lo stesso indirizzo presso il quale in data 2 ottobre 2017 è stata eseguita con successo la notifica a mani. La prima notifica dunque non è andata a buon fine per un disservizio postale e non per cause imputabili alla Agenzia; inoltre, poiché la sentenza impugnata non è stata notificata ed è stata depositata in data 23 febbraio 2017, il primo tentativo di notifica, non andato a buon fine, con spedizione in data 17 luglio 2017, è stato eseguito entro il termine semestrale ex art 327 c.p.c. L’Agenzia invoca quindi la conservazioni degli effetti della prima notifica, poiché l’errore del soggetto incaricato di eseguire la notifica non può essere addebitato al mittente diligente. Si tratta, invero, di un principio ormai consolidato, posto che in caso di incolpevole esito negativo di una prima notifica è consentito al notificante di rinnovare la notifica (c.d. ripresa del procedimento notificatorio); la conservazione degli effetti è però subordinata alla circostanza che l’onerato tenga una condotta diligente e che la rinnovazione delle operazioni notificatorie sia tempestivo.

Le sezioni unite della Corte hanno affermato nella sentenza n. 14594/2016 il principio secondo il quale “In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dai termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa“. Viene pertanto quantificato il termine “ragionevolmente contenuto”, determinato – in una prospettiva ordinaria – nella metà dei termini ex art. 325 c.p.c., ossia, per quanto concerne il ricorso per cassazione, in trenta giorni (Cass. n. 5974/2017; Cass. n. 17864/2017; Cass. 19059/2017 Cass. 4959/2018). È conservata invero, né poteva essere diversamente, la facoltà per l’interessato di dimostrare che tale dilazione è insufficiente in ragione di circostanze eccezionali, della cui prova resta onerato. In questi termini la giurisprudenza successiva alla sentenza delle sezioni unite, conferma il principio affermando che il notificante, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa (Cass.4959/2018; Cass. 11485/2018; Cass. 17577/2020).

Nella fattispecie, l’esito negativo della prima notifica è stato certificato in data 28 luglio 2017 e l’Agenzia delle entrate ha consegnato l’atto all’ufficiale giudiziario, per una seconda notifica, solo in data 29 settembre 2017, mentre per rispettare il termine di trenta giorni, considerando anche il periodo feriale, parte ricorrente avrebbe dovuto consegnare l’atto entro il 27 settembre 2017; né l’Agenzia ha allegato e dimostrato che particolari vicende per cui il termine di trenta giorni non poteva essere rispettato. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché tardivo, in relazione al lasso di tempo intercorso dalla pubblicazione della sentenza di merito, ex art 327 c.p.c.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in euro 4.000,00 per compensi oltre euro 200,00 per spese oltre rimborso spese forfetarie ed accessori di legge.