CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 maggio 2018, n. 10480
Tributi – Accertamento – Indagini bancarie – Onere probatorio a carico del contribuente – Portata – Conseguenze – Motivazione analitica della decisione – Necessità
Rilevato
– che in controversia relativa ad impugnazione dell’avviso di accertamento ai fini delle imposte dirette e dell’IVA per l’anno di imposta 2009 emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della C.A.C. s.r.l. per recupero a tassazione di maggiori ricavi non dichiarati, per come emerso dalle verifiche delle movimentazioni dei conti correnti bancari riconducibili alla predetta società, con la sentenza in epigrafe indicata la Commissione tributaria regionale delle Campania accoglieva sia l’appello proposto dall’Ufficio con riferimento alla statuizione di primo grado che aveva annullato l’atto impositivo per violazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000, che l’appello incidentale proposto dalla società contribuente, così pervenendo all’annullamento dell’atto impositivo sul rilievo che «la giustificazione delle movimentazioni bancarie del conto personale è stata data dalla società sia in sede di autotutela e successivamente in corso di giudizio, (contratti locazione – contestazione dei conti correnti – prelevamenti per esigenze familiari – restituzione prestito) ne consegue che tali operazioni, in presenza di giustificazioni, non possono ricondursi alla società, quali reinvestimento di ricavi non fatturati (operazioni non fatturate)» (sentenza, pag. 7);
– che avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui replica l’intimata con controricorso;
– che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del vigente art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio, all’esito del quale il controricorrente ha depositato memorie;
– che il Collegio ha deliberato la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata;
Considerato
– che con il motivo di ricorso l’Agenzia ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza impugnata perché corredata da motivazione apparente, in violazione e falsa applicazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992.
– che il motivo è fondato e va accolto;
– che costituisce ius receptum il principio secondo cui il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (Cost., art. 111, sesto comma), e cioè dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata etprobata, l’obbligo del giudice «di specificare le ragioni del suo convincimento», quale «elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale» è affermazione che ha origine lontane nella giurisprudenza di questa Corte e precisamente alla sentenza delle sezioni unite n. 1093 del 1947, in cui la Corte precisò che «l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità» e che «le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti» (in termini, Cass. n. 2876 del 2017; v. anche Cass., Sez. U., n. 16599 e n. 22232 del 2016 e n. 7667 del 2017 nonché la giurisprudenza ivi richiamata);
– che in tale grave vizio incorre la sentenza in esame che afferma in maniera anapodittica il superamento da parte della società contribuente della presunzione legale posta dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi, sulla base di elementi probatori solo genericamente elencati (segnatamente: contratti di locazione, contestazione dei conti correnti, prelevamenti per esigenze familiari, restituzione di un prestito), senza alcuna spiegazione della capacità dimostrativa di ognuno di essi, che la CTR avrebbe dovuto fornire anche con specifico riferimento alle singole poste accertate come ricavi non dichiarati;
– che, infatti, in materia di accertamenti bancari, all’onere probatorio gravante sul contribuente che vuole superare la presunzione legale posta dalle predette disposizioni a favore dell’Erario – che, avendo fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. per le presunzioni semplici -, di fornire non una prova generica, ma una prova analitica (sul punto, v. Cass. 26111 del 2015 e la copiosa giurisprudenza ivi richiamata) idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (in termini, Cass. n. 18081 del 2010, n. 22179 del 2008 e n. 26018 del 2014), corrisponde l’obbligo del giudice di merito, da un lato, di operare una verifica rigorosa dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, rifuggendo da qualsiasi valutazione di irragionevolezza ed inverosimiglianza dei risultati restituiti dal riscontro delle movimentazioni bancarie – in quanto il giudizio di ragionevolezza dell’inferenza dal fatto certo a quello incerto è già stato stabilito dallo stesso legislatore con la previsione, in tale specifica materia, della presunzione legale (Cass. n. 21800 del 2017) -, e, dall’altro, di dare espressamente conto in sentenza delle risultanze di quella verifica; al riguardo ricordandosi che questa Corte ha anche precisato che in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, il contribuente può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, dovendo in questo caso il giudice di merito «individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative» (Cass. n. 11102 del 2017);
– che, nel caso di specie, Tessersi la CTR ingiustificatamente sottratta alle attività sopra descritte, nonostante l’avviso di accertamento – riprodotto nel ricorso – contenesse l’analitica descrizione dei singoli movimenti bancari verificati e delle ragioni della loro ripresa a tassazione, le ha impedito di specificare o illustrare le ragioni della decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuta alla propria determinazione, rendendo quindi una motivazione apparente;
– che resta assorbito il secondo motivo di ricorso con cui la ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 32 d.P.R. n. 600 del 1973, 51 d.P.R. n. 633 del 1972, nonché 2728 e 2697 cod. civ.;
– che all’accoglimento del primo motivo consegue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla competente CTR che provvederà a riesaminare la vicenda processuale alla stregua dei suesposti principi, dando adeguata contezza delle risultanze delle verifiche compiute, e a regolamentare le spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione.
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