CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 maggio 2019, n. 11679
Tributi locali – TARSU – Accertamento – Riscossione – Area cimiteriale in concessione gestita da un ente ecclesiastico
Rilevato che
1.- La contribuente ha impugnato l’avviso di pagamento relativo alla TARSU dell’anno 2010, sull’area cimiteriale destinata a cappelle sepolcrali e loculi, concesse ai confratelli. La contribuente deduce la violazione di precedente giudicato, la nullità dell’avviso e la carenza di legittimazione passiva.
2. – Le ragioni della contribuente sono state respinte in primo grado e la CTR, con sentenza pubblicata in data 17 giugno 2015, non notificata, ha respinto l’appello della Arciconfraternita.
3.- Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione la contribuente, affidandosi a due motivi. Si costituisce con controricorso il Comune di Torre Annunziata. La ricorrente presenta memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c.
Considerato che
4.- Con il primo motivo del ricorso la parte lamenta la violazione di legge in relazione all’art. 2909 c.c.. La ricorrente richiama una sentenza della CTP di Napoli, n. 340/2008, tra le stesse parti, passata in giudicato, che, annullando altro avviso di accertamento (TARSU 2003, 2004,2005), avrebbe stabilito che nella specie si tratta di attività di culto (diversa da quella di esercizio di scuole ed ospedali) e che quindi difetta di fondamento la pretesa impositiva; ed inoltre che, in ogni caso, i legittimati passivi sono i confratelli che hanno in concessione i loculi.
4.1. – Secondo la CTR, invece, questa sentenza non ha accertato il difetto della pretesa impositiva, ma solo che nel caso di specie il Comune, non costituendosi, non ha provato, come era suo onere, la pretesa impositiva. Di conseguenza, ha rilevato il giudice d’appello, non può ritenersi formato il giudicato e, nel merito, ha respinto la pretesa della contribuente, ritenendo che i luoghi adibiti a funzioni cimiteriali non sono paragonabili a luoghi di culto.
4.3. Il motivo è infondato. Nel ricorso la contribuente richiama l’attenzione su un passaggio di questa sentenza del 2008, dove si dice «La Commissione dopo avere attentamente esaminato sia il ricorso sia l’avviso di accertamento impugnato rileva che è onere dell’Amministrazione provare la legittimità della pretesa fiscale e quindi tale prova incombe sul Comune di Torre Annunziata che non risulta costituito. La eventuale categoria di appartenenza (uffici, Ospedali, Stazioni, Scuole pubbliche e private) appare molto distante sia per tipologia di immobili sia per l’attività di una cappella sepolcrale, per cui non è ipotizzabile la tassazione per analogia ma solo per la specificità di particolare unica destinazione. L’Arciconfratemita ha pure dimostrato che i loculi sono in concessione a privati confratelli e la eventuale legittimazione passiva riguarderebbe questi ultimi. Alla luce di quanto detto l’atto impugnato non è legittimo e deve essere annullato».
Queste affermazioni non costituiscono cosa giudicata, nel senso invocato dalla ricorrente. Come correttamente ritenuto dal giudice di secondo grado, la sentenza passata in giudicato, allegata dalla contribuente, ha annullato gli avvisi di accertamento per difetto di prova sulla pretesa tributaria, e non per avere accertato il diritto alla esenzione o la mancanza di legittimazione.
Deve qui ricordarsi che il giudicato si forma non su tutto ciò che il giudice possa avere affermato od esposto nella motivazione dell’iter decisorio, ma soltanto sull’accertamento di fatti, di situazioni o di rapporti, che abbiano costituito oggetto effettivo di deliberazione e di pronunzia (V. Cass. n. 15330/2016; Cass. n. 5478/2013) In particolare il giudicato non si forma (anche) sugli aspetti del rapporto che non abbiano costituito oggetto di accertamento effettivo, specifico e concreto (Cass. n. 21266/2007). Nella fattispecie, la CTP di Napoli non ha accertato nè che le cappelle sepolcrali siano luogo di culto e quindi esenti da imposta, avendo solo affermato – e in astratto, poiché era assorbente la prima ratio decidendi – che non può operarsi tassazione per analogia, né la carenza di legittimazione passiva della Arciconfraternita. Tanto che premette, per ben due volte nel discorso, la parola “eventuale” (“eventuale” categoria di appartenenza; “eventuale” legittimazione passiva).
2.- Con il secondo motivo si lamenta la errata interpretazione dell’art. 7 della legge 121/1985 perché, diversamente da quanto ritenuto dalla CTR, l’Arciconfraternita ha finalità di culto, richiamando lo Statuto. Il punto però non è se l’Arciconfraternita svolge attività di culto, ma se l’area occupata dalle cappelle e dai loculi è da considerare luogo di culto ai fini della imposizione TARSU.
Sul punto il giudice di secondo grado, nella sentenza oggi impugnata, si è attenuto al principio già affermato da questa Corte, secondo il quale, in materia di tassa sui rifiuti solidi urbani, non è esentato dall’imposizione l’immobile costituito da un’area cimiteriale in concessione gestita da un ente ecclesiastico, atteso il conferimento dei rifiuti che lo stesso produce (cd. rifiuti cimiteriali), classificati tra quelli urbani o ad essi assimilati; nemmeno potendosi sostenere l’equiparazione di un siffatto cespite con gli edifici di culto, in quanto questi ultimi sono incapaci, per definizione, di produrre rifiuti (Cass. civ. 13740/2017; v. anche Cass. n. 3711/2005).
Quanto, infine, alla pure riproposta violazione di legge per asserita carenza di legittimazione tributaria passiva in capo alla Arciconfraternita (per essere i loculi assegnati in concessione ai singoli consociati), basterà rilevare come l’imposizione in oggetto abbia riguardo ai rifiuti provenienti dalla più vasta area cimiteriale al cui interno insistono le cappelle funerarie a loro volta contenenti i singoli loculi; vale a dire, da una zona di produzione certamente riferibile alla Arciconfraternita e non ai singoli confratelli. Il ricorso è pertanto da rigettare, con la conseguente condanna alle spese di parte ricorrente.
P.Q.M.
– rigetta il ricorso;
– condanna la ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.600,00 oltre rimborso spese forfetarie ed accessori di I.;
– ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente degli ulteriori importi a titolo di contributo unificato pari a quelli dovuti per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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