CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 maggio 2019, n. 11740
Rapporto di lavoro in agricoltura – Re-iscrizione negli elenchi dei braccianti agricoli – Onere della prova a carico del lavoratore
Rilevato
che con sentenza in data 26 gennaio- 30 marzo 2017 numero 233 la Corte d’Appello di Catanzaro riformava la sentenza del Tribunale di Castrovillari e per l’effetto respingeva la domanda proposta da A. A. nei confronti dell’INPS per la re-iscrizione negli elenchi dei braccianti agricoli dell’anno 2011 e per il pagamento dell’indennità di malattia e dell’indennità di disoccupazione;
che a fondamento della decisione la Corte territoriale osservava che in caso di cancellazione dagli elenchi dei braccianti agricoli era a carico del lavoratore l’onere di provare la ricorrenza del rapporto di lavoro in agricoltura. La disamina delle risultanze istruttorie non consentiva di ritenere acquisita tale prova.
Le dichiarazioni rese dai testi escussi su istanza della lavoratrice erano generiche e scarsamente conferenti; i due testi avevano instaurato un giudizio nei confronti dell’INPS per la stessa causa sicché la loro deposizione doveva essere valutata con particolare rigore; entrambi dichiaravano di aver lavorato in terreni ubicati in Corigliano e San Demetrio Corone – non meglio indicati – e non avevano identificato il proprietario dei terreni. I contratti che riguardavano o appalti di lavori o affitto di terreni in tali località nell’anno 2011 apparivano simulati per vari motivi: o perché erano stipulati contratti di affitto di terreni ed al contempo emesse fatture per lavori effettuati per conto di terzi; o perché non erano state rinvenute fatture che documentassero l’effettuazione di servizi di raccolta dei prodotti della terra; o perché i proprietari dei terreni avevano negato di aver appaltato alla cooperativa la raccolta, che avverso la sentenza ha proposto ricorso A. A., articolato in due motivi, cui ha opposto difese l’INPS con controricorso;
che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti unitamente al decreto fissazione dell’adunanza camerale— ai sensi dell’articolo 380 bis codice di procedura civile;
Considerato
che la parte ricorrente ha dedotto:
– con il primo motivo – ai sensi dell’articolo 360 numero 3 codice di procedura civile – erronea e falsa applicazione degli articoli 115, 116, 110, 246 codice di procedura civile. Si censura il procedimento logico a fondamento della decisione, per avere il giudice dell’appello attribuito ai testi una pregiudizievole inattendibilità sull’erroneo presupposto di una genericità delle loro dichiarazioni e di un loro presunto interesse laddove:
– l’interesse che inficiava le dichiarazioni dei testi era soltanto l’interesse giuridico da cui derivava la legittimazione principale ad agire ovvero la legittimazione secondaria ad intervenire in causa;
– le dichiarazioni non erano generiche, essendo stato confermato l’orario di lavoro, il carattere oneroso della prestazione, la tipologia delle culture, le modalità di svolgimento della prestazione, l’osservanza delle direttive impartite dal legale rappresentante della cooperativa o dal fratello dello stesso. Nè risultavano contraddizioni né precisazioni richieste ai testi circa l’esatta ubicazione dei terreni o la loro proprietà, informazioni che un operaio a tempo determinato poteva anche legittimamente ignorare. D’altro canto i proprietari dei terreni che avevano negato di aver appaltato i lavori di raccolta di prodotti agricoli non erano stati indicati o escussi dall’ INPS al fine di fornire la prova contraria. Tantomeno l’Istituto resistente aveva eccepito o dedotto alcunché nell’ immediatezza della prova testimoniale o nella prima difesa utile, pur trattandosi di nullità rilevabile ad istanza di parte;
– con il secondo motivo – ai sensi dell’articolo 360 numero 3 e numero 4 codice di procedura civile – erronea e falsa applicazione dell’articolo 116 codice di procedura civile in relazione all’articolo 2697 codice civile. Con il motivo si contesta il rilievo attribuito in sentenza al verbale ispettivo laddove esso ai fini probatori assumeva la medesima rilevanza degli altri elementi di prova. Le risultanze ispettive per l’annualità 2011 individuavano una sproporzione tra le giornate denunciate ed i contratti di appalto conclusi per la raccolta dei prodotti agricoli; tali dati non escludevano il riconoscimento delle giornate agricole per la specifica posizione della A.; il verbale non risultava a lei comunicato o notificato ai fini dell’eventuale opposizione.
Esso non inficiava le risultanze fornite per documenti (contratto di assunzione, buste paga, Modello CUD) e per testi circa la effettività del rapporto di lavoro; l’azienda datoriale era strutturata in forma di cooperativa sicché l’impiego di manodopera per conto di terzi rappresentava lo scopo sociale;
che ritiene il Collegio si debba dichiarare il ricorso inammissibile;
I due motivi – seppur qualificati in termini di violazione di norme del processo – sono sostanzialmente sovrapponibili, in quanto entrambe le censure vertono sull’apprezzamento degli elementi di prova da parte del giudice del merito, dolendosi la ricorrente del giudizio di mancato raggiungimento della prova dello svolgimento di lavoro agricolo stagionale.
Trattasi di accertamento di fatto, censurabile in questa sede di legittimità unicamente con la deduzione di un vizio della motivazione ovvero con la allegazione di un fatto storico – decisivo ed oggetto di discussione tra le parti – non esaminato dalla sentenza. Il ricorso non specifica alcun fatto storico non esaminato ma piuttosto si duole della valutazione di genericità delle dichiarazioni dei testi, posta a base della decisione, a fronte dei dubbi sulla genuinità del rapporto di lavoro emersi dal verbale ispettivo. In tal modo devolve a questa Corte un non consentito riesame del merito. Non è pertinente, invece, la deduzione della violazione dell’articolo 2697 cod.civ., in quanto non è in discussione la correttezza della attribuzione al lavoratore dell’onere della prova del lavoro agricolo stagionale, come operata dalla Corte territoriale.
che, pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso può essere definito con ordinanza in camera di consiglio ex articolo 375 cod.proc.civ.;
che , per quanto risulta dalla sentenza impugnata, la lavoratrice non è tenuta alla refusione delle spese, avendo reso dichiarazione ex articolo 152 disp. att. cod.proc.civ;
che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi dell’art. 1 co. 17 L. 228/2012 (che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 DPR 115/2002) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
Dichiara la inammissibilità del ricorso. Nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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