CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 marzo 2020, n. 5766

Tributi – Imposte di successione, registro ed ipotecaria – Attribuzione patrimoniale meramente strumentale nel “trust” – Vincolo di destinazione – Previsione di rientro dei cespiti in capo al disponente – Misura delle imposte

Fatto e diritto

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. .n. 197/2016, osserva quanto segue.

Con atto a ministero del notaio G.G. la disponente T. s.r.l. conferiva al Trust “T.” l’intero patrimonio sociale della predetta società al fine di realizzare la liquidazione dell’attivo nell’interesse dei creditori e soci. In relazione a tale atto le imposte ipotecaria e catastale venivano liquidate in misura fissa. Con avviso di rettifica e liquidazione l’Agenzia delle entrate liquidava le imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale.

Con atto a ministero del predetto notaio la disponente A. s.r.l. conferiva al Trust “A. s.r.l.” l’intero patrimonio sociale della predetta società al fine di realizzare la liquidazione dell’attivo nell’interesse dei creditori e soci. In relazione a tale atto le imposte ipotecaria e catastale venivano liquidate in misura fissa mentre veniva indicato un imponibile nullo ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni. Con avviso di rettifica e liquidazione l’Agenzia delle entrate liquidava le imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale e quelle sulle successioni e donazioni con aliquota all’8 per cento.

Con atto a ministero del predetto notaio veniva sciolto il vincolo di destinazione creato con la costituzione del Trust “A. s.r.l.” ed i beni riconferiti al patrimonio della predetta società disponente. In relazione a tale atto le imposte ipotecaria e catastale venivano liquidate in misura fissa. Con avviso di rettifica e liquidazione l’Agenzia delle entrate liquidava le imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale.

I tre atti impositivi venivano impugnati con separati ricorsi dal notaio G., a cui erano stati notificati quale coobbligato in solido, e la sentenza della CTP di Milano, di accoglimento dei ricorsi riuniti, veniva confermata dalla CTR lombarda adita in appello dall’Agenzia delle entrate che richiamava i principi espressi da questa Corte nelle sentenze n. 21614 del 2016 e n. 975 del 2018.

Avverso tale statuizione ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate con due motivi, cui replica l’intimato con controricorso e memoria.

Va preliminarmente rilevata l’ammissibilità del ricorso anche se non risulta depositata dalla ricorrente la copia notificata della sentenza impugnata, sia perché a ciò ha provveduto il controricorrente (Cass., Sez. U., n. 10648 del 2017), sia perché il ricorrente ha assolto l’onere di richiedere il fascicolo d’ufficio alla cancelleria del giudice “a quo” e l’impugnazione risulta proposta nei sessanta giorni dalla notificazione (Cass., Sez. U, Sentenza n. 11850 del 2018).

Venendo al merito del ricorso, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 2, comma 47, d.l. n. 262 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 286 del 2006 (primo motivo) e per violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 10 del d.lgs. n. 347 del 1990 (secondo motivo), sostenendo che la CTR aveva errato nell’escludere al caso di specie l’applicabilità in misura proporzionale delle imposte di successione, registro ed ipotecaria.

I motivi, da esaminarsi congiuntamente stante la loro stretta connessione, sono infondati e vanno rigettati.

Invero, nella giurisprudenza di questa Corte, nonostante qualche non recente pronuncia di senso contrario (Cass. nn. 3735, 3737, 3886, 5322 del 2015), in materia di trust è prevalso l’orientamento, che può dirsi ormai consolidato e comunque più persuasivo («così da dover essere qui recepita a composizione di un contrasto che può sul punto dirsi, anche in ragione delle altre decisioni di cui si darà conto, ormai soltanto diacronico» – v., in motivazione, Cass. n. 16701 del 2019, peraltro pronunciata tra le stesse odierne parti), in base al quale, «Poiché ai fini dell’applicazione delle imposte di successione, registro ed ipotecaria è necessario, ai sensi dell’art. 53 Cost., che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante un’attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale, nel “trust” di cui alla l. .n. 364 del 1989 (di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell’Aja 1 luglio 1985), detto trasferimento imponibile non è costituito né dall’atto istitutivo del “trust”, né da quello di dotazione patrimoniale fra disponente e “trastee” in quanto gli stessi sono meramente attuativi degli scopi di segregazione e costituzione del vincolo di destinazione, bensì soltanto dall’atto di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario» (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16699 del 21/06/2019, Rv. 654688; conf. anche Cass. n. 16701/2019, n. 16702/2019, n. 16703/2019 e n. 16704/2019, pronunciate tra le stesse parti).

Tale orientamento giurisprudenziale è stato ribadito, con dovizia di argomentazioni, da Cass., Sez. 5, Sentenza n. 19167 del 17/07/2019 (Rv. 654709 – 01), così massimata: «In tema di “trust”, l’imposta sulle successione e donazioni, prevista dall’art. 2, comma 47, del d.l. n. 262 del 2006 (conv. con modif. dalla l. .n. 286 del 2006) anche per i vincoli di destinazione, è dovuta non al momento della costituzione dell’atto istitutivo o di dotazione patrimoniale, fiscalmente neutri in quanto meramente attuativi degli scopi di segregazione ed apposizione del vincolo, bensì in seguito all’eventuale trasferimento finale del bene al beneficiario, in quanto solo quest’ultimo costituisce un effettivo indice di ricchezza ai sensi dell’art. 53 Cost.».

Si è però precisato che non tutti gli atti di costituzione di trust sono assoggettabili di per sé soli alle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa, dovendosi al riguardo verificare se sin dall’istituzione del “trust” si sia realizzato un trasferimento definitivo di beni e diritti dal “trustee” al beneficiario. In tal caso, infatti, l’atto è soggetto a tassazione in misura proporzionale. In tal senso questa Corte si è pronunciata in Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 31445 del 05/12/2018, Rv. 652134, affermando che, «Poiché l’imposta sulle successioni e donazioni ha come presupposto l’arricchimento patrimoniale a titolo di liberalità, ai fini della sua applicazione in misura proporzionale occorre valutare se sin dall’istituzione del “trust” si sia realizzato un trasferimento definitivo di beni e diritti dal “trustee” al beneficiario: in mancanza di tale condizione, l’atto dovrà essere assoggettato alla sola imposta fissa di registro». E’ ciò che avviene in ipotesi di trust c.d. liquidatorio, ossia quando i contraenti vogliono il reale trasferimento delle quote e dei relativi diritti al trustee, sia pure ai fini della liquidazione e quindi il reale arricchimento del beneficiario (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 13626 del 30/05/2018).

In tale ultima pronuncia si è condivisibilmente sostenuto che «La lettura del dato normativo fiscale, il quale deve tenere in debito conto il sistema fiscale complessivo e le ragioni di ordine costituzionale, legate alla capacità contributiva ex art. 53 Cost. fanno ritenere legittima l’applicazione dell’imposta prevista dal TU n. 346/90 qualora, come nella specie, il trasferimento a favore dell’attuatore faccia emergere la potenziale capacità economica del destinatario (immediato) del trasferimento. Coerentemente con la natura e l’oggetto del tributo, sono rilevanti i vincoli di destinazione in grado di determinare effetti traslativi in vicende non onerose, collegati al trasferimento di beni e diritti, che realizzano un incremento stabile, misurabile in moneta, di un dato patrimonio con correlato decremento di un altro. Il vincolo di destinazione, in tal caso è idoneo a produrre un effetto traslativo funzionale al (successivo ed eventuale) trasferimento della proprietà dei medesimi beni vincolati a favore di soggetti beneficiari diversi dal soggetto disponente, senza alcun effetto di segregazione del bene. In tal modo, il vincolo di destinazione assume un rilievo autonomo, rispetto alle altre fattispecie assoggettate al tributo, che hanno solo portata destinatoria con conseguente effetto di segregazione o separazione del bene, il quale rimane però nel patrimonio del disponente (in tal senso si è espressa Cass. 21614/2016 con riferimento all’istituzione di un trust cosiddetto “autodichiarato”). Nella specie i contraenti vollero il reale trasferimento delle quote e dei relativi diritti al trustee, sia pure ai fini della liquidazione e quindi il reale arricchimento del beneficiario. E’ quindi corretta l’applicazione dell’imposta nella misura dell’8% prevista dalla lettera c) del comma 49 del D.L. 262/06 che sottopone all’imposta di donazione la costituzione di vincoli di destinazione con beni devoluti a soggetti diversi da quelli previsti nelle lettere a), a bis) e b)».

Orientamento, questo, confermato, come detto da questa Corte nella citata ordinanza n. 31445 del 05/12/2018 (Rv. 652134) che però ha precisato che «solo una volta che si realizzerà l’effetto traslativo si potrà, in alcune evenienze (allorquando, cioè, nell’atto costitutivo vengano individuati numerosi soggetti, magari in via gradata, a seconda che si verifichino o meno determinati eventi dedotti), individuare con precisione gli effettivi beneficiari, in tal guisa determinando, per l’effetto, l’aliquota (oscillante tra il 4 e l’8%, a seconda del rapporto che intercorre tra il disponente ed il beneficiario) in concreto applicabile in sede di tassazione indiretta. Nel caso, ad esempio, in cui il trust sia costituito con lo scopo di destinare gli eventuali beni oggetto di segregazione alla soddisfazione di creditori, gli atti di disposizione degli stessi sconteranno la tassazione all’uopo prevista (essendo solo il ricavato vincolato alla destinazione ab initio impressa), laddove non è da escludere che i cespiti in fine ritornino al disponente, una volta estinti i debiti.

Tuttavia, ciò non esclude tout court che in alcune fattispecie sia possibile valutare sin da subìto se il disponente abbia avuto la volontà effettiva di realizzare, sia pure per il tramite del trustee, un trasferimento dei diritti in favore di terzo. E’ il caso di recente analizzato da Sez. 5, Sentenza n. 13626 del 2018, che si sostanziava in un atto costitutivo di un trust avente ad oggetto quote di partecipazione in una s.r.l. avente lo scopo di alienare le stesse e di provvedere proporzionalmente al pagamento dell’esposizione debitoria della disponente. E’ chiaro, infatti, che, allorquando il beneficiario sia unico e ben individuato (determinando, nel caso di specie, in assenza di rapporti di parentela con la disponente, l’applicazione dell’aliquota massima dell’8%) ed il negozio costitutivo non preveda, neppure in via subordinata, il ritorno dei beni in capo al settlor l’operazione dismissiva evidenzi, in assenza di provati intenti elusivi, una reale volontà di trasferimento, con la conseguente applicabilità immediata dell’aliquota di volta in volta prevista». A diversa conclusione deve, pertanto, pervenirsi quando, come negli atti in esame, non sono individuabili i reali beneficiari dell’operazione e non possa escludersi un eventuale rientro dei cespiti in capo al disponente, peraltro espressamente previsto ed attuato, con riferimento al trust “A. s.r.l.”, con il terzo degli atti sopra descritti. Orbene, alla stregua di tali considerazioni, il ricorso va rigettato e le spese processuali vanno integralmente compensate tra le parti stante l’applicazione nel caso in esame di un orientamento giurisprudenziale successivo al ricorso.

Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714).

P.Q.M.

rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.