CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 novembre 2021, n. 31333
Licenziamento “in tronco” – Dirigente – Rimborsi di spese non autorizzate – Grave violazione di doveri fondamentali
Rilevato che
Con ricorso in opposizione allo stato passivo di Impresa s.p.a., F.G., già dirigente di questa, chiedeva il riconoscimento di vari crediti di lavoro, tra cui €.432.900,00 per indennità supplementare, €. 158.175,00 per indennità sostituiva del preavviso, €.10.825,79 per differenze sul t.f.r., ed €. 22.175,13 per ulteriori crediti lavorativi, chiedendo l’ammissione allo stato passivo, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali.
La domanda si basava sulla dedotta illegittimità del licenziamento “in tronco”, intimatogli dalla società in data 7.10.13, per avere egli chiesto dei rimborsi di spese non autorizzate.
Con sentenza depositata il 19.4.18, il Tribunale fallimentare di Roma rigettava il ricorso.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il G., affidato a tre motivi, poi illustrati con memoria, cui resiste Impresa s.p.a. in A.S. con controricorso.
Considerato che
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 19 e 22 del c.c.n.l. 25.11.09 per i dirigenti di aziende industriali per avere la sentenza impugnata erroneamente affermato che le infrazioni poste alla base del licenziamento dovevano considerarsi grave violazione di doveri fondamentali’, laddove, considerata l’entità economica del rimborso richiesto (€.4.673), a fronte della sua ben più elevata retribuzione, esso non poteva definirsi grave.
Con ‘terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 111 Cost., 132 c.p.c., 2118 e 2119 c.c. per avere il Tribunale ritenuto erroneamente sussistente nella specie una giusta causa di recesso, che a suo avviso non sussisteva per le ragioni sopra riportate.
I motivi, da trattare congiuntamente stante la loro evidente connessione, sono infondati.
E ciò non solo perché, in base alla pacifica giurisprudenza di legittimità (ex aliis, Cass. n. 8816/17), l’entità del danno economico (nella specie peraltro non trascurabile) non rileva ai fini della lesione del vincolo fiduciario tra le parti (insito nel rapporto di lavoro subordinato ed in quello dirigenziale in particolare) ma anche per la pacifica circostanza che si trattò di alcuni viaggi all’estero non autorizzati, in compagnia di persona non facente parte dell’organico aziendale, ritenuti dal giudice del merito concretare una giusta causa di recesso.
L’apprezzamento del Tribunale sul punto, logicamente motivato, non può censurarsi in questa sede (Cass. n. 7948/11, Cass. n. 8293/12).
2. Con il secondo motivo il G. denuncia la violazione dell’art. 7 L. n. 300/70 e degli artt. 19 e 22 del c.c.n.l. per i dirigenti di aziende industriali, lamentando l’erronea valutazione della intempestività della contestazione disciplinare.
Il motivo è infondato considerato che il Tribunale ha adeguatamente motivato sul punto, trattandosi peraltro ed ancora di un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito (Cass.n. 26010/18), il quale ha evidenziato che i fatti risalivano all’estate 2012, mentre la contestazione, pur avvenuta nel settembre 2013, scontò, oltre al necessario accertamento dei fatti, la circostanza che tra essi e la contestazione, l’impresa fu sottoposta alla procedura di A.S.
3. Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in €.200,00 per esborsi, €.6.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
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