CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 ottobre 2018, n. 24028
Tributi – Contenzioso tributario – Soggetto fallito – Proposizione appello – Inammissibilità – Legittimazione processuale del fallito per i rapporti patrimoniali compresi nel fallimento ammessa nel caso di disinteresse o inerzia degli organi preposti al fallimento – Esclusione quando detti organi si siano concretamente attivati e abbiano ritenuto non conveniente intraprendere o proseguire la controversia
Rilevato che
– con sentenza n. 33/04/10 depositata in data 16 marzo 2010, non notificata, la Commissione tributaria regionale del Veneto rigettava l’appello di E. s.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore e di Equitalia Nomos s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, avverso la sentenza n. 17/09/08 della Commissione tributaria provinciale di Treviso, dichiarando, in conferma di quest’ultima, la legittimità della cartella di pagamento n. 11320070004205316 dell’importo di euro 10.330.194, 42, emessa nei confronti della società contribuente, a seguito di controllo automatizzato sulla dichiarazione, per l’anno di imposta 2003, ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 nonché dell’art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, per omessi versamenti di Irpeg, Irap e Iva;
– la CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, osservava che: 1) l’Ufficio di Treviso era territorialmente competente ad emettere la cartella, avendo la società contribuente espressamente indicato, nella dichiarazione “Modello Unico 2004”, il proprio domicilio fiscale in Villorba (TV); 2) non era ravvisabile la violazione dell’art. 6 della legge n. 212 del 2000, essendo la comunicazione prevista solo ove sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione; 3) le spese di lite come liquidate dalla CTP risultavano congrue in relazione al valore della lite e quelle di secondo grado andavano liquidate in euro 12.000,00 a favore di ognuna delle parti appellate;
– avverso la sentenza della CTR, Fabio T., già amministratore della E. s.r.l. fallita con sentenza del Tribunale di Treviso n. 249/10 del 23 ottobre 2010, propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi,cui, con controricorso, resistono l’Agenzia delle entrate e la Equitalia Nomos s.p.a.;
– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, secondo comma, e dell’art. 380- bis. 1 cod. proc. civ., introdotti dall’art. 1 – bis del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.
Considerato che
– con il primo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 58 del d.P.R. n. 600 del 1973 nonché degli artt. 35 e 40 del d.P.R. n. 633 del 1972, per avere il giudice di appello erroneamente ritenuto territorialmente competente ad emettere l’impugnata cartella di pagamento l’Ufficio di Treviso in luogo di quello di Venezia 2, ancorché il domicilio fiscale della società, nel corso dell’anno 2003 e al momento della presentazione della dichiarazione relativa al 2003 fosse ubicato in Mestre, Via (…), mentre la variazione del domicilio fiscale in Viliorba (TV) inserita nella dichiarazione “Modello Unico 2004” avrebbe potuto avere effetto solo dopo sessanta giorni dalla data della relativa presentazione (nella specie il 2 novembre 2004);
– con il secondo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, quinto comma, della legge n. 212 del 2000, per avere il giudice di appello erroneamente ritenuto che la comunicazione dell’Ufficio finalizzata ad acquisire i chiarimenti necessari o i documenti mancanti non fosse, nella specie, necessaria essendo prevista solo ove sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, ancorché la cartella impugnata facesse espresso riferimento ad una comunicazione predisposta dall’Ufficio di Treviso ma non notificata alla società contribuente;
– con il terzo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 92 c.p.c.e 15 del D.lgs. n. 546 del 1992 per avere il giudice a quo, sia con riferimento al capo della sentenza impugnata concernente la liquidazione delle spese di lite di primo grado che con riferimento a quelle di appello, erroneamente omesso di considerare le circostanze (quali il comportamento dell’Agenzia delle entrate o la successione di leggi nel tempo) atte a concretare i “giusti motivi” rilevanti ai fini della compensazione delle spese, a prescindere dal parametro del “valore della causa”;
– con il quarto motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la omessa valutazione, con vizio in procedendo, da parte del giudice a quo delle ragioni che imponevano la compensazione delle spese di lite in entrambi i gradi di giudizio;
– logicamente preliminare è l’esame dell’eccezione sollevata nel controricorso dall’Agenzia delle entrate in ordine al difetto di legittimazione attiva del legale rappresentante della società fallita che è fondata e va, pertanto, accolta;
– a norma del primo comma dell’art. 43 legge fall, “nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento sta in giudizio il curatore”. Secondo quanto dispone poi il secondo comma, il fallito può intervenire nel giudizio (e non quindi promuoverlo) solamente per le questioni dalle quali può dipendere una imputazione per lui di bancarotta, oppure quando l’intervento è previsto dalla legge. Lo “stare in giudizio del curatore” sancito dal legislatore ha come rovescio la perdita della capacità processuale del fallito rispetto ai rapporti di diritto patrimoniale acquisiti al fallimento;
– questa regola è stata attenuata da una giurisprudenza ormai consolidata (da ultimo ribadita da Cass. n. 21765 del 2015 e da Cass. n. 10083 del 2017) che ha conferito rilevanza alla inerzia o disinteresse degli organi fallimentari in ordine a quei rapporti. E, infatti, l’art. 43 legge fall, è interpretato da questa Corte nel senso che la perdita della capacità processuale per effetto della dichiarazione di fallimento non è assoluta ma relativa alla massa dei creditori, alla quale soltanto (e, per essa, al curatore) è concesso eccepirla, traendosene la conseguenza che se il curatore rimane inerte ed il fallito agisce in giudizio per proprio conto, la controparte non è legittimata a proporre l’eccezione né il giudice può rilevare d’ufficio il difetto di capacità (o di legittimazione) (v. per es. n. 3031 del 1978; Cass. n. 6371 del 1979; Cass. n. 1381 del 1987; Cass. n. 3400 del 1997; Cass. n. 4865 del 1998; Cass. n. 7132 del 1998; Cass. n. 5238 del 1999; Cass. n. 12879 del 1999; Cass. n. 6085 del 2001). Si è però ulteriormente specificato in giurisprudenza che il difetto di capacità (o di legittimazione) è opponibile da chiunque ed è rilevabile d’ufficio, quando il fallito intenda tutelare, direttamente e personalmente, beni e rapporti già acquisiti al fallimento, di cui gli organi fallimentari abbiano mostrato concretamente di volersi interessare (v. per es. Cass. n. 464 del 1972; Cass. n. 7200 del 1998; Cass. n. 8116 del 2000; Cass. n. 5202 del 2003);
– in applicazione del principio da ultimo enunciato, è stata più volte affermata l’inammissibilità, eccepibile dalla controparte e rilevabile d’ufficio, dell’impugnazione proposta dal fallito. Si è argomentato che la legittimazione del fallito alla tutela giurisdizionale dei rapporti compresi nel fallimento presuppone inerzia e disinteresse da parte degli organi fallimentari; inerzia e disinteresse che mancano nel caso i cui detti organi, dopo essersi concretamente attivati, abbiano poi ritenuto conveniente o prudente di non proseguire nella controversia. (Cass., sez. un., n. 1390 del 1967; Cass. n. 1858 del 1975; Cass. n. 1061 del 1978; Cass. n. 6458 del 1982; Cass. n. 7320 del 1996; Cass. n. 529 del 2003; Cass. n. 5202 del 2003);
– questa Corte con un orientamento condivisibile ha, al riguardo, affermato il seguente principio di diritto: «la legittimazione processuale del fallito per i rapporti patrimoniali compresi nel fallimento può eccezionalmente riconoscersi soltanto nel caso di disinteresse o inerzia degli organi preposti al fallimento e non anche quando detti organi si siano concretamente attivati e abbiano ritenuto non conveniente intraprendere o proseguire la controversia. Da ciò consegue che non può riconoscersi la legittimazione del fallito ad impugnare una decisione emessa nei confronti del curatore del fallimento, poiché in queste evenienze non è ravvisabile disinteresse degli organi fallimentari, conseguendo la mancata impugnazione ad una valutazione di opportunità o convenienza. In questi casi l’inammissibilità dell’impugnazione può essere eccepita dalla controparte o rilevata d’ufficio (Cass. n. 9710 del 2004; richiamata da Cass. n. 7791 del 2006 e n. 11572 del 2007);
– nella specie, circostanze incontestate sono la dichiarazione di fallimento della società E. s.r.l. con sentenza n. 249/2010 del Tribunale di Treviso del 23 ottobre 2010 (e, dunque, successivamente al deposito della sentenza impugnata) e la comunicazione, allegata al ricorso, del 15 novembre 2010 con la quale il curatore fallimentare aveva espressamente ritenuto di non volere proseguire il contenzioso pendente, tra cui anche quello relativo al presente giudizio;
– conseguendo la mancata impugnazione della sentenza della CTR da parte della curatela ad una valutazione di opportunità e di convenienza, alla luce del quadro giurisprudenziale sopra richiamato, non è dato ravvisare il disinteresse o l’inerzia di quest’ultima, con conseguente difetto di legittimazione attiva a proporre il ricorso per cassazione in capo a Fabio T., già amministratore della fallita E. s.r.l.;
– né il T. può ritenersi legittimato in proprio, posto che dalla sentenza impugnata risulta che, nelle fasi di merito, era costituita in giudizio esclusivamente la società e non quest’ultimo in proprio;
– ne segue l’affermazione del seguente principio di diritto: «In caso di proposizione di un giudizio da parte di un soggetto dichiarato fallito, con riferimento ad un rapporto patrimoniale astrattamente suscettibile di essere compreso nel fallimento, il giudice può rilevare il difetto di legittimazione del fallito solo nel caso in cui gli organi del fallimento, prima dell’instaurazione della causa, abbiano manifestato la loro volontà di interessarsi del rapporto in questione come, allorquando, si siano concretamente attivati e abbiano poi comunicato di non volere proseguire nella controversia, essendo tale comunicazione espressione di una valutazione di opportunità o convenienza di non coltivare l’impugnazione»;
-per quanto detto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
– in ragione dei principi di causalità e soccombenza va disposta la condanna delle parti ricorrenti a rimborsare alla Agenzia delle entrate nonché alla Equitalia Nomos s.p.a. le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso; condanna Fabio T., già amministratore della fallita E. s.r.l. alla rifusione in favore dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, delle spese del presente grado di giudizio che liquida in euro 25.000,00,per compensi, oltre spese prenotate a debito nonché in favore di Equitalia Nomos s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, delle spese del presente grado di giudizio che liquida in euro 25.000,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% e agli altri oneri di legge;
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana, sezione n. 1, sentenza n. 425 depositata il 4 maggio 2023 - Il fallito conserva, in via eccezionale, la legittimazione ad agire per la tutela dei suoi diritti patrimoniali, sempre che…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 05 luglio 2019, n. 18188 - Le deroghe alla perdita della legittimazione processuale del fallito ex art. 43 l. fall. formulate per il caso che l'inerzia del curatore dipenda da assoluto disinteresse, non trovano…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 05 dicembre 2019, n. 31843 - La dichiarazione di fallimento, pur non sottraendo al fallito la titolarità dei rapporti patrimoniali compresi nel fallimento, comporta la perdita della capacità di stare in giudizio nelle…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 16 ottobre 2019, n. 26127 - In tema di fallimento di società di persone e dei soci illimitatamente responsabili, che l'atto impositivo, se inerente a crediti tributari i cui presupposti si siano determinati prima della…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 29 maggio 2020, n. 10251 - In tema di fallimento di società dì persone e dei soci illimitatamente responsabili, che l'atto impositivo, se inerente a crediti tributari i cui presupposti si siano determinati prima della…
- Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 11287 depositata il 28 aprile 2023 - In caso di rapporto d’imposta i cui presupposti si siano formati prima della dichiarazione di fallimento, il contribuente dichiarato fallito a cui sia stato notificato…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…