CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 ottobre 2018, n. 24048
Tributi – Dichiarazione dei redditi – Omessa tempestiva presentazione – Inadempimento imputabile al CAF – Annullamento sanzioni per omessa presentazione
Ritenuto che
Di P. F. Isa impugnava l’avviso di accertamento n. RC101T501764 con il quale l’Ufficio di Frosinone accertava un maggior reddito di impresa ed un maggior volume di affari ai fini IVA, relativamente all’anno di imposta 2000, in ragione dell’omessa tempestiva presentazione del Mod. Unico 2001, trasmesso fuori termine. L’Agenzia delle entrate procedeva alla ricostruzione del reddito e del volume di affari conseguiti nelle predetta annualità, applicando una percentuale di ricarico del 30% sul costo venduto, recuperando a tassazione un maggior reddito di impresa, per lire 33.942.000 ed un maggior volume di affari per lire 147.086.000 e conseguentemente applicava le sanzioni per l’omessa dichiarazione ai fini II.DD. ed IVA.
La contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla CTP di Frosinone, eccependo che la tardiva presentazione della dichiarazione era imputabile al CAF, al quale aveva tempestivamente consegnato la documentazione da inviare telematicamente. La CTP, con sentenza n. 70/03/07, confermava la legittimità del recupero ed accoglieva parzialmente il ricorso limitatamente al profilo relativo alla irrogazione delle sanzioni per omessa presentazione della dichiarazione, dal momento che la ricorrente aveva provato di non essere responsabile della tardività della presentazione del Mod. Unico 2001, rigettandolo per il resto. L’Ufficio spiegava appello, censurando la sentenza dei giudici provinciali sostenendo che, una volta annullate le sanzioni per omessa dichiarazione e confermato l’atto di recupero, la Commissione avrebbe dovuto comunque riconoscere come dovute le sanzioni per infedele dichiarazione, ai sensi degli artt. 1 e 5 d.lgs. n. 471 del 1997 dal momento che il ricorso della contribuente era stato respinto nel merito. La CTR, con la sentenza in epigrafe indicata, respingeva il gravame. L’Ufficio ricorre per la cassazione della sentenza, svolgendo un unico motivo. La parte intimata non ha svolto difese.
Considerato che
1. Con l’unico motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 23, comma 3, e 53 del d.lgs. n. 546 del 1992 (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.) atteso che la CTR avrebbe erroneamente decretato l’inammissibilità del gravame, in quanto “non risultano del tutto chiare le ragioni dell’appello”, laddove dall’esame delle censure formulate emergeva chiaramente la ragione dell’impugnazione. Si argomenta che se la CTR avesse compreso l’esatta portata dei motivi, avrebbe accolto l’appello, essendo certo che nel caso di un avviso di accertamento emesso a seguito di ricostruzione del reddito e del volume di affari sul presupposto che la dichiarazione era stata omessa, pur essendo stata ritenuta la buona fede del contribuente, ma confermata la infedeltà della dichiarazione, il giudice non poteva limitarsi ad annullare in toto le sanzioni, ma doveva rideterminarle sulla base della nuova situazione emersa nel corso del giudizio, ossia ridurne l’importo dal 120% previsto per l’omessa dichiarazione al 100% stabilito per la dichiarazione infedele della maggiore imposta accertata.
3. Con il motivo di appello riportato in ricorso, in ossequio al principio di autosufficienza, l’Ufficio aveva contestato l’erroneità della pronuncia del giudice di primo grado il quale non aveva considerato che le sanzioni irrogate erano fondate sul presupposto dell’omessa dichiarazione, ma anche commisurata all’imposta accertata nella sua interezza, quindi comprensiva anche delle sanzioni relativa alla maggiore base imponibile accertata in via induttiva, relativa ai ricavi e redditi di impresa non presenti nella dichiarazione tardivamente prodotta in via telematica dal CAF.
Si lamenta, pertanto, che il giudice di appello avrebbe stabilito l’annullamento delle sanzioni, per omessa presentazione della dichiarazione, senza tenere conto di quella parte delle sanzioni relative ai maggiori imponibili accertati.
4. Le doglianze espresse in ricorso non sono fondate e ciò emerge chiaramente dalla piana lettura della sentenza impugnata.
La CTR, invero, conferma la sentenza della CTP, basata sostanzialmente sull’annullamento delle sanzioni atteso che la mancata presentazione della dichiarazione non era imputabile alla ricorrente, avendola consegnata tempestivamente al CAF e conclude affermando che “non risultano del tutto chiare le ragioni dell’appello”.
Va precisato che la sentenza della CTP impugnata stabiliva testualmente che “le osservazioni, le considerazioni e le argomentazioni sopra esposte inducono la Commissione a deliberare di accogliere il ricorso limitatamente alla richiesta di annullamento delle sanzioni per omessa presentazione della dichiarazione e di rigettarlo per il resto” dovendosi intendere con tale affermazione la volontà di rigettare la richiesta di annullamento delle sanzioni riguardante l’accertata infedele dichiarazione, tenuto conto che si utilizza il termine “limitatamente” con riferimento all’accoglimento della richiesta di annullamento delle sanzioni per omessa presentazione della dichiarazione.
Ne consegue che emerge chiaramente che la domanda relativa all’annullamento delle sanzioni dovute e determinate per infedele dichiarazione, ai sensi degli artt. 1 e 5 d.lgs. n. 471 del 1997, era stata rigettata dal giudice di primo grado, sicché privo di interesse doveva essere considerato il relativo motivo proposto dall’Ufficio in appello.
Invero, la CTR dà per scontato, nella piena condivisione della sentenza di prime cure, che sono state annullate le sanzioni relative alla omessa presentazione della dichiarazione da parte della contribuente, sul presupposto dell’assenza di colpevolezza, rilevando come non siano comprensibili le ulteriori ragioni dell’Ufficio. Questa Corte ha precisato che : “L’interpretazione del contenuto dell’atto di appello, che rientra nei compiti del giudice del merito ed è sottratta al sindacato di legittimità se correttamente motivata, non è soggetta alle regole di ermeneutica contrattuale, e deve essere condotta tenendo conto sia della formulazione letterale, sia del contenuto sostanziale dell’atto stesso in relazione alle finalità che la parte intende perseguire “ (Cass. n. 5829 del 1995; Cass. n. 15643 del 2003).
5. Da siffatti rilievi consegue il rigetto del ricorso, mentre nulla va disposto per le spese di lite in mancanza di attività difensiva della parte intimata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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