CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 settembre 2019, n. 22006
Lavoro – Retribuzioni inferiori a quelle previste dal CCNL di riferimento – Indebita fruizione degli sgravi degli oneri sociali per il mezzogiorno – Accertamento
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Frosinone che aveva ritenuto dovuto da parte di P. R., titolare dell’omonima ditta, l’importo di € 37.514,91 richiesto dall’Inps a titolo di indebita fruizione degli sgravi degli oneri sociali per il mezzogiorno di cui alla I. n. 1089 del 1968 ed alla I. n. 183 del 1976.
2. La Corte riferiva che con verbale di accertamento l’Inps aveva accertato che la ditta aveva pagato ai lavoratori dipendenti nel periodo dal novembre 1991 al 1993 retribuzioni inferiori a quelle previste dal CCNL di riferimento ed aveva conseguentemente proceduto al recupero delle somme dovute per contributi, somme aggiuntive, omessa presentazione delle denunce mensili, ed aveva altresì ritenuto decaduta la ditta dagli sgravi degli oneri sociali per il mezzogiorno di cui alla I. n. 1089 del 1968 ed alla I. n. 183 del 1976 di cui si era avvalso l’appellante. Aggiungeva che il R. aveva presentato per le pendenze contributive una domanda di condono ex d.l. n. 6 del 1993, che non escludeva, diversamente dai precedenti condoni, la decadenza dagli sgravi contributivi, ed aveva poi presentato ulteriore domanda per il successivo condono di cui all’art. 4, comma 9, del d.l. 232/95, al fine di accedere al beneficio degli sgravi; la Corte riteneva tuttavia esclusa la possibilità di beneficiare del nuovo condono, avendo la ditta già definito le pendenze contributive accertate con i verbali ispettivi del 1994 con la precedente regolarizzazione, e quindi non impedita la decadenza dagli sgravi.
3. Per la cassazione della sentenza G. R. ed i suoi litisconsorti, eredi di P. R., hanno proposto ricorso, affidato ad un unico motivo, cui ha resistito l’Inps con controricorso.
4.1 ricorrenti hanno depositato anche memoria ex art. 380-bis. 1 c.p.c.
Considerato che
5. I ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del d.l. n. 166 del 1996, come modificato dall’art. 1, comma 230, della I. n. 662 del 1996.
Sostengono che la sentenza della Corte territoriale sarebbe errata nella parte in cui ha ritenuto che la ditta avesse sanato integralmente le inadempienze contributive a seguito della prima domanda di condono; sostengono che avrebbe potuto proporre domanda per il nuovo condono, in quanto con il primo erano stati pagati importi inferiori a quelli dovuti per effetto della detrazione degli sgravi, tanto che con il successivo verbale ispettivo n. 58252 del 24.10.1994 era stato richiesto il pagamento di quanto dovuto a titolo di sgravi pari a £. 72.639.000.
6. Il ricorso non è fondato.
Occorre premettere che i ricorrenti riferiscono (pg. 6 del ricorso e pg. 4 della memoria) che la seconda domanda di condono è stata presentata senza che ivi risultassero debiti da regolarizzare, in quanto ai sensi dell’art. 3 del d.l. n. 166 del 1996 , come modificato dall’art. 1 comma 230 della I. n. 9662 del 1996, la regolarizzazione avrebbe impedito la decadenza dal beneficio degli sgravi.
7. Emerge dunque la correttezza della soluzione adottata dalla Corte di merito, considerato che la seconda domanda di condono non poteva avere ad oggetto i medesimi importi già regolarizzati con la precedente, considerato che essa poteva avere ad oggetto ai sensi del comma 2 dell’art. 3 del d.l. n. 166 del 1996 solo importi dei quali il richiedente fosse ancora debitore. L’ammissione e l’assolvimento della precedente procedura di regolarizzazione aveva infatti esaurito il debito contributivo che ne era oggetto, che non poteva quindi essere rimesso in discussione in una successiva procedura di condono, neppure se più favorevole al richiedente.
Neppure quindi la nuova domanda poteva determinare il diritto del ricorrente a fruire degli sgravi.
8. Segue coerente il rigetto del ricorso.
9. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
10. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 5.000,00 per compensi professionali, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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