CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 settembre 2020, n. 18308
Prescrizione decennale – Contributi dovuti alla gestione artigiani – Cartella di pagamento – Proposta di compensazione
Rilevato che
la Corte d’appello di Bari, a conferma della sentenza del Tribunale della stessa città, ha rigettato i ricorsi (riuniti) proposti dall’Inps, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. s.p.a. e da Equitalia Sud s.p.a. rivolti a sentir dichiarare non estinti per prescrizione decennale i crediti iscritti in sei cartelle notificate a S. D. per contributi dovuti alla gestione artigiani, costituenti oggetto di una proposta di compensazione ex art. 28 ter del d.P.R. n. 602 del 1973, notificata al contribuente il 21 agosto 2012 e dallo stesso opposta;
la Corte territoriale, in sintonia con quanto disposto dalla sentenza di primo grado, ha affermato la durata quinquennale della prescrizione, e, avendo accertato che la proposta di compensazione era stata notificata al contribuente il 21 agosto 2012 mentre la notifica dell’ultima cartella di pagamento era avvenuta il 16 dicembre 2006, ha dichiarato estinto il credito contributivo oggetto della proposta di compensazione; la cassazione della sentenza è domandata dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione, subentrata ad Equitalia Sud s.p.a. sulla base di tre motivi;
S. D. è rimasto intimato;
l’Inps ha depositato procura in calce al ricorso;
è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Considerato che
col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n.3 cod. proc. civ., la ricorrente deduce “Violazione e falsa applicazione dell’art. 24 co.5 d.lgs. n.46/1999”; contesta la decisione gravata per non aver disposto d’ufficio l’inammissibilità del ricorso per essere stata la cartella di pagamento impugnata da S. D. oltre il termine di legge di quaranta giorni dalla sua notifica;
col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n.3 cod. proc. civ., lamenta “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2934 ss. cc .”;
la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere direttamente azionabile mediante un’azione di mero accertamento la domanda di prescrizione, che l’ordinamento ricostruisce in termini di eccezione,;
col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n.3 cod. proc. civ., deduce “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2946 e 2953 cc, 3 L. 335/1995”; l’Agenzia delle Entrate sostiene che, pur in seguito alla sentenza delle Sezioni Unite n. 23397 del 2016, a cui il giudice dell’appello si richiama, la tesi della prescrizione decennale del diritto alla riscossione sarebbe egualmente sostenibile;
il diritto ad azionare il credito portato nelle cartelle da parte dell’agente della riscossione, in assenza di previsioni normative derogatorie, resterebbe quello decennale;
la sentenza delle Sezioni Unite n. 23397 del 2016 si sarebbe limitata a statuire in merito alla sola applicabilità dell’art. 2953 cod. civ. alla fattispecie, ma non avrebbe affrontato il diverso aspetto relativo all’individuazione del termine di prescrizione del rapporto obbligatorio scaturente dal titolo esecutivo, che abilita l’agente della riscossione all’esercizio dell’azione di recupero coattivo, il quale, in assenza di espressa previsione per l’azione di riscossione, dovrebbe ritenersi decennale;
il primo motivo è infondato;
il richiamo al decorso del termine di quaranta giorni contemplato dall’art. 24 del d.lgs. n.46 del 1999 si rivela, nel caso in esame, inconferente; nel caso che ci occupa, la norma azionata dal contribuente è l’art. 28 ter del d.P.R. n.602 del 1973, contenente la disciplina della riscossione delle imposte sul reddito, la quale consente al concessionario, qualora gli importi a debito coesistano con il diritto ad ottenere un qualche rimborso, di formulare una proposta di compensazione (anche parziale) tra il credito da rimborsare e il debito da assolvere;
la Corte territoriale ha dato atto che l’agenzia della riscossione aveva formulato ai sensi della norma predetta, una proposta di compensazione in ordine al credito maturato nei confronti di S. D. “…recante quale differenza a titolo di crediti contributivi vantati dall’Inps la somma di Euro 61.199,78 (per contributi dovuti alla gestione artigiani, nonché a titolo di DM10 insoluti, e pure rinvenienti dalle note di rettifica scaturenti dal mancato riconoscimento di sgravi contributivi)” (p.2 sent.);
il D. aveva impugnato tale proposta di compensazione, a norma dell’art. 28 ter, co.4 dello stesso d.P.R. n.602, senza rimettere in discussione la pretesa impositiva ormai cristallizzata nelle cartelle di pagamento, divenute definitive, bensì per un fatto nuovo e sopravvenuto rispetto alla notifica delle stesse, dovuto allo spirare del termine quinquennale di prescrizione del credito, in assenza di atti interruttivi;
la Corte territoriale avendo accertato l’estinzione del diritto al credito in capo all’agente della riscossione per il decorso della prescrizione estintiva quinquennale (la proposta di compensazione era stata notificata il 21 agosto 2012, mentre l’ultima notifica della cartella esattoriale risaliva al 16 dicembre 2006), ha, dunque, riconosciuto l’interesse del contribuente a bloccare la ripresa della procedura coattiva che sarebbe inevitabilmente conseguita alla mancata accettazione della proposta di compensazione, così come prevede l’art. 28 ter co.4 del d.P.R. n.602;
il secondo e il terzo motivo di ricorso vanno trattati congiuntamente perché connessi e riconducibili alla tesi difensiva dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione secondo cui, pur dopo la decisione Sez. Un. n.23397 del 2016, il termine di prescrizione delle cartelle di pagamento per crediti di natura contributiva non corrisposti rimane quello decennale;
i motivi sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis. cod. proc. civ., in base alla pronuncia delle Sezioni Unite n. 23397 del 2016 con cui la Suprema Corte ha affermato che il termine (ordinario) decennale di prescrizione di cui all’art. 2953 cod. civ. trova applicazione soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la cartella di pagamento, o anche l’avviso di addebito dell’Inps, avendo natura di atto amministrativo, sono prive dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato;
in definitiva, i ricorso è infondato;
nulla spese in favore di S. D. rimasto intimato, né in favore dell’Inps che non ha svolto attività difensiva;
in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art.1, comma 17 della I. n.228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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