CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 settembre 2020, n. 18331
Avviso di addebito – Contributi alla Gestione commercianti Inps – Accertamento ispettivo – Lavoro con abitualità a prevalenza – Controllo dei dipendenti e della gestione della politica aziendale – Fatti costituivi dell’obbligo contributivo, intesi in senso relativo e soggettivo – Attività lavorative espletate dal soggetto in seno alla stessa attività aziendale costituente l’oggetto sociale, al netto dell’attività esercitata in quanto amministratore – Nessuna comparazione con riferimento a tutti gli altri fattori produttivi, naturali, materiali e personali dell’impresa – Onere della prova a carico dell’Inps
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 740 pubblicata il 2.3.2018, ha respinto l’appello di G.M., confermando (sia pure con diversa motivazione) la pronuncia di primo grado che aveva rigettato il ricorso del predetto in opposizione ad avviso di addebito relativo a contributi pretesi dall’INPS per l’iscrizione alla gestione commercianti nel periodo ottobre 2007/dicembre 2012;
2. la Corte territoriale ha ritenuto assolto l’onere di prova gravante sull’Istituto quanto alla sussistenza dei requisiti richiesti dall’art. 1, comma 203, della legge n. 662 del 1996, per l’iscrizione alla gestione commercianti in ragione delle dichiarazioni rese dal medesimo G.M. nel corso dell’accertamento ispettivo del 4.5.2012; in tale sede il predetto, socio della E. srl, aveva riferito di “lavorare” dal 13.7.2006 con abitualità a prevalenza presso il bar gestito dalla E. srl occupandosi del controllo dei dipendenti e della gestione della politica aziendale”; secondo i giudici di appello, tale dichiarazione dimostrava la partecipazione del socio all’attività aziendale in maniera continuativa e non occasionale, risultando irrilevante che il G. fosse retribuito da altre società;
3. avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione G.M., affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso l’INPS;
4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
Considerato che
5. con il primo motivo di ricorso G.M. ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 203, L. n. 662 del 1996 per avere la Corte d’appello ritenuto dimostrati i requisiti di abitualità e prevalenza del lavoro svolto in favore della E. srl sebbene il predetto svolgesse lavoro subordinato regolarmente dichiarato e per il quale era corrisposta la contribuzione previdenziale; ha sostenuto che lo svolgimento di un lavoro subordinato risulta incompatibile con l’abitualità e prevalenza dell’attività svolta, secondo la sentenza impugnata, in favore della società E. srl;
6. sotto altro profilo, sempre col primo motivo, il ricorrente ha censurato la sentenza, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., per motivazione insufficiente e contraddittoria, affermando l’irrilevanza nel caso in esame della disciplina della cd. doppia iscrizione che presuppone lo svolgimento contemporaneo di attività autonoma di amministratore di società e di socio lavoratore, mentre nella fattispecie in esame si è di fronte allo svolgimento di un’attività autonoma ed una di lavoro subordinato, tra loro incompatibili;
7. col secondo motivo il ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione dell’art. 2041 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.;
8. ha sostenuto come la pretesa dell’INPS, di contribuzione alla gestione commercianti, rappresenti un illecito arricchimento, in ragione della contribuzione versata per il rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno;
9. il primo motivo di ricorso è fondato;
10. ai sensi della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203, l’iscrizione alla gestione commercianti è obbligatoria ove ricorrano congiuntamente i seguenti requisiti: la titolarità o gestione di imprese organizzate e/o dirette in prevalenza con il lavoro proprio e dei propri familiari; la piena responsabilità ed i rischi di gestione (unica eccezione proprio per i soci di s.r.l.); la partecipazione al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza; il possesso, ove richiesto da norme e regolamenti per l’esercizio dell’attività propria, di licenze e qualifiche professionali;
11. come precisato da questa Corte (Cass. n. 19273 del 2018; n. 4440 del 2017; n. 5444 del 2013), non è sufficiente lo svolgimento di una qualsiasi attività lavorativa, di natura individuale o societaria, per essere iscritti ad un fondo di previdenza relativo ai lavoratori autonomi ma occorre che esistano, congiuntamente, i due requisiti di abitualità e prevalenza;
12. tali requisiti, necessari per l’iscrizione alla gestione commercianti e quindi fatti costituivi dell’obbligo contributivo il cui onere di prova è a carico dell’INPS (cfr. Cass. n. 5763 del 2002; Cass., n. 23600 del 2009), devono essere intesi in senso relativo e soggettivo, ossia facendo riferimento alle attività lavorative espletate dal soggetto in seno alla stessa attività aziendale costituente l’oggetto sociale della s.r.l. (ovviamente al netto dell’attività esercitata in quanto amministratore) e non già comparativamente con riferimento a tutti gli altri fattori produttivi (naturali, materiali e personali) dell’impresa (cfr. Cass. n. 19273 del 2018; n. 4440 del 2017 cit.);
13. la nozione di “prevalenza” della partecipazione del socio al lavoro aziendale, la cui interpretazione quale parametro normativo è censurabile in sede di legittimità (cfr. Cass., n. 17009 del 2017; Cass., n. 9808 del 2011; Cass., n. 13448 del 2003; Cass., n. 8254 del 2002; Cass., n. 14664 del 2001; Cass., n. 5960 del 1999), equivale a maggiore consistenza, intesa anche come superiorità numerica, e presuppone una comparazione tra l’attività lavorativa svolta dal socio nell’ambito aziendale e quella dal medesimo dedicata ad altri ambiti, esterni a quello aziendale;
14. in tale opera di comparazione il giudice deve valutare qualsiasi attività lavorativa svolta dal socio in settori esterni a quello aziendale, al fine appunto di verificarne la “prevalenza” o meno rispetto alla partecipazione al lavoro aziendale; rileva certamente al fine suddetto, ad esempio, il contemporaneo svolgimento di lavoro subordinato alle dipendenze di altra impresa per le caratteristiche proprie di tale tipo di rapporto, come delineate dall’art. 2094 c.c.;
15. sicché ove risulti accertato il contemporaneo svolgimento di lavoro subordinato alle dipendenze altrui (e di ciò nel caso di specie danno atto sia la sentenza impugnata e sia il controricorso dell’INPS, quest’ultimo limitatamente al periodo dall’ottobre 2007 fino al 31.12.2010), la valutazione del requisito della prevalenza della partecipazione del socio al lavoro aziendale non può logicamente prescindere da tale dato e dalla esatta ricostruzione e comparazione delle due attività;
16. la Corte d’appello, poiché nell’interpretare il requisito di prevalenza della partecipazione del socio al lavoro aziendale ha ritenuto ininfluente in astratto lo svolgimento contemporaneo di lavoro subordinato, è incorsa nel vizio di violazione di legge di cui all’art. 360 n. 3 c.p.c.;
17. per tale ragione, in accoglimento del primo motivo di ricorso e ritenuto assorbito il secondo, la sentenza deve essere cassata con rinvio alla medesima Corte d’appello che procederà ad un nuovo esame della fattispecie attenendosi ai principi sopra enunciati, oltre che alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
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