CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 settembre 2020, n. 18332
Avvocati – Credito contributivo vantato dall’INPS – Obbligo di iscriversi nella Gestione separata ex art. 2, co. 26, L. n. 335/1995 – Attività libero professionale svolta – Mancata iscrizione alla Cassa di Previdenza Forense – Mancato conseguimento del reddito nella misura utile per l’insorgenza del relativo obbligo
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Palermo, con sentenza n. 597 pubblicata il 2.7.2018, ha respinto l’appello dell’INPS, confermando la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato prescritto il credito contributivo vantato dall’INPS in relazione all’anno 2009; la pretesa contributiva dell’INPS era fondata sul presupposto dell’obbligo dell’avvocato P.G. di iscriversi nella Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, l. n. 335/1995 in relazione all’attività libero professionale svolta senza che la predetta, pur iscritta all’Albo Forense, fosse iscritta alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense in ragione del mancato conseguimento del reddito nella misura utile per l’insorgenza del relativo obbligo e di quello contributivo conseguente;
2. la Corte d’appello ha ritenuto correttamente dichiarata la prescrizione individuando come dies a quo del decorso del termine quinquennale la scadenza del termine per il pagamento dei contributi, nel caso di specie il 16.6.2010, risultando tardiva, e quindi inidonea a interrompere il termine prescrizionale, la nota dell’Inps dell’11.6.2015, notificata l’1.7.2015; ha poi giudicato comunque infondata nel merito la pretesa dell’INPS;
3. avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso P.G.;
4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;
Considerato che
5. con il primo motivo di ricorso l’INPS ha dedotto violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, commi 26 -31, della legge n. 335/1995, dell’art. 18, commi 1 e 2, d.l. n. 98/2011 (conv. con mod. nella legge n. 111/2011), dell’art. 53 d.P.R. n. 917/1986 modificato dal d.lgs. n. 344/2003, degli artt. 10, 11 e 22 della legge n. 576/1980, dell’art. 21, comma 10, della legge n. 247/2012, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto che non sussista alcun obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso l’INPS a carico del professionista avvocato che, pur esercitando la libera professione, non abbia l’obbligo di iscriversi alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense (nel caso di specie, per mancato raggiungimento del limite di reddito);
6. col secondo motivo di ricorso l’Istituto ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., dell’art. 2, commi 26 – 31, della legge 335/1995, per avere la Corte di merito errato nella individuazione del dies a quo del decorso della prescrizione, coincidente, secondo la tesi dell’INPS, con la scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi (nella specie, 31 luglio, oppure 31 agosto se in via telematica) dell’anno successivo a quello per cui va versato il contributo all’INPS;
7. si esamina prioritariamente, per ragioni di ordine logico, il secondo motivo di ricorso che risulta infondato alla luce dei principi affermati da questa Corte, e che qui vengono ribaditi, secondo cui “In materia previdenziale, la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi e non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa, in quanto la dichiarazione in questione, quale esternazione di scienza, non costituisce presupposto del credito contributivo” (Cass. n. 27950 del 2018; sez. 6 n. 19403 del 2019; sez. 6 n. 13049 del 2020);
8. a tali principi si è conformata la sentenza impugnata, e da ciò consegue il rigetto del secondo motivo di ricorso e l’assorbimento del primo motivo;
9. le spese del giudizio di legittimità sono regolate secondo il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo;
10. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 260,00 per compensi professionali, in euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, da distrarsi in favore dell’avv. P.M., antistatario.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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