CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 settembre 2021, n. 23856
Fallimento – Credito bancario relativo al rapporto di anticipazione contro cessione di crediti – Ammissione al passivo – Esclusione – Mancato deposito dell’intero estratto conto del conto corrente
Rilevato che
la Banca M.P.S. S.p.a. ha proposto opposizione avverso il provvedimento con cui il Giudice delegato del fallimento della C. s.a.s. di C.L. & C. e del socio accomandatario L.C. ha rigettato la sua istanza di ammissione al passivo di un credito di € 469.050,56, oltre interessi, quale saldo negativo del rapporto di anticipazione contro cessione di crediti;
il Tribunale di Padova con decreto del 22.7.2019 ha rigettato l’opposizione con favore di spese per il Fallimento, poiché non era stato depositato l’intero estratto conto del conto corrente su cui erano regolate le anticipazioni contro cessioni di crediti e poiché non potevano essere desunti elementi vincolati dall’ordinanza del Tribunale del 25.5.2016 con cui era stata rigettata la richiesta di sospensione della provvisoria esecutività del provvedimento monitorio inter partes-, avverso il predetto decreto, comunicato il 22.7.2019, con atto notificato il 18.9.2019 ha proposto ricorso per cassazione Siena N.P.L. s.r.l., rappresentata da J. s.p.a., qualificandosi come la cessionaria del credito e svolgendo due motivi, al quale ha resistito con controricorso notificato il 28.10.2019 il Fallimento della C. s.a.s di C.L. & c. e del socio accomandatario L.C., chiedendone l’inammissibilità o il rigetto;
è stata proposta ai sensi dell’art.380-bis cod.proc.civ. la trattazione in camera di consiglio non partecipata;
la ricorrente ha illustrato con memoria ex art.380 bis, comma 2, cod.proc.civ., le proprie difese;
ritenuto che
la qualità di cessionaria del credito di Banca M.P.S in capo alla ricorrente Siena N.P.L. s.r.l., per vero non meglio documentata in ricorso che con l’affermazione della circostanza e della relativa comunicazione alla curatela fallimentare (pag.5-6) non è contestata ed anzi è stata ammessa ex adverso (controricorso, pag.2 in «Premessa »);
con il primo motivo di ricorso, proposto ex art.360, n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art.2697 cod.civ.;
la ricorrente sostiene di aver adeguatamente provato, con la produzione degli estratti anticipi in essere (che riepilogavano puntualmente gli anticipi erogati e gli insoluti emersi) e tutti i singoli contratti di anticipazione, sia la parte capitale del credito, sia gli addebiti per c:ommissioni e interessi, mentre il Tribunale, in difetto di alcuna prova, le aveva imputato la mancata produzione degli estratti del conto corrente, mentre era il Fallimento che avrebbe dovuto dimostrare l’esistenza di illegittimi addebiti per interessi usurari e anatocistici;
il primo motivo è manifestamente infondato e quindi inammissibile ex art.360 bis, comma 1, cod.proc.civ. perché il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in conformità alla giurisprudenza di questa Corte e il ricorso non offre argomenti per mutare orientamento; secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura solo nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’ onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni, ma non anche laddove si contesti il concreto apprezzamento delle risultanze istruttorie, assumendosi che le stesse non avrebbero dovuto portare al convincimento raggiunto dal giudice di merito (Sez.2, 24.01.2020, n. 1634; Sez. lav., 19.08.2020, n. 17313; Sez. 6, 23.10.2018 n.26769; Sez.3, 29.5.2018, n.13395; Sez.2, 7.11.2017 n.26366);
nella fattispecie non è contestato ed anzi è esplicitamente riconosciuto che le anticipazioni concesse dalla Banca contro cessioni pro solvendo di credito, che erano l’oggetto della richiesta di ammissione al passivo proposta da Banca M.P.S., assimilabili a operazioni di sconto con cessione di credito ex art.1858 cod.civ. (Sez. 1, n. 12417 del 07.07.2004, Rv. 574232 – 01) erano contrattualmente regolate in conto corrente (decreto impugnato, pag.1, quarto paragrafo della motivazione);
occorre quindi riferirsi, come ha fatto correttamente il Tribunale patavino, al principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui qualora una banca intenda far valere un credito derivante da un rapporto di conto corrente deve provare l’andamento dello stesso per l’intera durata del suo svolgimento, dall’inizio del rapporto e senza interruzioni (Sez. 1, n. 23313 del 27.09.2018, Rv. 650905 —01; Sez. 1, n. 22208 del 12.09.2018, Rv. 650403 – 01 Sez. 6 – 1, n. 15219 del 04.06.2019, Rv. 654303 — 01; Sez. 1, n. 9365 del 16.04.2018, Rv. 648117 – 01);
il Tribunale ha rilevato che non erano stati depositati né gli estratti conto dall’inizio del rapporto di conto corrente, né quelli relativi alla limitata fase successiva all’avvio del rapporto di finanziamento con anticipazioni per cui era stata proposta opposizione (decreto impugnato, pag.1, sesto paragrafo della motivazione);
il Tribunale ha osservato inoltre che la mancata produzione relativa al rapporto di conto corrente non consentiva di ritenere raggiunta la prova neppure delle sette erogazioni allegate dalla Banca per complessivi € 468.200,00 e in secondo luogo — e soprattutto – di verificare se e in quale misura il debito fosse stato restituito dalla società finanziata fallita e financo la misura degli addebiti illegittimi praticati in conto, sicuramente sussistenti, come risultava dalla stessa ordinanza ex art.649 cod.proc.civ. del 27.5.2016, emessa nel corso del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo fra la Banca e la società in bonis, invocata dalla ricorrente; pertanto, con il motivo la ricorrente, sotto l’apparente egida della denunciata violazione delfart.2697 cod.civ., contesta l’accertamento in fatto operato dal Tribunale e l’applicazione delle regole che governano il rapporto di conto corrente bancario ex artt.1823 e seguenti e 1852 e seguenti cod.civ.;
infatti — come sostenuto dal Tribunale – la banca che intende far valere un credito derivante da un rapporto di conto corrente, deve provare l’andamento dello stesso per l’intera durata del suo svolgimento, dall’inizio del rapporto e senza interruzioni (da ultimo, Sez. 1, n. 23313 del 27.09.2018, Rv. 650905 – 01);
con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art.360, n.4, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia nullità della sentenza per la mancata applicazione degli art.111 Cost. e 132 cod.proc.civ., dovendosi attribuire rilevanza probatoria al provvedimento con cui lo stesso Tribunale aveva negato la sospensione della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo ottenuto dalla Banca nei confronti della C. s.a.s.
il motivo è inammissibile perché volto a censurare con il generico riferimento alle norme relative all’obbligo di motivazione l’attività di valutazione delle prove, riservata esclusivamente al giudice del merito;
il Tribunale di Padova ha ritenuto non vincolante il provvedimento anticipatorio di non sospensione della provvisoria esecutorietà in sede di opposizione a decreto ingiuntivo tra la società in bonis e la Banca, ma ha affermato che esso poteva costituire fonte di validi argomenti; tale valutazione è ineccepibile in diritto perché relativa ad una ordinanza interlocutoria, di natura anticipatorio-cautelare, ex art. 649 cod.proc.civ., priva di attitudine al giudicato e da cui è consentito ritrarre elementi probatori liberamente valutabili ex art.116 cod.proc.civ.;
la ricorrente non chiarisce perché il provvedimento in questione, fra l’altro non trascritto e non adeguatamente sintetizzato, con conseguente vizio di autosufficienza e specificità, dovrebbe essere vincolante e invoca, del tutto genericamente, una sua valutazione unitaria e non contraddittoria;
d’altra parte, il Tribunale, pur non ritenendo ricostruibile sulla base di quel provvedimento l’entità del residuo credito della Banca, ha rilevato che in quella sede risultava pacifico che fossero stati operati sul conto corrente degli addebiti illegittimi, dando così rilievo ad un accertamento colà eseguito; non sussiste alcuna contraddizione logica fra l’esistenza di addebiti illegittimi in conto corrente e parziali restituzioni dell’importo anticipato (entrambi in misura indeterminata) e la non ricostruibilità del residuo credito della Banca;
ritenuto pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese, liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidate nella somma di € 8.000,00 per compensi, € 100,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.
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