CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 aprile 2018, n. 8318
Dichiarazione dei redditi – Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento – Omessi versamenti
Rilevato
che M. A. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 443/12/11, depositata in data 4/11/2011, con la quale è stato respinto l’appello principale del contribuente, ed accolto l’appello incidentale dell’Ufficio, avverso la sentenza di primo grado della CTP di Napoli, che aveva rigettato il ricorso avverso cartella di pagamento emessa a seguito di controllo formale ex art. 36 bis, D.P.R. n. 600 del 1973, della dichiarazione Unico 2005 (anno d’imposta 2004), e nel contempo ridotto la misura delle sanzioni applicate;
che, ad avviso dei giudici di secondo grado, i quali hanno affermato la piena legittimità della cartella di pagamento, l’invio preventivo della comunicazione d’irregolarità presuppone la sussistenza di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, ipotesi non ricorrente nella fattispecie esaminata, nella quale è stata impugnata “la cartella di pagamento emessa, per la maggior parte, a seguito d’iscrizione a ruolo d’imposte per omessi versamenti e, solo per esigua parte per <<multe per violazioni del codice della strada – Comune di Napoli>>, per cui si verte “in tema di omissione o carenza di versamenti” e non già di “incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”;
che il ricorrente lamenta, con l’unico motivo di impugnazione, la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 bis, comma 3, e 36 ter, comma 4, D.P.R. n. 600 del 1973, in relazione agli artt. 6, comma 5, e 10, comma 1, L. n. 212 del 2000, ed ai principi generali di cui agli artt. 1175 c.c. e 2 Cost., giacché la CTR ha ritenuto la necessità dell’invio della comunicazione d’irregolarità solo quando dai controlli automatici emerga un risultato diverso da quello indicato nella dichiarazione, senza considerare che i rapporti tra contribuente ed Amministrazione finanziaria devono essere sempre improntati al principio di collaborazione, che il preventivo avviso avrebbe consentito al contribuente di pagare le sanzioni in misura ridotta e di evitare inutili spese di iscrizione a ruolo, con conseguente illegittimità della sentenza impugnata anche nella parte in cui decide sul diritto, riconosciuto dai giudici di prime cure, al pagamento delle sanzioni in misura ridotta in ragione del mancato invio dell’avviso in questione, e della irrimediabile perdita di spazi di tutela dopo l’iscrizione a ruolo e la notifica della cartella esattoriale;
che le intimate Agenzia delle Entrate ed Equitalia Sud s.p.a. resistono con controricorso;
che la censura del ricorrente, ancorché ammissibile, non coglie nel segno, in quanto l’art.36 bis, D.P.R. n. 600 del 1973, che mira a disciplinare la liquidazione delle imposte dovute in base alle dichiarazioni del contribuente, anche nel testo modificato dall’art. 13, D.Lgs. n. 241 del 1997, applicabile alle dichiarazioni successive all’1/1/1999, e successivamente dall’art. 1, D.Lgs. n. 32 del 2001, non prevede affatto l’obbligo, in capo all’Ufficio, di comunicare l’esito della liquidazione, sempre e comunque, ma solo quando dai controlli automatici eseguiti emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovver l’accertamento di una imposta maggiore o diversa da quella liquidata nella dichiarazione controllata;
che, infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 13759/2016, n. 8342/2012), “In materia di riscossione, ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta e, comunque, la sua omissione determina una mera irregolarità e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione, mentre tale adempimento non è prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti, ipotesi in cui, peraltro, non spetta la riduzione delle sanzioni amministrative ai sensi dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 462 del 1997.”;
che la liquidazione prevista dall’art. 36 bis, D.P.R. n. 600 del 1973, costituisce un controllo automatico della dichiarazione in via informatica volto non alla rettifica del reddito, ma a correggere errori materiali e formali risultanti dal contenuto della dichiarazione stessa, ipotesi tipica disciplinata dalla norma in esame che implica un controllo documentale dei dati contabili riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo (Cass. n. 7536/2011, n. 15312/2014, n. 27716/2017); che la norma, rettamente interpretata, milita nel senso che solo per il caso in cui il controllo automatico della dichiarazione riveli “un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione”, ossia un errore del contribuente, v’è la necessità dell’avviso bonario, non anche per il diverso caso dell’omesso o tardivo versamento, nel quale il riscontro di irregolarità non investe “incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, come richiesto dall’art. 6, comma 5, L. n. 212 del 2000;
che, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, nulla l’Ufficio doveva comunicare, proprio poiché non risulta che, a seguito del controllo automatico, abbia contestato o rettificato in alcun modo il risultato della dichiarazione Unico 2005 (anno d’imposta 2004) e, per conseguenza, manca in radice l’obbligo della comunicazione ed è del tutto erroneo il riferimento agli effetti invalidanti che la relativa omissione determina (quando tale comunicazione sia invece doverosa) sull’atto amministrativo finale (iscrizione a ruolo ed emissione della cartella di pagamento);
che non appare pertinente il richiamo alla comunicazione dell’esito del controllo di cui all’art. 36 ter, D.P.R. n. 600 del 1973, la quale assolve ad una funzione di garanzia, e realizza la necessaria interlocuzione tra l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente prima dell’iscrizione al ruolo, ma che si differenzia dalla comunicazione della liquidazione della maggiore imposta ex art. 36 bis dello stesso Decreto, che avviene all’esito di un controllo meramente cartolare ed ha il solo scopo di evitare al contribuente la reiterazione di errori e di consentirgli la regolarizzazione di aspetti formali, per cui l’eventuale omissione non incide sull’esercizio del diritto di difesa e non determina alcuna nullità (Cass. n. 15311/2014);
che la contribuente lamenta anche una pretesa perdita dell’opportunità di pagare in misura ridotta la sanzione per effetto della mancata comunicazione, opportunità offerta anche in caso di pagamento entro trenta giorni dalla notifica della cartella, avendo sostenuto nel ricorso introduttivo del giudizio la non debenza di sanzioni ed interessi in ragione di soggettive “incertezze” sulla determinazione dell’acconto IRES che tuttavia non rilevano ai fini qui considerati;
che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, comma 3 (in materia di tributi diretti), ed il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, comma 3 (in materia di IVA), prevedono l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità soltanto nelle ipotesi in cui dai controlli automatici emerga “un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione” oppure dai controlli effettuati dall’Ufficio ai sensi del comma 2-bis (tesi a verificare il tempestivo versamento delle imposte prima della presentazione della dichiarazione) emerga “un’imposta o una maggiore imposta”, avendo la finalità di “evitare la reiterazione di errori e … consentire la regolarizzazione degli aspetti formali”;
che, come più volte ribadito da questa Corte, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità è adempimento rivolto esclusivamente ad orientare il comportamento futuro dell’interessato ed esula, quindi, dall’ambito dell’esercizio del diritto di difesa e di contraddittorio nei confronti dell’emittenda cartella di pagamento (ex multis, Cass. n. 6563/2014, n. 20431/2014; n. 26361/2010; n. 8137/2012 e n. 5329/2012);
che, nel caso di specie, l’insussistenza dei presupposti per la comunicazione d’irregolarità, essendosi al cospetto di omessi o tardivi versamenti di quanto dovuto, esclude altresì la fondatezza della doglianza di parte ricorrente circa la pretesa perdita dell’opportunità di pagare in misura ridotta le sanzioni, in quanto il D.Lgs. n. 462 del 1997 non attribuisce affatto al contribuente il diritto di ottenere sempre, in caso di controllo automatico della dichiarazione, la riduzione delle sanzioni, prevista invece solo nel caso, che qui non sussiste, in cui dal predetto controllo emerga “un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione” (art. 36 bis e 54 bis citati);
che, infatti, come ha avuto occasione di sottolineare questa Corte (Cass. n. 13759/2016 citata), “non è ravvisabile un pregiudizio indiretto – conseguente al mancato invio della previa comunicazione al contribuente – incidente sulla possibilità di fruire del beneficio della riduzione della sanzione pecuniaria irrogata per tardivo od omesso versamento della imposte dovute; e ciò, da un lato, perché l’omessa comunicazione dell’invito al pagamento prima dell’iscrizione a ruolo, con la riduzione e per gli effetti previsti dal D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 2, comma 2, non determina (…) la nullità di tale iscrizione e degli atti successivi, ma una mera irregolarità, inidonea ad incidere sull’efficacia dell’atto, e dall’altro perché l’interessato può comunque pagare, per estinguere la pretesa fiscale, con riduzione della sanzione, una volta ricevuta la notifica della cartella, sempreché quella comunicazione fosse dovuta (in termini, Cass. 12023 del 2015 che richiama Cass. 12 febbraio 2013, n. 3366 secondo cui l’interessato può comunque pagare, per estinguere la pretesa fiscale, con riduzione della sanzione, una volta ricevuta la notificazione della cartella nell’ipotesi, non ricorrente nella fattispecie, in cui, pur sussistendo i presupposti per la comunicazione d’irregolarità, essa non sia stata inviata alla contribuente, al fine di consentirle di fruire della riduzione).”;
che le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida, in favore di ciascuna parte intimata, Euro 1.500,00 per compensi, oltre rimborso spese prenotate a debito, per l’Agenzia delle Entrate, e delle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed accessori di legge, per Equitalia Sud s.p.a.
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