CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 aprile 2019, n. 9456
Tributi – IRAP – Ingegnere – Fattore produttivo costituito dal capitale – Ingente entità delle spese – Esistenza dell’autonoma organizzazione – Assoggettamento all’imposta
Ritenuto in fatto
1. E.B., ingegnere, presentava richiesta di rimborso per l’IRAP erroneamente versata per gli anni 1999-2003, allegando di non aver dipendenti o collaboratori e di avere sostenuto costi limitati per il pagamento del commercialista.
2. La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso, con sentenza confermata dalla Commissione tributaria regionale del 19-6-2009, poi cassata con rinvio con pronuncia della Cassazione 11507/2013, per difetto di motivazione.
3. In sede di rinvio la Commissione tributaria regionale, in data 18-6-2014, ha rigettato nuovamente l’appello proposto dal contribuente, rilevando che questi non aveva personale dipendente, aveva sostenuto spese per il commercialista fra i 3.000 ed i 5.000 euro, nel corso degli anni, ma aveva sostenuto spese “rilevanti” per gli immobili, per i consumi ed altre spese documentate, soffermandosi, in particolare, sulle spese relative agli “immobili” (RE9) e sulle quote di ammortamento per le spese relative all’acquisto di beni (RE6). In particolare, evidenziava che il contribuente svolgeva la propria attività presso uno studio.
4. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il contribuente.
5. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Considerato in diritto
1. Con il primo motivo di impugnazione il contribuente deduce “nullità della sentenza – vizio di omesso esame di fatto decisivo, omessa, insufficiente, incongrua contraddittoria e falsa motivazione circa i presupposti di applicazione dell’imposta nel merito – violazione dell’art. 384 c.p.c. – violazione di legge – contrarietà ai principi di diritto riconosciuti dalla giurisprudenza – inesistenza nel caso dell’autonoma organizzazione”, in quanto lo studio del professionista non può costituire una autonoma organizzazione, trattandosi di bene strumentale non eccedente il minimo. La motivazione della sentenza della Commissione regionale, poi, non ha effettuato una approfondita disaminalogico giuridica degli elementi probatori in atti. Inoltre, la sentenza non si sarebbe adeguata al principio di diritto affermato dalla Cassazione nella pronuncia precedente 11507/2013, essendo incorsa nel medesimo vizio della motivazione. La sentenza, peraltro, non ha tenuto conto che le spese erano riferibili ad energia elettrica, carburante, premi assicurazione autovetture e bollette telefoniche. La motivazione sarebbe totalmente assente ai sensi dell’art. 111 Cost e 132 c.p.c.
2. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente deduce “omesso esame e decisione circa fatto decisivo – il solo monocliente – violazione del giudicato intervenuto circa tale fatto – violazione e falsa applicazione del d.l. 446/1997”, in quanto sin dal ricorso introduttivo il ricorrente ha affermato che aveva svolto la sua attività quale “monocliente” della metropolitana di Napoli, senza alcuna contestazione specifica della Agenzia delle entrate.
3. Con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente deduce “l’onere della prova – violazione dell’art. 2697 c.c. e dei principi del giusto processo”, in quanto la sentenza avrebbe indicato quale presupposto della decisione l’accollo dell’onere della prova a carico del contribuente di dimostrare l’assenza della autonoma organizzazione.
4. Con il quarto motivo di impugnazione il ricorrente lamenta “omessa, incongrua, contraddittoria motivazione e violazione del d.lgs. 446/1997, in relazione agli anni di imposta ritenuti non aventi voci di costi non rilevanti”, mentre in alcuni anni (per esempio nel 2003) tali costi erano di € 618,00.
5.Con il quinto motivo di impugnazione il ricorrente presenta una “richiesta di decisione nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., anche in base al principio di diritto in tema di Irap del professionista che non ha collaboratori e non usa capitali di terzi- condanna anche ex art. 96 c.p.c.”.
5. Con il sesto motivo il ricorrente deduce “in subordine: incostituzionalità della norma Irap in relazione ai professionisti e lavoratori autonomi”.
5.1. Tutti i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, sono in parte inammissibili ed in parte infondati.
5.2. Invero, il vizio di motivazione dedotto nel primo motivo di impugnazione è inammissibile, in quanto il ricorrente non ha tenuto conto della circostanza che la sentenza di appello è stata depositata il 18-6-2014, quindi dopo l’11-9-2012, data di entrata in vigore del d.l. 83/2012 che ha modificato il contenuto del vizio di motivazione di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.. Il ricorrente, invece, ha censurato la motivazione della sentenza della Commissione regionale per omessa, insufficiente, incongrua, contraddittoria e falsa motivazione.
Nè vi è un vizio di motivazione meramente apparente ai sensi dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132 c.p.c., in quanto la Commissione regionale ha reso una motivazione, seppure sganciata dai parametri fissati ormai dalla giurisprudenza delle sezioni unite di questa Corte.
Neppure vi è stata violazione di legge, ai sensi dell’art. 384 c.p.c.., in quanto questa Corte, con la sentenza 11507/2013, ha cassato la sentenza della Commissione regionale per vizio di motivazione, disponendo che il giudice di appello provvedesse ad una nuova valutazione degli elementi probatori.
5.3. E’ infondato anche il vizio di violazione di legge, in relazione ai principi di diritto indicati dalla giurisprudenza, pure sollevato dal ricorrente nel primo motivo di ricorso per cassazione.
Invero, questa Corte, a sezioni unite, ha affermato che il presupposto dell'”autonoma organizzazione” richiesto dall’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997 non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il “minimo indispensabile” all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive, sicchè deve essere esclusa l’autonomia organizzativa di uno studio legale dotato soltanto di un segretario e di beni strumentali minimi (Cass.Civ., Sez. Un., 9451/2016).
In particolare, il presupposto impositivo per il professionista o per il lavoratore autonomo sussiste quando il contribuente: a) sia sotto qualsiasi forma responsabile dell’organizzazione e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b)impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che ecceda la soglia di un collaboratore che esplichi mansioni meramente esecutive.
5.4. Nella specie, il dedotto vizio di violazione di legge si infrange contro un accertamento in fatto del giudice di appello che, quanto alla rilevante entità dei costi sostenuti, si rivela in sé coerente e, peraltro, aderente ai criteri in proposito reiteratamente affermati da questa Corte.
5.5. La Commissione regionale, dunque, ha ritenuto sussistente l’autonoma organizzazione del professionista, con l’indicazione dettagliata, anno per anno, delle spese relative agli “immobili”, delle altre spese relative a consumi e delle quote di ammortamento per l’acquisto di beni, in tutti gli anni oggetto di accertamento, dal 1999 sino al 2003.
Tutte le spese indicate, con esclusione di quelle relative al compenso del commercialista, nel loro insieme, per il loro rilevante ammontare, hanno indotto la Commissione regionale a ritenere esistente l’autonoma organizzazione, che si fonda, appunto, non solo sulla presenza di personale dipendente, ma anche sul fattore produttivo costituito dal capitale.
Né la Commissione regionale era obbligata ad indicare ogni singolo elemento probatorio, con l’implicito rigetto, dunque, dei fatti e delle circostanze non espressamente menzionate nella stessa, come la condizione del professionista di “monocliente” della metropolitana di Napoli.
Nè v’è stata violazione del principio dell’onere della prova, avendo la Commissione regionale provveduto ad esaminare tutte le prove addotte dalle parti in giudizio, senza alcuna pronuncia in ordine al riparto dell’onere della prova tra le parti.
Inoltre, sono state indicate, anno per anno, le singole spese a ciascuno di essi relative, sicchè per ogni anno, stante l’ingente entità delle stesse, si è ritenuta esistente l’autonoma organizzazione.
La circostanza della assenza di dipendenti non è sufficiente ad escludere l’autonoma organizzazione, in presenza, comunque, di spese di notevole entità sostenute in tutti gli anni di imposta presi in considerazione, ben potendo il fattore produttivo essere rappresentato anche dal solo capitale, se di entità ragguardevole.
La questione della incostituzionalità dell’art. 3 lettera c del d.lgs. 446/1997, in relazione agli artt. 3, 35, 36 e 53 Cost., sollevata dal ricorrente, in via subordinata, è poi manifestamente infondata. Infatti, sono state ritenute infondate, con riferimento agli art. 3 e 53 cost., le questioni di legittimità costituzionale degli art. 2, 4, 8 e 11 d.lg. n. 446 del 1997, nella parte in cui fissano i presupposti d’imposta e determinano la base imponibile dell’i.r.a.p., in quanto, posto che la capacità contributiva può essere desunta da qualsiasi indice, discrezionalmente scelto dal legislatore, che sia rivelatore di ricchezza e non solamente dal reddito individuale, nel caso dell’i.r.a.p., non irrazionalmente il legislatore ha individuato quale nuovo indice di capacità contributiva, diverso da quelli utilizzati ai fini di ogni altra imposta, il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate (Corte cost., 21 maggio 2001, n. 156).
L’imposta, infatti, colpisce, con carattere di realità, un fatto economico, diverso dal reddito, comunque espressivo di capacità di contribuzione in capo a chi, in quanto organizzatore dell’attività, è autore delle scelte dalle quali deriva la ripartizione della ricchezza prodotta tra i diversi soggetti che, in varia misura, concorrono alla sua creazione.
Inoltre, si è affermato che l’assoggettamento ad imposizione del valore aggiunto prodotto dalle attività professionali autonomamente organizzate esclude una disparità di trattamento tra i redditi di lavoro autonomo prodotti abitualmente e quelli occasionali. Conseguentemente l’assoggettamento ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. c) d.lg. 15 dicembre 1997, n. 446 delle attività professionali organizzate all’imposta regionale sulle attività produttive non viola il principio di parità di trattamento di cui all’art. 3 cost., Corte cost., 156/2001, cit.).
Non sono state, poi, ritenute fondate le q.l.c., degli art. 2, 3, comma 1, lett. c), 4, 8 e 11 d.Ig. 15 dicembre 1997 n. 446, sollevate in. riferimento agli art. 3, 35 e 53 cost., in quanto l’i.r.a.p. – essendo un’imposta reale gravante sul valore aggiunto delle attività autonomamente organizzate, siano esse di natura imprenditoriale ovvero professionale, – è comunque conforme ai principi di eguaglianza e di capacità contributiva identica essendo, in entrambi i casi, l’idoneità alla contribuzione. È tuttavia vero che mentre l’elemento organizzativo è connaturato alla nozione stessa di impresa, altrettanto non può dirsi per quanto attiene all’attività di lavoro autonomo, ancorché svolta con carattere di abitualità. Conseguentemente nel caso di attività professionale svolta in assenza di elementi di organizzazione risulterà mancante il presupposto stesso dell’i.r.a.p. rappresentato appunto dall’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata con la conseguente inapplicabilità dell’imposta stessa (Corte cost., 156/2001 cit.).
6. Le spese del giudizio di legittimità vanno compensate interamente tra le parti, dovendosi tenere conto della sopravvenuta pronuncia delle sezioni unite.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
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