CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 aprile 2019, n. 9481
Contratti a progetto – Genericità del progetto – Attività rappresentante il core business aziendale – Mera riproposizione dell’oggetto sociale – Raccolta delle scommesse, inserimento nel sistema informatico, pagamento della scommessa eventualmente vinta e assistenza informativa alla clientela – Automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione dello stesso – Presunzione di subordinazione solo con riguardo alla mancanza di un progetto
Rilevato che
1. la Corte di appello di Roma, con sentenza del 20.6.2016, rigettava il gravame proposto da C. C. avverso la decisione del Tribunale capitolino, che aveva respinto la domanda della predetta intesa all’accertamento dell’illegittimità dei contratti a progetto stipulati con s.r.l. T. (appaltatrice del servizio scommesse della S. s.p.a.) per i periodi dal 19.5.2006 al 31.12.2007, dall’1.1.2008 al 31.12.2008 (prorogato al 31.12.2009) e dall’1.1.2010 al 31.12.2010 (prorogato dal 31.12.2011), ricondotta sia alla genericità che all’insussistenza del progetto, con richiesta di conversione del rapporto ai sensi dell’art. 6 d.Igs. 276/2003 (inquadramento nel 5° livello CCNL settore terziario), ed all’accertamento della natura subordinata del rapporto sin dall’inizio, nonché della giusta causa di dimissioni, con condanna di entrambe le società, in solido, al pagamento di quanto asseritamente dovuto per indennità di mancato preavviso, ferie, permessi, 13° e 14° mensilità, T.F.R., lavoro straordinario, lavoro notturno, lavoro festivo, indennità di cassa;
2. la Corte disattendeva l’eccezione di inammissibilità dell’appello, per avere l’appellante individuato i capi della sentenza oggetto di censura ed indicato con sufficiente chiarezza le ragioni di accoglimento della domanda, ed osservava che, con riferimento alla normativa applicabile ratione temporis, il progetto poteva ben consistere in attività rappresentante il core business aziendale, pur dovendo caratterizzarsi per autonomia di contenuti ed obiettivi, per potere essere distinto dall’attività svolta dall’impresa e non mera riproposizione dell’oggetto sociale; evidenziava come nel caso esaminato la collaborazione richiesta alla ricorrente era stata espressamente finalizzata ad un risultato finale, rappresentato dalla raccolta delle scommesse sia ippiche, che sportive, dalla accettazione della singola scommessa e dal suo inserimento nel sistema informatico della S. s.p.a., dal pagamento della scommessa eventualmente vinta, dalla assistenza informativa alla clientela sulle modalità e tempi delle giocate;
3. riteneva che pertanto i contratti in oggetto integrassero tutti i requisiti richiesti dall’art. 62 del d. Igs. 276/2003 e che non fosse risultato dall’espletata istruttoria che il rapporto si fosse svolto con i tipici elementi della subordinazione, pur prescindendosi dal nomen iuris che al rapporto era stato dato dalle parti, non avendo la C. assolto l’onere probatorio sulla stessa gravante, sicché, una volta escluse l’assenza e/o genericità del progetto e la natura subordinata del rapporto, rimanevano assorbite tutte le altre domande;
4. di tale decisione domanda la cassazione la C., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui hanno resistito entrambe le società, con distinti conto ricorsi. La S. s.p.a. ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis. 1 c.p.c.
Considerato che
1. con il primo motivo, si denunzia violazione degli artt. 61 e 69 d. Igs. 276/2003, in relazione alla I. 92/2012 ed alle circolari del Ministero del lavoro n. 1 del 2004, n. 17 del 2006 e n. 29 del 2012, sostenendosi che i progetti non fossero caratterizzati dall’indicazione di un preciso piano di lavoro, estraneo all’attività imprenditoriale del datore di lavoro, fossero privi di individuazione del risultato cui doveva tendere l’attività del lavoratore, in quanto rappresentanti la codificazione di vere e proprie direttive datoriali sulle modalità di esecuzione della prestazione, coincidente con l’oggetto sociale della società Trionfale a r.l., progetti redatti tutti allo stesso modo, di tal che doveva ritenersene la nullità, alla luce di quanto precisato nelle circolari citate e dell’ assenza di totale autonomia dell’attività resa, coincidente con una serie di compiti standardizzati;
1.2. si assume che la legge 92/12, pur non applicabile ratione temporis, avrebbe dovuto costituire un’autorevole fonte interpretativa della volontà del legislatore, così come anche la circolare 29 del 11.12.2012, che aveva inserito nella lista nera delle attività che dovevano essere ricondotte nell’alveo della subordinazione quelle svolte dagli addetti alle agenzie ippiche e sportive;
2. con il secondo motivo, si lamenta violazione degli artt. 113, 116 c.p.c.e degli artt. 1414 e 2094 c.c., nonché degli artt. 61 e ss. d. Igs. 276/03, per essere emersi dalla istruttoria svolta la soggezione della lavoratrice al potere di vigilanza e disciplinare del dirigente della società appaltatrice, la mancanza di rischio, la sottoposizione a turni indicati dal personale gerarchicamente sovraordinato, ed, in definitiva, il potere d’ingerenza del datore di lavoro, oltre che il contenuto della prestazione meramente esecutivo degli ordini e delle disposizioni impartite dalla Trionfale;
2.1. si evidenzia che, a prescindere dalle deposizioni dei testi e dal malgoverno delle stesse, la C. svolgeva un’attività meramente esecutiva degli ordini e direttive altrui, secondo rigidi schemi predeterminati, e che il nomen iuris aveva lo scopo di mascherare un lavoro dipendente, tenuto conto anche della lunga durata della prestazione svolta;
3. con il terzo motivo, si ascrive alla sentenza impugnata violazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 61 e ss. d. Igs. 276/2003, in relazione all’interpretazione delle testimonianze, che avrebbero dovuto essere lette nel senso del mancato assolvimento dell’onere probatorio a carico della resistente, stante la presunzione di subordinazione voluta dalla legge Fornero e l’assenza di indizi della prestazione autonoma;
4. quanto alle differenze e indennità reclamate si osserva che la condanna alla corresponsione delle stesse debba essere effettuata in solido ed in coerenza con i conteggi elaborati, non fatti oggetto di contestazione;
5. le censure formulate nel primo motivo non sono articolate in maniera esaustiva ed idonea a scalfire l’impianto argomentativo della decisione impugnata, essendo omessa la trascrizione del contenuto dei progetti e non indicandosene la sede di rinvenimento nei fascicoli depositati nel giudizio merito, ciò che preclude la verifica di corrispondenza del singolo contratto al modello legale di cui all’ art 61 (abrogato dall’art.52 del d.lgs. 81 del 2015 di attuazione del c.d. Jobs Act) – in base al quale per la configurazione della fattispecie, oltre alla presenza di tutti i caratteri della già nota figura delle collaborazioni continuative e coordinate, è necessario la riconducibilità dell’attività “a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della attività lavorativa” – ed ai requisiti di forma di cui all’art. 62 d. Igs. 276/2003;
6. si contravviene in tal modo ai consolidati principi di specificità e autosufficienza, che impongono di indicare nel ricorso il contenuto rilevante dei documenti stessi, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali ed assolvendo, così, il duplice onere, rispettivamente previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, (a pena di inammissibilità) e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (a pena di improcedibilità del ricorso), nel rispetto del relativo scopo, che è quello di porre il Giudice di legittimità in condizione di verificare la sussistenza del vizio denunciato senza compiere generali verifiche degli atti e soprattutto sulla base di un ricorso che sia chiaro e sintetico (Cass. SU 11/4/2012, n. 5698; Cass. SU 3/11/2011, n. 22726);
7. con riguardo all’art. 69, richiamato sempre nello stesso motivo, vero è che questa Corte si è già pronunciata ed ha statuito che «In tema di lavoro a progetto, l’art. 69, comma 1, del d.lgs. n. 276 del 2003 (ratione temporis applicabile, nella versione antecedente le modifiche di cui all’art. 1, comma 23, lett. f) della l. n. 92 del 2012), si interpreta nel senso che, quando un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sia instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, non si fa luogo ad accertamenti volti a verificare se il rapporto si sia esplicato secondo i canoni dell’autonomia o della subordinazione, ma ad automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione dello stesso» (Cass. 22.2.2018, Cass. 10.5.2017 n. 11429, Cass. Cass. 31.8.2016, n.17448; Cass. 17.8.2016 n. 17127, Cass. 21.6.2016, n. 12820; Cass. 10.5.2016, n. 9471), tuttavia, la presunzione di subordinazione potrebbe essere affermata solo con riguardo alla mancanza di un progetto, che nella specie è stato ritenuto esistente e dotato di specificità, con motivazione non validamente contrastata, per quanto sopra detto;
8. quanto agli altri motivi, le doglianze attingono nella sostanza il merito della decisione, conferendosi un diverso peso probatorio alle risultanze dell’istruttoria come interpretate dal giudice del merito ed erroneamente con le stesse si ritiene violata la regola di riparto degli oneri probatori, laddove, contrariamente a quanto si assume in ricorso, è stato affermato, in linea con i principi più volte affermati, che incomba sul lavoratore l’onere di provare che il rapporto si sia nella realtà sviluppato, difformemente alle previsioni contrattuali, con le caratteristiche della subordinazione, non potendo per quanto detto sostenersi l’esistenza di una presunzione che avrebbe inciso in termini di diverso riparto degli oneri probatori a carico delle parti, al cospetto di un progetto ritenuto esistente e specifico;
9. poiché il giudice del gravame si attenuto ai principi suesposti, cui questa Corte intende dare giuridica continuità, deve pervenirsi al rigetto integrale del ricorso della C.;
10. le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e sono liquidate, in favore di ciascuna delle società intimate, nella misura indicata in dispositivo, con distrazione delle stesse, per quanto attiene l’attività difensiva espletata per la S., in favore dell’avv. G. C., dichiaratosene antistatario;
11. sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 115 del 2002;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, liquidate in favore di ciascuno di essi in euro 200,00 per esborsi, euro 3500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonché al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%, con attribuzione, per la S. s.p.a., all’avv. G. C..
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art.13, comma 1bis, del citato D.P.R.