CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 dicembre 2018, n. 31270
Accertamento – Riscossione – Iscrizione a ruolo – Cartella di pagamento – Sospensione – Revoca
Rilevato che
1. F.Ili F. s.r.l. impugnava la cartella di pagamento notificatale dall’agenzia delle entrate l’8 febbraio 2008, riportante l’iscrizione a ruolo, per complessivi euro 7.145,47, di “interessi di sospensione per il periodo dal 14.6.2003 all’8.5.2007, a seguito di revoca della sospensione nr. 2004P15239 del 12.3. 2004” e di “interessi di sospensione per il periodo dal 13.6.2006 al 27.4. 2007 a seguito di revoca della sospensione numero 2006P23802 del 14.11. 2006.
La contribuente sosteneva che l’atto impugnato non era sufficientemente motivato perché in esso non vi era cenno a quali cartelle erano state sospese, ai tipi di tributo, alle annualità ed al criterio di calcolo seguito per la quantificazione degli interessi; inoltre una delle due sospensioni, ovvero quella contraddistinta dal numero 2004P15239, non le era mai stata notificata.
L’agenzia delle entrate, costituitasi in giudizio, deduceva che una delle due sospensioni era stata disposta d’ufficio, a seguito di presentazione da parte della società di un’istanza di condono, ed era stata revocata a causa del mancato pagamento di alcune delle rate previste, mentre l’altra era stata disposta con ordinanza della CTP di Lecco, dinanzi alla quale la contribuente aveva impugnato una cartella di pagamento, ed era stata poi revocata con la sentenza di rigetto del ricorso.
Con sentenza del 10.11.2008 l’adita CTP Lecco rigettava il ricorso.
L’appello proposto da F.Ili F. contro la decisione era accolto dalla CTR della Lombardia, che annullava la cartella impugnata rilevando: che i criteri di ordine generale indicati dalle leggi nn. 241/90 e 212/2000 dovevano ritenersi applicabili anche alla cartella di pagamento, nella quale dovevano essere indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che avevano determinato l’iscrizione a ruolo; che nel caso di specie l’atto, che conteneva solo l’indicazione degli estremi di provvedimenti di sospensione ad esso non allegati, né precedentemente comunicati o notificati alla contribuente, non aveva posto quest’ultima nella condizione di individuare i tributi, genericamente descritti, che si assumevano non pagati e in relazione ai quali l’ufficio pretendeva il pagamento degli accessori.
2. Avverso la sentenza l’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. La contribuente non si è costituita in giudizio.
Considerato che
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., in relazione all’articolo 25 del d.p.r. 602/73. Sostiene che, poiché tale norma prevede unicamente che la cartella debba contenere l’intimazione del pagamento e la data in cui il ruolo è stato reso esecutivo, l’obbligo di motivazione dell’atto doveva ritenersi assolto attraverso l’indicazione dei tributi dovuti da F.lli F., del periodo di imposta, dell’imponibile e dell’aliquota applicata.
2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., in relazione all’articolo 36 bis, comma 3, del d.p.r. 600/73. Sostiene, per il caso in cui la CTR avesse inteso sanzionare l’omesso invio di una previa comunicazione di irregolarità, che tale strumento ha la funzione di informare il contribuente circa l’esistenza di un’anomalia emersa in sede di liquidazione della dichiarazione annuale, consentendogli di ottenere l’abbattimento ad un terzo delle sanzioni in caso di pagamento entro 30 giorni dalla notifica, sicché l’eventuale omissione potrebbe, al più, riverberare i suoi effetti sulla sanzione, ma non potrebbe inficiare la regolarità e l’efficacia dell’atto impositivo.
3. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Questa Corte ha già affermato il principio secondo il quale la cartella esattoriale, ove non preceduta da un avviso di accertamento, deve essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intellegibile, tale obbligo derivando dai principi di carattere generale indicati, per ogni provvedimento amministrativo, dall’art. 3 della legge n. 241 del 1990, e recepiti, per la materia tributaria, dall’art. 7 della legge n. 212 del 2000 ( Cass. n. 9799 del 19/04/2017 n. 26330 del 16/12/2009 ).
Nel caso che occupa la cartella (che la ricorrente ha allegato al ricorso), reca la sola indicazione dei provvedimenti di sospensione adottati, dei quali uno non era stato neppure comunicato alla contribuente, e dell’ammontare degli interessi, senza specificazione del tasso applicato e delle somme sui quali essi erano stati calcolati, suddivise tra imposte dirette, imposte indirette, addizionali regionali ed Irap. Risulta pertanto corretta l’affermazione del giudice a quo secondo cui la genericità di tali indicazioni non consentiva alla società di verificare la fondatezza, sia nell’an che nel quantum, della pretesa impositiva dedotta nella cartella e dunque di esercitare pienamente, rispetto ad essa, il proprio diritto di difesa.
Trattandosi di vizio originario dell’atto, di per se stesso idoneo a determinarne l’invalidità, a nulla rileva che l’Ufficio abbia esplicitato in sede di controdeduzioni quali fossero i tributi cui erano riferiti i provvedimenti di sospensione.
4. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile poiché con esso si censura una ratio decidendi non rinvenibile nella sentenza impugnata.
5. Il ricorso va, dunque, rigettato. Non si provvede sulle spese data la mancata costituzione della contribuente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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