CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 dicembre 2018, n. 31274
Accertamento – Mancata fatturazione e registrazione di vendite – Indebita detrazione di costi – PVC – Contenzioso tributario
Rilevato che
1. Azienda Agricola C. s.r.l. impugnava gli avvisi di accertamento con i quali l’Agenzia delle Entrate aveva contestato per gli anni 2003 e 2004 la mancata fatturazione e registrazione di vendite e, per il solo anno 2003, l’indebita detrazione di costi.
La commissione tributaria provinciale di Roma, previa riunione, rigettava i ricorsi proposti.
La contribuente proponeva appello e la CTR del Lazio lo accoglieva sul rilievo che l’accertamento induttivo eseguito dall’ufficio ai sensi dell’articolo 39, comma 1, del d.P.R. 600/73 era basato su presunzioni semplici che si dovevano ritenere vinte in base ai documenti prodotti dalla società, fra cui una relazione stragiudiziale, asseverata con giuramento, redatta dall’agronomo dalla stessa incaricato. In particolare, la CTR affermava: che il professionista aveva correttamente individuato quali erano state le produzioni effettive di grano duro e di olive nei periodi considerati, tenuto conto della porosità del terreno e dell’andamento pluviometrico dei vari periodi, tanto che la contribuente aveva presentato domanda di calamità naturale; che, con riguardo alle produzioni olivicole, era stato documentato che il terreno oggetto di coltura era stato concesso in comodato e che il comodatario, a fronte dell’accollo di tutte le spese inerenti la coltivazione e la molitura, aveva ricevuto in contropartita il prodotto; che infine, per quanto riguardava il disconoscimento di costi pari ad euro 20.000, la società aveva prodotto fatture emesse dall’azienda agricola O.M. e gli assegni bancari a mezzo dei quali erano stati pagati gli importi in esse indicati, per il che non vi era ragione di dubitare dell’effettività dei costi stessi.
2. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per la cassazione della sentenza affidato a tre motivi. Azienda Agricola C. s.r.l. resiste con controricorso.
Considerato che
1. Con tutti e tre i motivi del ricorso la ricorrente deduce vizi di motivazione della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., sostenendo:
a) con il primo motivo, che la CTR ha acriticamente recepito le conclusioni rassegnate dall’agronomo e non ha dato conto delle ragioni per le quali doveva ritenersi provata la peculiarità delle condizioni ambientali e climatiche a sostegno della asserita produzione di grano duro in misura inferiore a quella accertata dall’ufficio;
b) con il secondo che la CTR, nell’affermare che l’attività di produzione olivicola era stata concessa in comodato a terzi, non ha tenuto conto del fatto che dal processo verbale di constatazione si evinceva che, pur a fronte dell’esistenza di tale contratto, la contribuente aveva presentato, per le annualità sottoposte a controllo, domanda di aiuto comunitario per la coltivazione e la produzione di olive allegando le fatture per molitura delle stesse, sicché il comodato non assumeva alcuna valenza fiscale;
c) con il terzo che la CTR ha ritenuto sussistenti costi deducibili pari a lire € 20.000 per l’esistenza delle fatture emesse dall’azienda agricola di M.O. senza considerare che dal processo verbale di constatazione si evinceva che tali fatture inerivano ad operazioni inesistenti, in quanto il titolare della ditta aveva riferito di non conoscere Azienda Agricola C. s.r.l. e di non essersi mai recato in Zagarolo per effettuare prestazioni agricole.
2. Tutti e tre i motivi sono infondati.
2.1 Mette conto precisare che il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ., sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può, invece, consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perché la citata norma non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. n. 6288 del 18/03/2011; Cass. n. 27162 del 23/12/2009 ),Il riesame degli elementi oggetto di valutazione, laddove non siano evidenziati vizi logici, costituisce, dunque, accertamento di merito che esula dai limiti del controllo di logicità della motivazione affidato alla corte di legittimità.
2.2. Nella specie non sussiste alcuna lacuna nel ragionamento decisorio seguito dalla CTR, laddove ha ritenuto che la perizia versata in atti dalla contribuente consentisse di ritenere congruo il valore della produzione indicato nelle scritture contabili, dato che essa evidenziava quali erano i dati statistici realizzati dall’Area Decentrata dell’Agricoltura della Regione Lazio che individuavano per le annualità in contestazione le produzioni medie di grano duro per ettaro e metteva in risalto, tra l’altro, la porosità del terreno che influiva negativamente sulla produttività del terreno: la perizia di parte ( tanto più nel processo tributario, nel quale esiste un maggiore spazio per le prove cosiddette atipiche), può infatti costituire fonte di convincimento del giudice, il quale può porla a fondamento della decisione, a condizione che spieghi le ragioni per le quali la ritenga corretta e convincente.
2.3. Risulta poi priva di rilievo, al fine dell’accoglimento della seconda censura, la circostanza dell’avvenuta presentazione da parte di Azienda Agricola C. della domanda di aiuto comunitario, fatto che in sé non prova la simulazione del contratto di comodato, ma, semmai, il tentativo della società di accedere ad un aiuto al quale non avrebbe avuto diritto.
3.3. Quanto, infine, alla terza censura, l’accertamento della CTR, che ha ritenuto che la contribuente avesse effettivamente sostenuto i costi dedotti in ragione dell’esistenza di fatture cui corrispondevano pagamenti eseguiti a mezzo assegni, non può trovare smentita nelle dichiarazioni rese alla Guardia di Finanza dal titolare dell’azienda agricola emittente, prive di valenza decisiva, tenuto conto che esse ben avrebbero potuto essere rese al fine di giustificare l’omessa annotazione dei documenti fiscali nella contabilità di quell’azienda. Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 5.200, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge.
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