CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 dicembre 2018, n. 31279
Tributi – Imposte di registro, ipotecaria e catastale – Agevolazioni fiscali – Accertamento – Acquisto terreni edificabili
Ritenuto che
1. Con sentenza n. 127/28/13, depositata il 8/4/2013, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, ha riformato la sentenza n. 395/01/10 della Commissione Tributaria Provinciale di Benevento che aveva accolto l’impugnazione di S. Costruzioni s.r.l. avverso due provvedimenti di diniego di rimborso delle imposte di registro, ipotecaria e catastale che la società riteneva di aver indebitamente versato in misura intera, anziché agevolata ai sensi dei commi da 25 a 28 dell’art. 1 della l. n. 244 del 2007, in relazione a due atti di acquisto di terreni edificabili compresi nel PUC del comune di S. Giorgio del Sannio.
2. Il giudice di appello ha ritenuto che ai fini della riduzione della tassazione non fosse sufficiente la collocazione dei terreni in un Piano urbanistico comunale avente lo stesso valore di un piano particolareggiato, ma occorreva anche che tale strumento urbanistico fosse diretto all’attuazione di un programma di edilizia residenziale, prova che non era ricavabile dalla documentazione versata in atti dalla società, dalla quale emergeva, al contrario, che i terreni ricadevano in zona B2, cd. residenziale di completamento;
3. Avverso la sentenza S. Costruzioni s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Considerato che
1. Con l’unico motivo di ricorso la società contribuente invoca preliminarmente l’esistenza di un giudicato esterno sulla questione controversa, costituito dalla sentenza della CTR di Napoli n. 310/28/12 che ha ritenuto di riconoscere la stessa agevolazione in relazione ad altro suolo acquistato nella medesima zona; censura inoltre la sentenza impugnata, denunciando una violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. , per aver il giudice d’appello modificato il thema decidendum, pronunciandosi ultra petita sulla necessità che i terreni fossero collocati in aree per le quali era prevista l’attuazione di un programma di edilizia residenziale, anziché limitarsi a verificare se nella specie il PUC avesse anche la funzione di piano particolareggiato.
Osserva che
1. Preliminarmente va escluso che il principio ritraibile dall’art. 2909 c.c. – secondo cui il giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, entro i limiti oggettivi dati dai suoi elementi costitutivi, ovvero della causa petendi, intesa come titolo dell’azione proposta, e del bene della vita che ne forma l’oggetto (petitum mediato), a prescindere dal tipo di sentenza adottata (petitum immediato) – sia applicabile anche nel caso come quello in esame in cui, avendo le controversie ad oggetto la compravendita di suoli diversi, si è in presenza di presupposti impositivi diversi.
2. L’unico motivo di ricorso è infondato.
2.1. Costituisce principio consolidato che Il vizio di ultra petizione ricorre quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalla parti ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato; al di fuori di tali specifiche previsioni, il giudice, nell’esercizio della sua “potestas decidendi”, resta libero non solo di individuare l’esatta natura dell’azione e di porre a base della pronuncia adottata considerazioni di diritto diverse da quelle all’uopo prospettate, ma anche di rilevare, indipendentemente dall’iniziativa della controparte, la mancanza degli elementi che caratterizzano l’efficacia costitutiva od estintiva di una data pretesa, attenendo ciò all’obbligo inerente all’esatta applicazione della legge. ( vedi da ultimo Cass. n. 11304 del 2018; ed ancora Cass. n. 22595 del 2009; Cass. n. 6945 del 2007; Cass. n. 12265 del 2003).
Nel caso di specie il giudice di appello ha individuato, quale ulteriore elemento costitutivo della pretesa alla tassazione agevolata posta a fondamento dell’istanza di rimborso, la necessità che l’immobile oggetto del trasferimento rientri in un piano particolareggiato diretto all’attuazione di un programma di edilizia residenziale, e quindi, senza incorrere in alcun vizio di ultrapetizione, ha semplicemente fornito un’ interpretazione del dato normativo applicabile diversa da quella pretesa dalla ricorrente ed adottata dal primo giudice.
Tale interpretazione risulta del resto corretta in quanto, come già statuito da questa Corte ” In materia d’imposta di registro, catastale e ipotecaria, l’art. 1, commi 25-28, della l. n. 244 del 2007, pur abrogando l’art. 36, comma 15, del d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., dalla l. n. 248 del 2006, che aveva, a sua volta, abrogato l’art. 33, comma 3, della l. n. 388 del 2000, non ha ripristinato la norma prevista da quest’ultima disposizione ma, al contrario, modificando le tariffe allegate al d.P.R. n. 131 del 1986 ed al d.lgs. n. 347 del 1990, ha dettato una nuova disciplina delle agevolazioni fiscali relative ai trasferimenti di immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati, limitandone l’applicazione a quelli diretti all’attuazione dei programmi di edilizia residenziale convenzionata pubblica” ( vedi Cass. n. 25100 del 2016)
3. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va rigettato.
4. Segue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.
4.1. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, in quanto notificato dopo tale data, sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi dell’arti, comma 17 della l. n. 228 del 2012 ( che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata .
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano nell’importo complessivo di € 2.300,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13.
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