CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 gennaio 2022, n. 94
Tributi – Accertamento societario – Presunzione di ristretta base societaria – Accertamento maggior reddito da partecipazione – Presunzione di distribuzione degli utili extracontabili – Onere di prova contraria a carico dei soci
Rilevato che
1. La società contribuente S.O.L.E. – SNC ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2004, sostanzialmente incentrato sul disconoscimento di costi, con il quale – a seguito di PVC, cui avevano fatto seguito osservazioni della società contribuente – veniva rettificato il reddito di impresa e irrogate sanzioni in campo IVA, nonché sanzioni per irregolare tenuta della contabilità. All’atto impositivo di accertamento dei maggiori redditi facevano seguito gli avvisi di accertamento nei confronti dei soci B.A., P.E., I.D.L. SNC, A. SRL per maggior reddito da partecipazione. Ulteriori avvisi venivano emessi a carico di P.S.M.R., D.P.A.M., quali soci della società I.L. SNC, nonché dei soci di A. SRL, presupponendo la ristretta base di quest’ultima società. I contribuenti sollevavano diverse questioni preliminari e contestavano l’accertamento nel merito.
2. La CTP di Bari ha accolto parzialmente il ricorso in relazione al disconoscimento di alcuni costi.
3. La CTR della Puglia, con sentenza in data 17 gennaio 2013, previa riunione, ha rigettato gli appelli dei contribuenti e ha accolto gli appelli incidentali dell’Ufficio. Ha ritenuto il giudice di appello, quanto all’avviso di accertamento elevato nei confronti della società contribuente – per quanto qui rileva – che l’atto impositivo fosse stato congruamente motivato e garantisse il rispetto del diritto di difesa, ritenendo corretta la motivazione per relationem con rinvio al PVC. Ha, poi, ritenuto fondato l’accertamento nel merito, nonché fondata la presunzione di distribuzione dei maggiori utili accertati, essendo onere dei soci assolvere l’onere della prova contraria di mancata distribuzione degli stessi, onere della prova nella specie non assolto.
4. Hanno proposto ricorso per cassazione i contribuenti affidato a cinque motivi, ulteriormente illustrato da memoria, cui ha resistito l’Ufficio con controricorso.
5. Con istanza in data 5 giugno 2019 il ricorrente P.L. ha presentato domanda di sospensione del giudizio per essersi avvalso della definizione agevolata di cui all’art. 6 d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, domanda in relazione alla quale l’Ufficio controricorrente ha depositato in data 30 novembre 2019 istanza di estinzione parziale del giudizio. Gli altri ricorrenti hanno, invece, dato atto di non aver più dato seguito alla definizione agevolata.
Considerato che
1.1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 14 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 2909 cod. civ. Osservano i ricorrenti che nel presente giudizio non sarebbe stato evocato in giudizio uno dei litisconsorti necessari e, in particolare, uno dei soci della società A. SRL, socia della società contribuente. Osserva parte ricorrente che l’atto impositivo è stato articolato su tre livelli, il primo relativo alla società contribuente S.O.L.E. SNC, il secondo relativo ai soci della stessa (P.S.M.R., B.A., A. SRL e I.L. SNC), il terzo relativo ai soci delle suddette società (D.P.A.M. e P.S.M.R., quali soci di Immobiliare del L. SNC, nonché i soci di A. SRL). Parte ricorrente incentra le sue doglianze sulla mancata integrazione della partecipazione dei soci di quest’ultima società, rientrando nel terzo livello anche i soci della società A. SRL, evocati a titolo di soci di società di capitali a ristretta base ai fini dell’applicazione della presunzione di distribuzione di utili «in nero». In particolare, i ricorrenti si dolgono della mancata integrazione del contraddittorio in relazione alla socia (della società A. SRL) I.L. SNC, nei cui confronti invocano la violazione del litisconsorzio necessario tra società e soci. Osservano i ricorrenti che, essendo state irrogate sanzioni IRAP, apparirebbe rilevante l’omessa partecipazione al giudizio del suddetto soggetto in tale veste. Osservano, inoltre, i ricorrenti che la società I.L. SNC avrebbe partecipato al giudizio quale socia di S.O.L.E. SNC ma non anche nella qualità di socia di A. SRL.
1.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 cod. proc. civ., per non essersi la CTR pronunciata sulla censura relativa alla violazione di cui all’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000, per avere l’Ufficio ignorato le osservazioni presentate in data 5 maggio 2006 all’esito della notificazione del PVC.
1.3. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000 e del principio eurounitario del contraddittorio, per non avere la CTR rilevato la nullità dell’atto impositivo nei confronti della società contribuente S.O.L.E., per non avere l’Ufficio assicurato un contraddittorio sostanziale. Evidenzia parte ricorrente come il contraddittorio endoprocedimentale induca un obbligo di motivazione rafforzata, che richiederebbe una esplicita risposta da parte dell’Amministrazione finanziaria alle osservazioni di parte contribuente, con particolare riferimento al rinvenimento di un D.D.T. in data 23 aprile 2004 e all’esigenza di uniformare i criteri di valutazione degli acquisti costituenti rateo passivo con quelli impiegati per le rimanenze finali.
1.4. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 cod. proc. civ., per non essersi la sentenza impugnata pronunciata sulla questione preliminare dell’omessa notificazione dell’avviso di accertamento alla I.L. SNC, nonché sulla questione secondo cui, ove fosse stato ritenuto tempestivo il ricorso proposto dalla socia della società I.L. SNC, in persona di D.P.A.M., si sarebbe verificata la decadenza dal potere impositivo nei confronti della suddetta società per essere la notificazione del ricorso avvenuta nel 2010, trattandosi di annualità di imposta 2004.
1.5. Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2729 cd. civ. e 39 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto sussistente la presunzione di distribuzione degli utili. Evidenziano i ricorrenti di avere censurato la presunzione di distribuzione degli utili in un caso, come quello in esame, in cui non sono stati accertati ricavi non dichiarati, bensì recuperati costi indebitamente dedotti, circostanza insuscettibile di comportare un maggior reddito da distribuire tra i soci.
2. Va preliminarmente dichiarata l’estinzione parziale del giudizio ex art. 6, d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, conv. in l. 17 dicembre 2018, n. 136, tra il ricorrente P.L. e l’Agenzia delle Entrate per intervenuta cessazione della materia del contendere. Il suddetto ricorrente ha, difatti, presentato istanza di definizione agevolata a termini dell’art. 6 d.l. n. 119/2018 in relazione alla quale parte controricorrente ha fatto pervenire istanza di estinzione parziale in data 30 novembre 2019, sul presupposto dell’esito regolare della stessa. Le spese tra il suddetto ricorrente e il controricorrente restano, pertanto, a carico delle parti che le hanno anticipate.
L’estinzione parziale del giudizio limitatamente al suddetto socio ricorrente consente, in ogni caso, la prosecuzione dell’esame del ricorso proposto dalla società ricorrente e dagli altri contribuenti, essendo ciascun contribuente titolare di una posizione fiscale distinta, in relazione alla quale non si estendono gli effetti relativi al condono presentato da uno dei soci (Cass., Sez. V, 24 dicembre 2020, n. 29503; Cass., Sez. VI, 15 luglio 2020, n. 15076).
3. Il primo motivo è infondato. Parte ricorrente, in memoria, invoca l’applicazione di un precedente inter partes (Cass., Sez. V, 23 luglio 2021, n. 21160), con il quale è stata accertata la violazione del litisconsorzio necessario tra società e soci ed è stata disposta la rimessione della causa al primo giudice. Detto precedente appare diverso dal caso di specie, in quanto in quel caso era mancata la partecipazione al giudizio di uno dei soci della società di persone accertata (S.O.L.E. SNC), in particolare la società (socia) A. SRL («non essendovi stata la partecipazione dell’A. s.r.l.», sent. ult. cit.). Affatto differente appare, invece, il caso di specie, in cui la pretesa omessa partecipazione riguarderebbe uno dei soci della società A. SRL, nella specie l’I.L. SNC, partecipazione invocata in forza della natura di società di capitali a ristretta base partecipativa. Il profilo della dedotta violazione del litisconsorzio va, pertanto, applicato alla posizione rivestita da A. SRL e dai suoi soci. Va ribadito, sotto questo profilo, che secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento emesso nei confronti di socio di società di capitali, avente ad oggetto il maggior reddito da partecipazione derivante dalla presunzione di distribuzione dei maggiori utili accertati a carico della società partecipata, non sussiste litisconsorzio necessario tra società e soci, sussistendo unicamente il nesso di pregiudizialità-dipendenza tra l’accertamento sociale e quello dei soci (Cass., Sez. VI, 8 ottobre 2020, n. 21649; Cass., Sez. VI, 28 agosto 2017, n. 20507; Cass., Sez. V, 10 gennaio 2013, n. 426; Cass., Sez. V, 31 gennaio 2011, n. 2214). Il mancato intervento (in astratto) di uno dei soci della società di cui è stata predicata la ristretta base non comporta violazione dell’art. 14 d.lgs. n. 546/1992.
4. Il secondo e il terzo motivo, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’Ufficio non ha l’obbligo di motivare espressamente l’atto impositivo in relazione alle osservazioni formulate dal contribuente in ordine ai rilievi contenuti nel processo verbale di contestazione, non essendovi alcun onere di motivare il dissenso rispetto alle osservazioni del contribuente, né da tale omesso motivato dissenso consegue la nullità dell’atto impositivo, secondo quanto previsto dall’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000 (Cass., Sez. V, 28 settembre 2021, n. 26299; Cass., Sez. V, 1° dicembre 2020, n. 27401; Cass., Sez. V, 23 gennaio 2019, n. 1778; Cass., Sez. VI, 31 marzo 2017, n. 8378; Cass., Sez. V, 20 aprile 2016, n. 7897; Cass., Sez. V, 24 febbraio 2016, n. 3583). L’assenza di specifica motivazione non è, difatti, indicativa di una mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, bensì mostra condivisione delle conclusioni degli agenti accertatori e un loro implicito recepimento (Cass., Sez. V. 3 agosto 2016 n. 16155), la cui assenza di specifica valutazione si giustifica con una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente (essendo stato accertato il rispetto del diritto di difesa), non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio, ove gli elementi di fatto siano già noti al contribuente (Cass., Sez. V, 20 dicembre 2018, n. 32957; Cass., Sez. V, 20 dicembre 2017, n. 30560; Cass., Sez. VI, 5 dicembre 2017, n. 29002; Cass., Sez. V, 24 novembre 2017, n. 28060; Cass., Sez. VI, 11 aprile 2017, n. 9323; Cass., Sez. VI, 15 aprile 2013, n. 9032). Il Collegio non rinviene ragioni per discostarsi dal suddetto orientamento.
5. Il quarto motivo è infondato. Si osserva come parte ricorrente denunci omessa pronuncia del giudice di appello sia sulla questione secondo cui l’avviso non sarebbe stato notificato «al soggetto cui era rivolto», ossia alla I.L. SNC, sia sulla questione secondo cui l’impugnazione di tale atto da parte della di lei socia, in quanto intervenuto dopo lo spirare del termine decadenziale concesso all’Ufficio, non avrebbe avuto efficacia sanante. In disparte dall’inammissibilità del motivo sotto quest’ultimo profilo – posto che le parti ricorrenti non riferiscono tale tardiva notificazione al momento di spedizione dell’atto impositivo, bensì alla data di ricezione dello stesso (8 gennaio 2010, pag. 5 ricorso), né censurano lo specifico accertamento compiuto dal giudice di appello («gli atti accertativi sono stati tempestivamente notificati entro il 31/2/2009») – deve osservarsi come nel caso di specie il giudice abbia proceduto a un rigetto di tutte le questioni preliminari, confermando la statuizione sul punto del giudice di primo grado («il giudice di primo grado, legittimamente ha ritenuto assorbite le ridondanti e manifestamente infondate eccezioni poste dagli appellanti (…) trattasi di evidenti eccezioni a carattere dilatorio»), così provvedendo implicitamente a rigettare anche tali eccezioni. Secondo, difatti, la giurisprudenza di questa Corte, il giudice non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito. Ne consegue che il vizio di omessa pronuncia – configurabile allorché risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto – non ricorre nel caso in cui, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto (Cass., Sez. II, 25 giugno 2020, n. 12652); sicché la valutazione nel merito dei motivi di gravame comporta il rigetto implicito delle eccezioni preliminari, senza che ricorra il vizio di omessa pronuncia, trattandosi di rigetto implicito (Cass., Sez. V, 30 novembre 2021, n. 37441; Cass., Sez. VI, 23 novembre 2021, n. 36080; Cass., 30 settembre 2020, n. 20849; Cass., Cass., Sez. V, 6 dicembre 2017, n. 29191).
6. Il quinto motivo è infondato. La sottrazione agli effetti della presunzione dell’operatività della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili, conseguiti e non dichiarati da una società a ristretta base partecipativa, richiede che il socio assolva all’onere della prova contraria del fatto che gli stessi siano stati accantonati o reinvestiti (Cass., Sez. V, 11 agosto 2020, n. 16913; Cass., Sez. VI, Sez. 6 – 5, 24 gennaio 2019, n. 1947; Cass., Sez. V, 22 novembre 2017, n. 27778; Cass., Sez. V, 2 marzo 2011, n. 5076). In caso contrario, la maggior redditività della società, che consegua a maggiori utili accertati (come, peraltro, avvenuto in parte nel presente giudizio, come parte ricorrente stessa osserva: pag. 7 ricorso), ovvero al disconoscimento di costi, si ripercuote sui soci in virtù dell’applicazione della suddetta presunzione di redistribuzione degli utili (Cass., Sez. V, 19 dicembre 2019, n. 33976). La sentenza impugnata ha fatto, pertanto, corretta applicazione dei suindicati principi.
7. Il ricorso proposto dalle parti processuali ulteriori rispetto a P.L. va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza, liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
Dichiara l’estinzione parziale del giudizio nei confronti di P.L., per cessazione della materia del contendere, dando atto che le spese restano a carico delle parti che le hanno anticipate;
rigetta gli ulteriori ricorsi; condanna gli ulteriori ricorrenti al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 12.000,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico delle ulteriori parti ricorrenti, ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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