CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 giugno 2018, n. 14158
Tributi – IVA – Plafond di non imponibilità – Metodo di determinazione indicato in dichiarazione difforme da quello utilizzato – Violazione formale – Esclusione – Pregiudizio per l’attività di controllo – Sanzione ex art. 8 del D.Lgs. n. 471 del 1997
Rilevato
– che in controversia relativa ad impugnazione di un avviso di irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie per avere la società contribuente redatto la dichiarazione IVA con dati inesatti, nonché erroneamente compilato sette elenchi riepilogativi delle operazioni intracomunitarie (modelli Intrastat), la predetta società ricorre per cassazione, sulla base di due motivi, avverso la sentenza in epigrafe indicata con cui la CTR veneta respingeva l’appello dalla medesima proposto avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, ritenendo nella specie inapplicabile l’art. 10 della legge n. 212 del 2000 in quanto le violazioni contestate non potevano considerarsi meramente formali e, come tali, inidonee a causare danno o pericolo all’erario, ed inoltre i documenti prodotti in copie fotostatiche scarsamente leggibili, prive di data certa e con sottoscrizioni «di difficile riconducibilità al soggetto opponente»;
– che avverso tale statuizione la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi cui replica l’intimata;
– che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;
– che il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata;
Considerato
– che con il primo motivo di ricorso la società ricorrente, deducendo la violazione e falsa degli artt. 2719 cod. civ. in relazione all’art. 214 cod. proc. civ., censura la sentenza impugnata là dove ha ritenuto non adempiuto l’onere probatorio gravante sulla predetta società ai fini dell’ottenimento del beneficio della non imponibilità delle operazioni intracomunitarie, mediante la produzione di copie fotostatiche dei documenti fiscali;
– che il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha escluso l’utilizzabilità ai predetti fini dei documenti prodotti dalla società contribuente non perché in fotocopia, ma perché «scarsamente leggibili, prive di data certa e riportanti firme di difficile riconducibilità al soggetto opponente;
– che con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 10 della legge n. 212 del 2000 sostenendo che con «l’indicazione dell’utilizzo del metodo mensile per la determinazione del Plafond IVA pur avendo adottato il metodo solare» (contestato a pag. 4 dell’atto impugnato, come trascritto nel ricorso) non era stato messo in pericolo alcun interesse del Fisco (così a pag. 7 del ricorso);
– che il motivo è manifestamente infondato;
– che alla società contribuente è stata contestata la violazione dell’art. 8 del d.lgs. n. 471 del 1997, che sanziona con pena amministrativa pecuniaria l’omissione o l’inesatta e incompleta indicazione nella dichiarazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto dei dati rilevanti per la determinazione del tributo o di ogni altro elemento prescritto «per il compimento dei controlli; orbene, perché quella contestata al contribuente costituisca violazione meramente formale, non punibile ex art. 10 dello Statuto del contribuente, occorre, secondo l’insegnamento di questa Corte dal quale non v’è ragione di discostarsi, la contemporanea sussistenza di un duplice presupposto, ovvero che la violazione accertata «non comporti un pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e, al contempo, non incida sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo (Cass. n. 27211 del 2014; v. anche Cass. n. 5897 del 2013 e n. 23352 del 2017); orbene, seppure l’indicazione nella dichiarazione dell’utilizzo del metodo mensile per la determinazione del plafond IVA, invece di quello concretamente adottato (ovvero il metodo solare), non abbia arrecato danno erariale – che non risulta essere stato contestato e neppure dedotto dall’amministrazione finanziaria -, tale errata indicazione era senz’altro idonea ad arrecare pregiudizio alle azioni di controllo, incidendo sulla verifica da parte dell’amministrazione finanziaria della sussistenza e dell’entità di quel plafond, che ovviamente dipende dal metodo (plafond fisso/annuale o mobile/mensile) utilizzato dalla società contribuente;
– che, in estrema sintesi, il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 510,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis, dello stesso articolo 13.
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