CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 maggio 2018, n. 10665
Tributi – Accertamento – PVC – Contenzioso tributario – Subappalto – Fatture inesistenti
Rilevato che
– l’Agenzia delle Entrate notificò alla società I.I. s.r.l. un avviso di accertamento, a titolo di IRES, IRAP e IVA, per l’anno di imposta 2004, con il quale contestò alla società, esercente attività di riparazione macchine e impianti a domicilio dei committenti, anche mediante contratti di subappalto, la contabilizzazione di fatture, relative ad operazioni soggettivamente inesistenti, emesse dalla ditta “N.G.S. di N.G.”;
– secondo l’Ufficio, come da processo verbale della G. di F. e da previo avviso di accertamento a carico della ditta N.G.S., quest’ultima, nella qualità di subappaltatrice, in quanto priva di una struttura organizzativa e gestionale (c.d. di comodo o “cartiera”), si era inserita in un meccanismo fraudolento finalizzato, attraverso l’emissione di fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti, a fare figurare maggiori costi nel bilancio della società ricorrente, quale appaltante dei servizi di riparazione e, ciò, per abbattere il materiale imponibile per le imposte dirette e IVA;
– conseguentemente, i costi portati dalle fatture erano stati parzialmente disconosciuti e la differenza recuperata a tassazione, a titolo di IRES, IRAP e IVA, con l’avviso di accertamento notificato alla società ricorrente;
– la società Impiantistica Industriale s.r.l. impugnò l’avviso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, ottenendone l’annullamento;
– la Commissione tributaria regionale, adita dall’Agenzia delle entrate, ha accolto l’appello;
– per quanto di interesse, il giudice di appello ha affermato che «le fatture emesse dalla prima (la ditta N.G.S.), poi utilizzate dalla seconda (la società Impiantistica Industriale) paiono concretamente carenti di una sostanziale loro realtà sottostante soprattutto a causa degli elementi addotti dall’Ufficio» e che «l’Agenzia motiva l’avviso che qui rileva con fatti e riscontri che portano questa Commissione a soppesare che il Fornitore N.G.S. abbia svolta una consapevole funzione di rifatturazione»;
– la società Impiantistica Industriale s.r.l. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui controresiste l’Ufficio.
Considerato che
– con il primo motivo, la società ricorrente deduce la contraddittorietà della motivazione, in relazione all’art. 360, n. 5 c.p.c., per avere la CTR, da un lato, affermato: «questa commissione fa rilevare come, a suo parere, l’Agenzia abbia compiutamente documentato e comprovato – basta esaminare la copiosa documentazione in atti, nonché gli specifici riferimenti in essa illustrati – che N.G.S. abbia svolto concretamente l’attività nei termini poi fatturati alla ricorrente» e, dall’altro, dato torto alla società contribuente;
– il motivo è infondato, in quanto «il vizio di contraddittorietà della motivazione ricorre solo in presenza di argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di comprendere la “ratio decidendi” che sorregge il “decisum” adottato, per cui non sussiste motivazione contraddittoria allorché, dalla lettura della sentenza, non sussistano incertezze di sorta su quella che è stata la volontà del giudice.» (Cass., sez. un., 22 dicembre 2010, n. 25984);
– nella specie, dalla lettura della motivazione, emerge, senza incertezze, la ratio decidendi sottesa al decisum, avendo la CTR precisato che «le fatture emesse dalla prima (la ditta N.G.S.), poi utilizzate dalla seconda (la società Impiantistica Industriale) paiono concretamente carenti di una sostanziale loro realtà sottostante soprattutto a causa degli elementi addotti dall’Ufficio» e, ancora, che «l’Agenzia motiva l’avviso che qui rileva con fatti e riscontri che portano questa Commissione a soppesare che il Fornitore N.G.S. abbia svolta una consapevole funzione di rifatturazione»;
– con il secondo motivo, la società ricorrente deduce la violazione dell’art. 7, comma 1, della legge n. 212 del 2000 e dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, per avere la CTR disatteso l’eccezione relativa alla omessa allegazione all’avviso di accertamento, oggetto di impugnazione, del processo verbale e dell’avviso emesso nei confronti della ditta N.G.S., ritenendo in merito che «parte ricorrente non abbia contestato i predetti fatti [sottesi], limitandosi a muovere eccezioni sulla mancata produzione dell’allegato»;
– il motivo è inammissibile, in quanto essendo stata espressamente disattesa dalla CTP la doglianza della società ricorrente in ordine alla mancata allegazione da parte dell’Ufficio dell’avviso della ditta N.G.S., per essere l’atto «in qualche modo riprodotto» da quello impugnato, va applicato il principio in forza del quale, nel processo tributario, la parte, totalmente vittoriosa nel merito, rimasta soccombente su una determinata questione (ad es. omessa notifica della cartella di pagamento), onde evitare la formazione del giudicato interno, deve necessariamente proporre impugnazione incidentale sul punto, non essendo sufficiente la mera riproposizione della questione in appello, ai sensi dell’art. 56 del d.lgs. n. 546 del 1992, poiché la dizione “non accolte” ivi utilizzata riguarda le sole domande ed eccezioni su cui il giudice non si sia espressamente pronunciato (Cass. 5 agosto 2016, n. 16477; 13 novembre 2015, n. 23228, v. anche Cass., sez. un, 12 settembre 2017, n. 21105; Cass. 20 marzo 2017, n. 7050);
– nella specie, essendosi la società I.I. s.r.l. limitata, nel giudizio di appello, a riproporre la questione nelle controdeduzioni (come si evince dalla sentenza impugnata), anziché proporre appello incidentale avverso l’espressa statuizione di rigetto del primo giudice, l’esame della stessa è rimasto precluso, già in appello, per essersi formato il giudicato interno;
– con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 39 del D.p.r. n. 600 del 1973 nonché degli artt. 2727 e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. per avere la CTR preso in considerazione solo le affermazioni dell’Agenzia delle entrate, senza dare alcun rilievo alle prove fornite dalla società in ordine all’effettività delle operazioni (come l’avvenuto pagamento a saldo delle fatture emesse dalla N.G.S., l’esistenza di un ufficio amministrativo della N.G.S. per la gestione degli operai, il libro matricola e i documenti identificativi degli operai), tanto più che, come affermato da questa Corte nella sentenza n. 19952 del 2005, l’efficacia probatoria dell’accertamento basato sul p.v.c. della G.di F. a carico della ditta N.G.S. era da limitare esclusivamente al soggetto sottoposto a verifica;
– oltre alla violazione del principio di autosufficienza, atteso che il ricorso non riporta il contenuto della motivazione dell’avviso di accertamento (Cass. 5 ottobre 2016, n. 19901; 13 febbraio 2015, n. 2928), il motivo è comunque inammissibile essendo l’apprezzamento del giudice del merito intorno all’esistenza degli elementi assunti a fonte di presunzione e alla rispondenza di quesiti ai requisiti di idoneità, gravità e concordanza richiesti dalla legge, sindacabile in sede di legittimità, esclusivamente sotto il profilo del vizio di motivazione della sentenza, allorquando siano stati illogicamente pretermessi, senza darne ragione, uno o più fattori aventi, per condivisibili massime di esperienza, un’oggettiva portata indiziante (Cass. 13 novembre 2015, n.23201);
– con il quarto motivo, la società ricorrente deduce la violazione dell’art. 109 del T.U.I.R., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. per non avere la CTR riconosciuto la deducibilità dei costi ai fini delle imposte dirette, pure a fronte della prova del pagamento delle fatture;
– il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza in quanto, in mancanza della trascrizione nel ricorso del contenuto dell’avviso di accertamento, non è dato a questa Corte verificare se i costi sostenuti siano stati – come eccepisce la Agenzia nel controricorso- riconosciuti previa riqualificazione degli stessi come «costi per prestazioni di lavoro dipendente»;
– alla luce delle argomentazioni di cui sopra, il ricorso va rigettato e la società ricorrente condannata al pagamento delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna I.I. s.r.I., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore p.t., delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
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