CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 maggio 2018, n. 10782
Tributi – Imposte di registro, ipotecaria e catastale – Agevolazioni fiscali – Compravendita terreno
Fatto e diritto
Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla 1. n. 197/2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata e che la controricorrente ha depositato memoria, osserva quanto segue:
Con sentenza n. 1158/1/2016, depositata il 28 aprile 2016, la CTR dell’Emilia — Romagna rigettò l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della società Sviluppo Territoriale della Provincia di Ravenna, S. Società cooperativa a r.l. (di seguito società), avverso la sentenza di primo grado della CTP di Ravenna, che aveva accolto il ricorso proposto dalla società avverso avviso di liquidazione, col quale l’Ufficio recuperava le imposte di registro, ipotecaria e catastale nei rispettivi importi dovuti, a seguito della revoca delle agevolazioni di cui all’art. 33, comma 3, della l. n. 388/2000 (imposta di registro nella misura dell’1% e le imposte ipotecaria e catastale in misura fissa).
Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, cui la società resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria critica alla proposta del relatore depositata in atti.
Con l’unico motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria denuncia violazione c/o falsa applicazione dell’art. 33 della legge n. 388/2000 e dell’art. 14 delle disposizioni preliminari al codice civile, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., censurando come erronea in diritto, alla stregua dei principi affermati in materia dalla giurisprudenza di questa Corte, la statuizione del giudice tributario d’appello nella parte in cui ha ritenuto che fosse sufficiente a determinare la trasformazione non solo urbanistica, ma anche edilizia dell’originaria identità del bene, la realizzazione infraquinquennale dall’atto d’acquisto da parte della società del terreno delle opere di urbanizzazione primaria (illuminazione pubblica, opere di connessione elettrica, frazionamenti, allacciamenti, cessione gratuita di parti di area al Comune).
Va opportunamente premesso in fatto che, riguardando l’atto da cui trae origine la controversia, registrato nel 2003, compravendita di terreno insistente in zona compresa in un piano urbanistico particolareggiato, la società ha usufruito dell’agevolazione, ex art. 33, comma 3, della 1. n 388/2000 nella sua formulazione applicabile ratione temporis, secondo cui «I trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati regolarmente approvati ai sensi della normativa statale o regionale, sono soggetti all’imposta di registro dell’1 per cento e alle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa, a condizione che l’utilizzazione edificatoria dell’area avvenga entro cinque anni dal trasferimento».
Ciò premesso, il motivo è manifestamente fondato.
Pur richiamando a sostegno del proprio assunto una pronuncia di questa Corte (Cass. sez. 5, 4 febbraio 2015, n. 1991), riguardante peraltro una situazione di fatto caratterizzata dalla preesistenza in loco di fabbricato oggetto di ristrutturazione, la sentenza impugnata non ne ha fatto corretta applicazione nel caso di specie, riguardante edificazione di area ricompresa in piano urbanistico ad iniziativa privata, approvato con delibera comunale, seguito da convenzione di lottizzazione, ignorando sostanzialmente l’orientamento largamente prevalente di questa Corte, laddove essa ha avuto modo di chiarire che la fruizione del beneficio previsto dalla citata norma postula «l’integrale realizzazione, entro il quinquennio dall’acquisto, delle potenzialità edificatorie dell’area» e, quindi, l’integrale realizzazione delle opere previste nel piano, secondo le prescrizioni dello strumento urbanistico, non essendo perciò applicabile, laddove l’acquirente abbia realizzato solo parzialmente l’intervento edificatorio previsto» (tra le molte, più di recente, Cass. sez. 6-5, ord. da 31212 a 31221 del 29 dicembre 2017; Cass. sez. 5, 29 luglio 2016, n. 15838; Cass. sez. 5, 20 luglio 2016, n. 14891, che ha chiarito che l’agevolazione è strettamente dipendente dalla ratio di favore d’incentivare l’attività edificatoria nell’ambito di uno sviluppo pianificato del territorio, donde la necessità di assolvimento, da parte del contribuente, di un lacere, l’edificazione, appunto, in assenza del quale lo scopo di favore non sussiste; Cass. sez. 5, 13 luglio 2016, n. 14277), non essendo quindi sufficiente ad integrare il requisito per il godimento del beneficio la mera esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 13 giugno 2016, n. 12047; Cass. sez. 6-5, ord. 18 luglio 2016, n. 14677), essendo rimasto isolato l’orientamento, espresso da due coeve pronunce (Cass. sez. 5, 17 gennaio 2013, n. 1096 e n. 1097), che reputava sufficiente per la fruizione dell’agevolazione il rilascio della concessione edilizia e l’inizio dei lavori.
La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia — Romagna in diversa composizione, che, uniformandosi al principio di diritto sopra trascritto – espressione dell’indirizzo assolutamente prevalente della Corte, cui va assicurata ulteriore continuità – provvederà anche in ordine al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia — Romagna in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
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