CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 maggio 2020, n. 8446
Diritto della società cooperativa a fruire del regime contributivo ex D.P.R. n. 602/1970 – Retribuzioni dei soci di cooperativa – Differenze contributive Inps – Mancata applicazione del minimale contributivo
Rilevato che
la Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 102 del 2014, riuniti gli appelli proposti avverso due sentenzi del Tribunale di Milano, ha accolto l’appello proposto da S.S. soc. coop. avverso la sentenza di primo grado n. 2691/2010, di rigetto delle opposizioni a tre cartelle esattoriali (relative a differenze contributive dovute all’INPS sulle retribuzioni di soci lavoratori per i periodi compresi tra novembre e dicembre 2006, gennaio e dicembre 2007 e gennaio ed agosto 2008), ed ha rigettato l’appello proposto dall’INPS avverso la sentenza di primo grado n. 5047/2010 che aveva accolto l’opposizione alla cartella relativa alla contribuzione richiesta per il periodo settembre – dicembre 2008;
la questione aveva preso avvio dalla contestazione da parte dell’INPS del diritto della società a fruire del regime contributivo previsto dal d.p.r. n.602 del 1970, in relazione alla mancanza di prova dell’iscrizione al libro matricola dei tre soci fondatori (C., C. e V.) ed anche dal fatto che risultava superato il numeri dei soci addetti ad attività amministrative, numero che non doveva superare il limite di uno per ogni dodici soci o frazione;
la Corte territoriale ha ritenuto che, con la introduzione dell’art. 1, terzo comma, l. n. 142 del 2001, la natura del rapporto di lavoro intercorrente tra socio e cooperativa non fosse rilevante ai fini di salvaguardare la genuinità dello scopo mutualistico, essendo sufficiente accertare che l’attività dei soci fosse effettivamente resa in favore della cooperativa; inoltre, era emerso che il numero dei soci ed operai ed impiegati tecnici era contenuto nel limite consentito, ai sensi dell’art. 23 d.lgs. c.p.s. n. 23 n. 1577 del 1947 come modificato dalla l. n. 59 del 1992, che richiedeva che il numero degli elementi tecnici ed amministrativi fosse quello strettamente necessario al buon funzionamento dell’ente;
avverso il capo di tale sentenza che lo vede soccombente, quanto alla contribuzione pretesa da gennaio 2007 al dicembre 2008, ricorre per cassazione l’Inps sulla base di un motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale, con riferimento agli artt. 2 e 4 d.p.r. n. 603 del 1970 ed agli artt. 1 e 44 d.lgv. n. 423 del 2001;
il ricorrente, in particolare, specificando che non intende modificare i dati di fatto acquisiti al processo, lamenta in sostanza la scorretta applicazione della normativa ratione temporis, posto che l’interpretazione adottata dalla sentenza impugnata avrebbe erroneamente applicato il regime più favorevole contenuto nel d.p.r. n. 602 del 1970 e non l’art. 2 punto 4, d.lgs. n. 423/2001, a mente del quale <A decorrere dal 1 gennaio 2007, per la determinazione della retribuzione imponibile, ai fini del versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, trova applicazione l’articolo 1, comma 1, del citato decreto-legge n. 338 del 1989>; resiste S.S. soc.coop. con controricorso;
Considerato che
l’INPS, nella sostanza, censura la mancata applicazione del minimale contributivo previsto dall’art. 2 n. 4 d.lgs. n. 423 del 2001; il motivo è fondato;
questa Corte di legittimità (Cass. n. 15172 del 2019) nel ricostruire, anche dal punto di vista del suo svolgimento storico, il sistema previdenziale relativo ai soci lavoratori delle cooperative, ha affermato che la disciplina previdenziale di riferimento del socio di cooperativa, a mente della L. 3 aprile 2001, n. 142, art. 4, comma 1, è quella prevista per le diverse tipologie di rapporti di lavoro adottabili dal regolamento delle società cooperative, nei limiti di quanto previsto dal successivo art. 6; la stessa legge, all’art. 4, comma 3 ha delegato il governo ad emanare uno o più decreti legislativi intesi a riformare la disciplina previdenziale dei lavoratori soci di società e di enti cooperativi, rispettando il principio direttivo della graduale equiparazione (in un periodo non superiore a cinque anni) della contribuzione previdenziale e assistenziale a quella dei lavoratori dipendenti da impresa;
è intervenuto quindi il D.Lgs. 6 novembre 2001, n. 423, che all’art. 3 ha previsto l’aumento graduale dell’imponibile contributivo per gli anni a decorrere dal 1 gennaio 2003, mediante l’applicazione di coefficienti progressivamente crescenti alla differenza tra la precedente parametrazione rapportata al c.d. minimo dei minimi (D.L. n. 463 del 1983, art. 7, comma 1, conv. in L. n. 638 del 1983 e succ. mod.) ed il minimo contrattuale previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro, e ciò sino al 1 gennaio 2007, data a decorrere dalla quale (art. 7, comma 1, del d.l. n. 463 del 1983, conv. in l. n. 638 del 1983 e succ. mod.) per la determinazione della retribuzione imponibile trova applicazione l’articolo 1, comma 1, del citato decreto-legge n. 338 del 1989 (art. 3 comma 4);
questa Corte ha dunque affermato che il principio del cd. minimo retributivo imponibile, secondo cui l’importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore all’importo di quella che ai lavoratori di un determinato settore sarebbe dovuta in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale (c.d. retribuzione virtuale di cui alla l. n. 389/89) è applicabile anche alle società cooperative, i cui soci sono equiparati ai lavoratori subordinati ai fini previdenziali, sia nel caso in cui il datore di lavoro paghi di meno la prestazione lavorativa a pieno orario, sia nel caso di prestazione a orario ridotto, rispondendo tale parificazione alla finalità costituzionale di assicurare comunque un minimo di contribuzione dei datori di lavoro al sistema della previdenza sociale (Cass. 02/09/2016, n. 17531);
la regola del minimale contributivo deriva dal principio di autonomia del rapporto contributivo rispetto alle vicende per la determinazione della previdenza sociale (Cass. 02/09/2016, n. 17531);
la soluzione è inoltre coerente con la delega conferita al Governo con la L. n. 142 del 2001, art. 4, comma 3 che, pur nella consapevolezza delle peculiarità del sistema cooperativo e delle sue caratteristiche di mutualità, ha dettato l’inequivocabile criterio direttivo dell’equiparazione della contribuzione previdenziale dei soci lavoratori dipendenti da cooperativa a quella dei lavoratori dipendenti da imprese;
la sentenza impugnata non si è attenuta a tale interpretazione della disciplina vigente ed ha ritenuto applicabile a contribuzione dovuta per periodi di tempo successivi al primo gennaio 2007 il disposto dell’art. 4 d.p.r. n. 602 del 1970, ormai sostanzialmente superato dalle previsioni del decreto legislativo n. 423 del 2001;
il ricorso deve quindi essere accolto e la sentenza, nella parte investita dal ricorso, va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che dovrà procedere a nuova valutazione della pretesa dell’Inps relativa alla contribuzione compresa tra il mese di gennaio 2007 ed il mese di dicembre 2008, attenendosi al principio sopra individuato; al giudice designato competerà anche la regolazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.