CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 marzo 2019, n. 6225
Licenziamento verbale – Sussistenza di un rapporto di un rapporto di lavoro subordinato – Socio – Accertamento
Rilevato
che con sentenza del 20- 28 febbraio 2017 numero 468 la Corte d’Appello di Bari confermava la sentenza del Tribunale di Foggia e, per l’effetto, respingeva la domanda proposta da M.D.T. nei confronti della società P.Z. DI G.L. & C. SnC (in prosieguo: la società) diretta all’accertamento della intercorrenza tra le parti rapporto di un rapporto di lavoro subordinato (sorto in data 2 gennaio 1991 con la ditta M.G., proseguito con la società), al pagamento delle differenze di retribuzione ed alla dichiarazione di illegittimità ed inefficacia del licenziamento verbale del 31 ottobre 2011;
che a fondamento della decisione la Corte territoriale escludeva che fosse incontestata la natura subordinata del rapporto di lavoro, in quanto la società aveva assunto lo svolgimento dell’attività lavorativa da parte del D.T. in qualità di socio, in assenza di subordinazione. Essendo incontestato che il ricorrente fosse socio della pescheria e poiché dal contratto sociale non emergeva che l’attività lavorativa fosse stata prevista come conferimento, occorreva verificare se il lavoro fosse stato svolto sotto il controllo gerarchico di un altro socio munito di poteri dì supremazia.
Tale fatto non era emerso dalla prova per testi; inoltre il D.T. aveva versato autonomamente i contributi quale titolare di impresa commerciale e nel Modello Unico della pescheria erano attestati i redditi di partecipazione di ogni socio in base alle rispettive quote.
Tali circostanze deponevano nel senso che tra le parti era intercorso un solo rapporto, di tipo societario e non anche un rapporto di lavoro subordinato, presupposto di fatto, quest’ultimo, su cui poggiava l’intera domanda;
che avverso la sentenza ha proposto ricorso M.D.T., articolato in quattro motivi, cui la società non ha opposto difese;
che la proposta del relatore è stata comunicata alla parte – unitamente al decreto di fissazione dell’udienza – ai sensi dell’articolo 380 bis cod.proc.civ.
Considerato
che la parte ricorrente ha dedotto:
– con il primo motivo – ai sensi dell’articolo 360 numero 3 e numero 5 codice di procedura civile – violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 codice civile ed omesso esame.
Ha assunto essere pacifica in causa la prestazione di lavoro con carattere di subordinazione mentre restava controverso se la prestazione subordinata fosse stata resa in forza di un rapporto di lavoro ovvero di un rapporto di società; si trattava di una eccezione introdotta dalla società, che aveva, pertanto, il relativo onere probatorio, che non era stato assolto poiché il conferimento dell’attività di lavoro non risultava dall’atto costitutivo ;
– con il secondo motivo – ai sensi dell’articolo 360 numero 3 codice di procedura civile – violazione e falsa applicazione degli articoli 2126 e 2295 codice civile. Con il motivo il ricorrente ha esposto che l’atto costitutivo della società non prevedeva il conferimento da parte dei soci di attività di lavoro sicché la prestazione lavorativa non poteva essere resa in esecuzione del contratto sociale;
– con il terzo motivo – ai sensi dell’articolo 360 numero 3 e numero 5 codice di procedura civile – violazione e falsa applicazione dell’articolo 2094 codice civile e dell’articolo 36 Costituzione nonché omesso esame, esponendo che il rapporto di lavoro subordinato si era comunque svolto – qualunque ne fosse il titolo – e che la prestazione non costituiva conferimento del socio, in quanto non risultava dallo statuto sociale. Il ricorrente ha comunque assunto che le somme richieste avrebbero dovuto essere riconosciute ai sensi dell’articolo 36 Costituzione, applicabile anche al socio d’opera;
– con il quarto motivo: violazione e falsa applicazione dell’articolo 2 Legge 604/1966, assumendo che il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato comportava la inefficacia del licenziamento verbale; che ritiene il Collegio si debba dichiarare inammissibile il ricorso; che invero i quattro motivi, che possono essere trattati congiuntamente per la stretta connessione, presuppongono essere accertato in punto di fatto che la prestazione lavorativa fosse stata resa dal D.T. con le caratteristiche della subordinazione. Tale presupposto di fatto, contrariamente a quanto assunto con il primo motivo di ricorso, non era affatto incontestato; sul punto la sentenza impugnata ha espressamente escluso (pagina 5, secondo capoverso) che fosse incontestata la natura subordinata del rapporto di lavoro, osservando che la difesa della società era stata, al contrario, incentrata sulla inesistenza del rapporto subordinato e sull’assunto che il D.T. esercitava i compiti di titolare della impresa quale socio. La Corte territoriale ha altresì ritenuto carente la prova, il cui onere cadeva a carico dell’attore, dello svolgimento della prestazione lavorativa in regime di subordinazione, dando conto degli esiti della prova per testi.
L’accertamento di fatto della assenza della subordinazione risulta incontestabile in questa sede, in quanto conformemente compiuto nei due gradi di merito e dunque incensurabile, per la preclusione alla deduzione del vizio di motivazione di cui all’articolo 348 ter, commi 4 e 5, cod.proc.civ.
Da tale rilievo discende la inammissibilità del terzo e del quarto motivo di ricorso, che danno per presupposto l’accertamento della subordinazione, in contrasto con i contenuti della sentenza impugnata.
Parimenti inammissibile è il secondo motivo di ricorso. Tale motivo non si confronta con i contenuti della sentenza, la quale ha dato atto che la prestazione lavorativa non costituiva conferimento del socio ma correttamente ha poi verificato che il rapporto di lavoro, pur se non reso in esecuzione del contratto di società, non era comunque di natura subordinata.
che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con ordinanza in camera di consiglio ex articolo 375 cod.proc.civ.
che non vi è luogo a provvedere sulle spese per la mancata costituzione della parte intimata;
che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1 co. 17 L. 228/2012 (che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 DPR 115/2002) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
Dichiara la inammissibilità del ricorso. Nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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