CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 marzo 2019, n. 6259
Lavoro – Braccianti agricoli – Reiscrizione negli elenchi anagrafici – Disconoscimento delle giornate agricole
Rilevato che
La Corte d’appello di Lecce (sentenza del 30.11.2012), pronunciando sull’impugnazione proposta da M.L. avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale della stessa sede che le aveva respinto la domanda volta alla reiscrizione negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli per gli anni compresi tra il 2003 ed il 2005, ha rigettato il gravame dopo aver confermato la decisione del giudice di primo grado in ordine alla rilevata decadenza in cui era incorsa la ricorrente, la quale non aveva rispettato l’osservanza del termine di 120 giorni per la proposizione dell’azione giudiziaria;
per la cassazione della sentenza propone ricorso M.L. con due motivi, cui resiste l’Inps con controricorso;
Considerato che
col primo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione dell’art. 22 del D.L. 3.2.1970 n. 7 (convertito con modificazioni dalla legge 11.3.1970 n. 83), degli artt. 8 e 9 del D.Lgs 11.8.1993 n. 375, dell’art. 9-quinquies del D.L. 1.10.1996 n. 510 e dell’art. 2697 cod. civ., nonché per vizio di omessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c. nn. 3, 4 e 5, la ricorrente assume che nei casi di braccianti agricoli già iscritti negli appositi elenchi in anni precedenti l’Inps ha l’obbligo di adottare e notificare, oltre al provvedimento di disconoscimento delle giornate agricole, anche il conseguente provvedimento di cancellazione e fino a quando il relativo procedimento amministrativo non viene completato con la notifica del provvedimento di cancellazione il termine di decadenza resta sospeso; in pratica, secondo la ricorrente, nella fattispecie il provvedimento di disconoscimento delle prestazioni di lavoro in agricoltura, comunicatole in data 9.5.2007, non era un provvedimento definitivo conclusivo della procedura amministrativa di cancellazione dagli elenchi dei lavoratori agricoli degli anni 2003, 2004 e 2005, ma solo un provvedimento interlocutorio rispetto al quale non avrebbe potuto operare il calcolo del decorso del termine di decadenza di cui trattasi; di conseguenza non avrebbe potuto essere dichiarata decaduta dalla domanda giudiziale proposta col ricorso depositato l’8.5.2008, non essendo stato emesso il provvedimento definitivo della sua cancellazione dai predetti elenchi e non essendole stato mai notificato un tale provvedimento;
col secondo motivo, formulato per violazione e falsa applicazione dell’art. 22 del D.L. 3.2.1970 n. 7 (convertito con modificazioni dalla legge 11.3.1970 n. 83) e dell’art. 11 del D.Lgs. 11.8.1993 n. 375, la ricorrente sostiene, con riguardo alla individuazione del dies a quo di decorrenza del termine di decadenza di cui trattasi, che la norma di cui al citato art. 22, fissando per la proposizione dell’azione giudiziaria il termine di 120 giorni dalla notifica del provvedimento definitivo o dal momento in cui l’interessato ne abbia avuto comunque conoscenza, fa riferimento solo ad un provvedimento di rigetto; invero, aggiunge la ricorrente, l’art. 17 della legge n. 83/1970, nel disciplinare l’iter amministrativo di impugnazione dei provvedimenti di iscrizione o di cancellazione dagli elenchi anagrafici, prevedeva un’ipotesi di silenzio-assenso nel caso in cui la Commissione Provinciale, in prima istanza, o l’Ufficio Regionale del Lavoro, in seconda istanza, non si fossero pronunciati nei termini stabiliti, con la conseguenza che il provvedimento amministrativo di rigetto doveva necessariamente essere adottato in forma esplicita e, pertanto, solo dalla notifica di quest’ultimo alla parte interessata poteva decorrere il termine per la proposizione dell’azione giudiziaria; a seguito dell’abrogazione del citato art. 17, da parte dell’art. 11 del D.L. n. 375/93, contro i provvedimenti adottati in materia di accertamento dei suddetti rapporti e di mancata iscrizione è data facoltà agli interessati di proporre, entro il termine di 30 giorni, il ricorso alla Commissione provinciale per la manodopera agricola che decide entro i 90 giorni e decorso inutilmente tale termine il ricorso si intende respinto; contro le decisioni di tale Commissione l’interessato può proporre ricorso entro 30 giorni alla Commissione centrale che decide entro 90 giorni; una volta decorso inutilmente tale termine il ricorso si intende respinto; la ricorrente conclude affermando che se contro i provvedimenti adottati in materia di accertamento dei rapporti di lavoro degli operai agricoli a tempo determinato ed indeterminato, dei compartecipanti familiari e dei piccoli coloni, e se contro la cancellazione o mancata iscrizione il termine per l’esperimento dell’iter amministrativo è di 240 giorni dalla comunicazione del provvedimento impugnato, solo dopo l’esaurimento dell’intero procedimento amministrativo il provvedimento di cancellazione può ritenersi definitivo ai sensi di quanto previsto in materia di decadenza dall’art. 22 della legge n. 83/1970; pertanto, considerato che nella fattispecie il provvedimento amministrativo le era stato comunicato il 9.5.2007 e che lo stesso era stato impugnato tempestivamente col ricorso amministrativo inviato il 31.5.2007 alla Commissione provinciale di Lecce ed il 19.10.2007 a quella centrale di Roma, ne conseguiva che, una volta divenuto definitivo il provvedimento in data 10.1.2008, l’azione giudiziaria promossa l’8.5.2008 era da considerare tempestivamente proposta nel termine prescritto di 120 giorni; i due motivi, che per ragioni di connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati;
invero, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il termine di decadenza di cui trattasi è stato individuato correttamente dalla Corte d’appello, posto che quest’ultima ha tenuto conto della data del 5.6.2007 di impugnazione del provvedimento di cancellazione e del formarsi, allo scadere del 90° giorno, del silenzio-rigetto non impugnato dalla ricorrente entro i successivi trenta giorni, cioè entro il 3.10.2007, bensì tardivamente il 13.10.2007, per cui, una volta divenuto definitivo il provvedimento di rigetto alla data del 3.10.2007, l’azione giudiziaria avrebbe dovuto essere promossa entro i successivi 120 giorni, vale a dire entro il 31.1.2008, mentre il ricorso giudiziario era stato depositato solo in data 8.5.2008, allorquando si era già verificata la decadenza di cui all’art. 22 del d.l. n. 7/1970; infatti, è bene ricordare che una volta scaduto il termine di 120 giorni per l’espletamento del procedimento amministrativo innanzi alla Commissione provinciale (30 gg. per ricorrere e 90 gg. per il formarsi del silenzio-rigetto), occorre tener conto degli ulteriori 120 giorni per l’esaurimento del procedimento amministrativo innanzi alla Commissione Centrale (30 + 90 gg. come sopra) e solo dopo l’accertamento del loro inutile decorso vanno computati gli ultimi 120 giorni per l’esperimento dell’azione giudiziaria di cui al citato art. 22 del d.l. n. 7/70;
tra l’altro, questa Corte ha già avuto occasione di affermare (Cass. sez. lav. n. 813 del 16.1.2007) che “in caso di avvenuta presentazione dei ricorsi amministrativi previsti dall’art. 11 del d.lgs. n. 375 del 1993 contro i provvedimenti di mancata iscrizione (totale o parziale) negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli, ovvero di cancellazione dagli elenchi medesimi, il termine di centoventi giorni per l’esercizio dell’azione giudiziaria, stabilito dall’art. 22 del d.l. n. 7 del 1970, decorre dalla definizione del procedimento amministrativo contenzioso, definizione che coincide con la data di notifica all’interessato del provvedimento conclusivo espresso, se adottato nei termini previsti dall’art. 11 citato, ovvero con la scadenza di questi stessi termini nel caso del loro inutile decorso, dovendosi equiparare l’inerzia della competente autorità a un provvedimento tacito di rigetto, conosciuto “ex lege” dall’interessato, al verificarsi della descritta evenienza.” (in senso conforme v. pure Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 29070 del 27/12/2011 e Sez. lav., sentenza, n. 20086 del 2.9.2013);
né va trascurata la natura sostanziale della decadenza di cui all’art. 22 della legge n. 83/1970 che, riguardando una materia sottratta alla disponibilità delle parti, è anche rilevabile di ufficio dal giudice in ogni stato e grado del giudizio (v. in tal senso Cass. sez. lav. n. 9622 dl 12.5.2015, nonché Cass. sez. lav. n. 15813 del 6.7.2009 e n. 18528 del 9.9.2011);
pertanto, il ricorso va rigettato e le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza della ricorrente la quale è condannata, altresì, al pagamento del contributo unificato di cui al d.p.r. n. 115/2002, ricorrendone i presupposti di legge;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese nella misura di € 2200,00, di cui € 2000,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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